Omelia (22-11-2006) |
Monaci Benedettini Silvestrini |
Perché non hai consegnato il mio denaro alla banca? Il viaggio verso Gerusalemme volgeva ormai alla conclusione. I discepoli covavano aspirazioni e sogni per una prossima manifestazione gloriosa del regno di Dio. Mentre tutti attendevano una sua rivelazione spettacolare, il problema era invece come riconoscerlo e accettarlo nella piccolezza e nel nascondimento? La parabola che segue spiega e aggiunge anche un altro elemento: il regno di Dio non è un evento sensazionale da attendere per il futuro, è invece la chiamata ad agire qui e ora come Zaccheo. Un uomo di nobile casato partì per un paese lontano e, chiamati dieci servi consegnò loro dieci mine, dicendo: "Impiegatele fino al mio ritorno". Il titolo regale che riceverà è inizialmente adombrato nella modesta manifestazione popolare di trionfo, compiuta dai discepoli e dal popolo. Lo riconoscono come re messianico, e lodano Dio a gran voce, dicendo: "Benedetto colui che viene, il re, nel nome del Signore". Ma questa scena di trionfo in Gerusalemme, immediatamente prima della sua passione, si comprenderà solamente nella sua pienezza, quando Gesù in un paese lontano, nell'alto dei cieli, diventerà al cospetto del Padre effettivamente Cristo Signore. I concittadini che lo odiano e non ne vogliono la regalità, addirittura: "Gli inviano dietro una delegazione a dire: Non vogliamo che costui venga a regnare su di noi". Sono coloro che non hanno e non vogliono riconoscerlo come Messia. Ma c'è anche un giudizio emesso dal re sul servo che, "per paura ha nascosto la mina senza neppure farla fruttificare in una banca". La parabola è un'allegoria della partenza e del ritorno del Signore. Partito con la sua morte e la sua ascensione, tornerà definitivamente a salvarci nel giorno del giudizio. Questi sono i due confini che racchiudono la storia umana. Nel mezzo c'è il tempo del suo e nostro viaggio, in cui siamo mandati ad operare per il bene nel suo Spirito. |