Omelia (29-03-2002)
don Fulvio Bertellini
Venerdì Santo: il silenzio di Dio

"Maltrattato, si lasciò umiliare e non aprì la sua bocca" (I lettura).
Il silenzio di Gesù è uno degli aspetti più caratteristici della Passione. A partire dall'arresto, Gesù resta quasi prevalentemente passivo, con pochissime risposte, spesso quasi più enigmatiche del silenzio. Il tacere di Gesù sembra essere innanzitutto protesta: protesta contro una accusa, un arresto assolutamente ingiusto; e quindi diventa anche denuncia, mette in evidenza la malafede di chi lo arresta, lo accusa, lo tortura, lo uccide. Ma soprattutto il silenzio di Gesù è un paradossale gesto di amore. Di fronte alla crudeltà efferata e convinta, l'unica reazione possibile sembrerebbe la ritorsione violenta. Gesù la rifiuta, e rimprovera il discepolo che sfodera la spada e colpisce: "Non devo forse bere il calice che il Padre mi ha dato?". Il silenzio è quindi farsi carico del peccato altrui, ed è offerta incondizionata di perdono. Entriamo così nell'aspetto più misterioso del silenzio di Gesù: egli tace, perché parlano i gesti. Ciò che Gesù fa nella Passione rivela il volto del Padre, un volto che è amore, generosità, mettersi a disposizione. Qui ci accorgiamo quanto siano povere le nostre parole se tentano di tradurre ciò che Gesù ha fatto; l'autore della lettera agli Ebrei (II lettura) parla di Gesù che "sa com-patire le nostre infermità, essendo stato egli stesso provato in ogni cosa, a somiglianza di noi, escluso il peccato".
La manifestazione massima dell'amore di Dio è quindi la sua disponibilità a condividere, nel Figlio, la sofferenza dell'uomo. Ma perché condividerla, e non semplicemente toglierla? E' la domanda che ci poniamo di fronte ad ogni persona che soffre. Nei Vangeli, vediamo Gesù che spesso interviene per togliere la sofferenza, guarendo i malati, addirittura risuscitando i morti; ma al momento decisivo la prende su di sé, e non si vede un miracolo immediato ed eclatante. E anche dopo la sua risurrezione, i suoi discepoli e la sua comunità si devono scontrare con il problema della sofferenza, della malattia intollerabile, oltre che con la ferocia degli uomini. La contemplazione del crocifisso nel Venerdì Santo dovrebbe suscitare questa domanda, senza necessariamente darle subito una risposta. La liturgia ci accompagna, sollecitando la nostra partecipazione al gesto di Gesù, non spiegandocelo fino in fondo. La spiegazione, se di spiegazione si può parlare, avviene solo il Sabato Santo.