Omelia (31-12-2006)
don Romeo Maggioni
La fuga in Egitto - rito ambrosiamo ~ Ottava di Natale

Is 12,1-6 - 1Gv 1,5-2,2 - Mt 2,13,15.19-23


"Dolce Natale" è quello che abbiamo fatto, di luci, di canti, di intimità familiare. É facile così far scivolare quel fatto di Betlemme nell'alone d'una favola infantile, in una parentesi sentimentale e nostalgica che 'fa bene' nella corsa dura della vita.
Il vangelo di oggi ci riporta con sorpresa alla realtà storica difficile e drammatica di quella famigliola che già subito deve affrontare una fuga in paese straniero e subire la prepotenza del tiranno Erode. Dice molto della concreta incarnazione di Dio nella condizione di uomo e ci trasmette un grande insegnamento per la vita.

1) FUGGI' IN EGITTO

"Un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e fuggi in Egitto, e resta là finché non ti avvertirò, perché Erode sta cercando il bambino per ucciderlo". Lungo la salita al Sacro Monte di Varese è collocato alla terza cappella uno stupendo affresco di Guttuso: rappresenta la fuga in Egitto, dove Giuseppe è raffigurato nelle vesti di un Palestinese profugo dal suo paese occupato. Dio incarnandosi, ha assunto tutta la nostra vicenda e ha voluto condividere e provare l'esperienza tragica della violenza, del dispotismo, dell'emarginazione, della persecuzione e dell'assassinio politico. Dio s'è messo in compagnia dei profughi d'ogni epoca e conosce, perché le ha provate su di sé, tutte le umiliazioni dell'ingiustizia e dell'oppressione: cronaca quotidiana dei nostri telegiornali.

Viene così sottolineata la vera, concreta umanità assunta da Dio in Cristo. Non è per finta che Dio s'è fatto uomo! Una professione di fede della Chiesa primitiva dichiara: "Gesù Cristo, figlio di Maria, realmente nacque, mangiò e bevve. Fu realmente perseguitato sotto Ponzio Pilato, realmente fu crocifisso e morì, realmente risuscitò dai morti" (sant'Ignazio di Antiochia, Trall. 9). Ha vissuto una vicenda umana ben circostanziata di tempo e spazio, di cui abbiamo buona documentazione storica. Ha compiuto l'itinerario graduale di scoperta e libertà proprio di ogni uomo, con la fatica delle scelte difficili, col dover affrontare la sua missione in un ambiente socio-culturale sempre più ostile fino a schiacciarlo con una morte infame. Dice un inno della Chiesa apostolica: "Egli, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce" (Fil 2,6-8).

Sottolinea inoltre come la nostra fragile umanità ad un certo punto si sia trovata sorprendentemente in casa un parente ricco, - un go'el, dice il testo ebraico - uno che riscatta e che redime, un alleato che è nientemeno che Dio stesso. Dio s'è fatto uomo e ha condiviso la nostra avventura non per lasciarci soli, non per aggiungere un altro uomo in più alla serie di poveri cristi che siamo noi, ma per immettere nella nostra umanità una energia di vita nuova, una forza e una speranza per un destino superiore e atteso, per una pienezza d'esistenza oltre la morte. Con la venuta di Cristo nella nostra storia è stata gettata una risorsa divina capace di coagulare e scatenare le energie umane più belle, di valorizzare le risorse più nascoste per lanciarle in solidarietà con tutti verso gli orizzonti del regno di Dio.

2) DALL' EGITTO HO CHIAMATO MIO FIGLIO

"Morto Erode, un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe in Egitto e gli disse: Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e va' nella terra d'Israele, perché sono morti coloro che insidiavano la vita del bambino". Commenta Matteo: "perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: Dall'Egitto ho chiamato il mio figlio".

L'evangelista mentre racconta il fatto pensa al suo significato. Nella storia d'Israele era già capitato, a Mosè per esempio, che un bambino fosse sfuggito ad una strage di innocenti e fosse stato salvato da Dio. Più volte era capitato ad Israele stesso: schiavo in Egitto e riportato a casa da Dio come un figlio caro (cfr. Osea). Schiavo in Babilonia e ricondotto "alla terra d'Israele". Nella riflessione di Matteo i guai di Gesù e la sua liberazione sono evidentemente - emblematicamente - l'immagine di tutti i guai d'Israele e degli interventi salvifici di Dio in suo favore. Ci presenta così un Gesù, perseguitato dagli uomini ma liberato da Dio, come il nuovo Israele, speranza e risposta ad ogni situazione di male.

Dio è fedele alle promesse e libera: lo ha fatto con Israele, lo ha fatto con Gesù, lo farà anche con noi. Il 'Magnificat' della Madonna sembra riassumere con forza questa convinzione: "Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i potenti dai troni..., ha soccorso Israele suo servo" (Lc 1,46-55). Ha rovesciato il Faraone, ha rovesciato Erode, rovescia i tiranni che ogni anno fanno cronaca nel nostro mondo violento.., e rovescerà chiunque fa prepotenza contro gli uomini suoi figli. Ricolma di beni gli affamati, innalza gli umili. Con tale fiducia ci fa pregare la prima lettura: "Ecco, Dio è la mia salvezza; io confiderò, non temerò mai, perché mia forza e mio canto è il Signore; egli è stato la mia salvezza. Attingerete con gioia alle sorgenti della salvezza".
Figura tipica - quasi riassuntiva del messaggio odierno - di chi confida unicamente nel Signore è questo Giuseppe, taciturno, ma obbediente ad ogni indicazione di Dio che guida la sua famigliola in mezzo alle avversità della vita. La Bibbia lo chiama "il giusto" perché senza troppo esitare né discutere si abbandona fiducioso ai progetti di Dio sulla sua vita, sempre pronto - non senza un giusto calcolo umano - a seguire le svolte anche impreviste della vicenda che Dio stesso gli traccia.


Quanta attualità reca in sé questo messaggio di vittoria! Siamo alla fine di un anno: i fatti internazionali cui assistiamo ogni giorno segnano il lento e faticoso liberarsi dei popoli da schiavitù e tirannie che sembravano intoccabili, da ideologie e sistemi politici che hanno illuso per tanto tempo popoli e nazioni, e che ora crollano mostrando miserie e disumanità.
Veramente il Signore "di generazione in generazione estende la sua misericordia su coloro che lo temono".
Durante il vespero ci raccoglieremo a cantare il nostro TE DEUM di fine anno, per ripetere al Signore:
Abbiamo imparato la lezione, confidiamo in te; quando ci allontaniamo da te e vogliamo gestire la storia contro il tuo progetto, sono stragi e barbarie.
Grazie che stai suscitando nel cuore degli uomini il rifiuto di ogni ateismo e il coraggio di essere più uomini, amando libertà e giustizia, usando rispetto e solidarietà verso ogni fratello!
Grazie, Signore, perché anche oggi chiami dall'Egitto di questo nostro mondo i tuoi figli alla libertà propria dei figli di Dio!

Amen.