Omelia (19-11-2006)
don Maurizio Prandi
Commento Marco 13,24-32

Dopo la povertà delle persone, (Bartimeo, lo scriba che ancora non aveva aderito a Gesù, la povera vedova che ha gettato nel tesoro del tempio tutto quello che aveva), le letture e il vangelo di questa domenica ci parlano della povertà del creato e ci rimandano fortemente anche alla nostra povertà.

Certo, la prima emozione di fronte alle righe iniziali del vangelo di oggi può essere la paura ==> il sole si oscurerà, la luna non darà più il suo splendore, gli astri si metteranno a cadere dal cielo... e forse qualcuno ha usato e continua ad usare questa pagina per incutere timore e paura. Ma Dio non incute paura... quello del Dio che incute paura non il volto di Dio del vangelo perché Gesù queste parole, le ha dette ai discepoli non per incutere paura, ma per sostenere la speranza.

C'è una certa fragilità nel creato che io sento può richiamare un po' anche la nostra fragilità; ci sono dei punti fermi nel creato che noi consideriamo immutabili, eterni, (il sole appunto, la luna, le stelle), così come ci sono dei punti fermi nella nostra vita, che a volte pensiamo incrollabili ==> penso a certe fiducie in noi stessi ad esempio, o ad una considerazione troppo ampia di quelle che sono le nostre doti o le nostre capacità, penso a certe fatiche che facciamo perché i segni del tempo sul nostro corpo si cancellino o siano il meno visibili possibile. Arriva il momento, dice il vangelo in cui tutto questo crolla, in cui tutto questo finisce e se il cristiano non si attrezza con uno sguardo di speranza rischia di rimanere schiacciato dal non senso di certe situazioni.
Gesù ci chiede allora, ancora una volta di guardare al quotidiano, al feriale, al nostro presente, portatore di speranza e di novità. La piccola parabola del fico mi pare abbia proprio questa duplice valenza: da una parte ci fa capire che il quotidiano è fatto di morte ed è fatto di nascita... è come se ogni giorno fosse la fine del mondo perché ogni giorno c'è un mondo che muore ed un mondo che nasce. C'è un mondo che sta per essere inghiottito dalla notte ma c'è un altro mondo che sta per venire alla luce, portatore, ripeto, di novità e di speranza. Ci sono pezzi della vita che vanno in frantumi ma ci sono anche nuove primavere che si affacciano nella nostra vita. (L. Pozzoli)
Dall'altra parte la parabola del fico ci dice che questi segni di speranza nel quotidiano sono segni certamente piccoli, poveri come i germogli di cui parla Gesù. Un segno di speranza, nemmeno troppo piccolo è la promessa che fa Gesù, la promessa della sua presenza, la promessa della sua vicinanza ==> sappiate che egli è vicino, è alle porte. Di fronte alle fragilità del creato e alle nostre fragilità Gesù ci dice anche che c'è qualcosa che resta per sempre, che non passa e questo qualcosa sono le sue parole. Riguardo a questo mi ha colpito molto, l'altro giorno, un colloquio che ho avuto con don Linguadoro, all'ospedale di Lavagna dove è ricoverato... gli ho chiesto se aveva bisogno di qualcosa, visto e considerato che davvero non aveva niente sul comodino, né un po' d'acqua, né biscotti, niente! Mi ha risposto che l'unica cosa che gli mancava, perché non aveva fatto in tempo a prenderlo, tanto veloce è stato il ricovero, era il vangelo, la Parola di Dio da leggere e meditare... Quelle sono parole che restano! mi veniva in mente...

C'è un'altra piccola considerazione che mi piace fare, legata sempre al quotidiano. Parte dalla frase del salmo di questa domenica che ho riportato anche sul foglietto delle letture: Il sentiero della vita. E' una riflessione che facevo in questi ultimi tempi e che mi piace condividere con voi ==> il sentiero della nostra vita è la storia quotidiana di ognuno di noi; storia con la quale siamo chiamati a riconciliarci... bella, meno bella, profetica o insignificante, questa è la nostra storia. Dobbiamo aiutarci ad essere persone più riconciliate, riconciliate prima di tutto con la nostra vita. Possiamo farlo nella misura in cui siamo rispettosi gli uni nei confronti delle storie degli altri, storie che per quanto magari sbagliate, magari piene di errori, magari frantumate sono comunque storie sacre... mi pare che questo sia stato l'atteggiamento di Gesù nell'incontrare le vite più diverse, da quella di Marta e Maria a quella della peccatrice che in casa di Simone gli aveva lavato i piedi con le sue lacrime. Se la speranza cristiana è legata alla Risurrezione, Gesù questa l'ha anticipata risollevando vite spezzate e frantumate... la liturgia di oggi tutto questo ce lo lascia come compito e responsabilità.