Omelia (26-11-2006)
don Roberto Rossi


Qual'è l'intenzione della Chiesa nel proporre e nel celebrare questa festa?
Quale fatto o elemento di fede proclama? Come ci coinvolge la regalità di Cristo e questa celebrazione?
Questa festa è stata istituita dal papa Pio XI nel 1925, con l'intento di proclamare la fede, la presenza, l'adesione e la testimonianza a Cristo in una società pervasa dal laicismo, dai suoi errori e incentivi. Questa festa coincide con l'ultima domenica dell'anno liturgico, per indicare che Cristo
Redentore è Signore della storia e del tempo, a cui tutti gli uomini e le altre creature sono soggetti. Egli è l'Alfa e l'Omega, il principio e la fine, come dice l'Apocalisse. Gesù stesso davanti a Pilato ha affermato con chiarezza la sua regalità. Alla domanda di Pilato: Allora tu sei re? Gesù rispose: Tu lo dici, io sono re (Gv.18,37) .
Il Regno di cui parla Gesù nel Vangelo non è di questo mondo; non ha la sua provenienza nel mondo degli uomini, ma in Dio solo; Cristo ha in mente un regno costruito, non con la forza ma nella Verità e dell'Amore. Gli uomini vi entrano, preparandosi con la penitenza, per la fede e per il battesimo, il quale produce un'autentica rigenerazione interiore. Questo Re richiede "non solo l'animo distaccato dalle ricchezze e dalle cose terrene, la mitezza dei costumi, la fame e sete di giustizia, ma anche che essi rinneghino se stessi e prendano la loro croce" (Pio XI). Tale Regno, peraltro, già mistericamente presente, troverà pieno compimento alla fine dei tempi, alla seconda venuta di Cristo, quando, quale Sommo Giudice e Re, verrà a giudicare i vivi ed i morti, separando, come il pastore, "le pecore dai capri". Si tratta di una realtà rivelata da Dio e da sempre professata dalla Chiesa e, da ultimo, dal Concilio Vaticano II, il quale insegna a tal riguardo che "qui sulla terra il Regno è già presente, in mistero; ma con la venuta del Signore, giungerà a perfezione" (costituzione "Gaudium et spes").
Con la sua seconda venuta, Cristo ricapitolerà tutte le cose, facendo "cieli nuovi e terra nuova" (Ap 21, 1), tergendo e consolando ogni lacrima di dolore e bandendo per sempre il peccato, la morte ed ogni ingiustizia dalla faccia della terra. Il Concilio scrive che "in questo regno anche la stessa creazione sarà liberata dalla schiavitù della corruzione per partecipare alla gloriosa libertà dei figli di Dio" (costituzione dogmatica "Lumen Gentium").
Per questo i cristiani di ogni tempo invocano, con la preghiera del Padre nostro, la venuta del Suo Regno: "Venga il tuo Regno".
La regalità di Cristo è una regalità di amore, non di potere, di dono, non di possesso. "Io, maestro e signore, ho lavato i piedi a voi. Anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri". "Io sono venuto non per essere servito, ma per servire e dare la vita per tutti". "Non c'è amore più grande di chi dà la vita per la persona amata". Gesù è dono totale. Attraverso la croce Dio ha mostrato il suo amore. Il Regno di Cristo è un regno di verità, di giustizia e di pace.
Noi siamo chiamati a sviluppare questo regno, che è amore, dono, servizio.
Regnare è servire. Regnare insieme a Gesù significa servire e dare la vita.
Io cerco di amare, di donarmi, di servire? Dove servo, dove mi metto a servire? E dove invece mi faccio servire? Proviamo a porci queste domande, nella vita di famiglia, nella vita sociale, nella Chiesa, nella parrocchia? Non è un discorso di strumentalizzazione o un discorso moralistico, ma un dimensione di fede. Se ho compreso anche solo un po' tutto ciò che ha fatto il Signore Gesù per me; se penso a tutto quello che continuamente gli altri fanno per me, come dipendo in mille cose dagli altri, devo sentire quasi il disagio, l'imbarazzo, la vergogna di farmi servire. Servire è amare, servire dà gioia. "C'è più gioia nel dare che nel ricevere".
La parrocchia è la comunità dei servi di Dio e dei servi "gli uni degli altri". Amare, servire, offrirsi, rendersi disponibili, accorgersi dove c'è bisogno, accogliere gli inviti alla collaborazione: questa è la vita della comunità cristiana. Con umiltà, senza imporsi, con amore, sapendo anche scomparire, perché la Chiesa viva e cresca.