Omelia (10-12-2006) |
don Marco Pratesi |
Rivestìti di splendore La prima lettura è la conclusione del libro di Baruc, nel quale un anonimo autore, qualche secolo dopo il ritorno di Israele dall'esilio babilonese, richiamandosi al segretario del profeta Geremia, rilegge quel lieto evento per attingervi consolazione e speranza per l'oggi. In particolare, il brano che leggiamo oggi è intessuto di richiami a Isaia. Splendide le espressioni che il Signore rivolge al suo popolo in affanno, rappresentato da Gerusalemme vestita a lutto. Basta con quella veste! Il nuovo vestito che Dio offre e invita ad indossare, è sfolgorante: lo splendore della gloria, il manto della giustizia, il diadema di gloria (vv. 1-2). La nuova salvezza che il Signore sta realizzando nel suo popolo è anche rappresentata dalla metafora del nome nuovo: "Sarai chiamata da Dio: 'Pace della giustizia e gloria della pietà'" (v. 4). Giustizia e pace, pietà e gloria: elementi importanti e ricchi di significato nell'Antico Testamento, che in sostanza richiamano una situazione di armonia sia orizzontale (nei rapporti tra gli uomini) che verticale (nel rapporto tra l'uomo e Dio). Le due dimensioni - le stesse della croce - sono sempre strettamente connesse e interdipendenti: 'ama Dio' e 'ama il prossimo' formano un solo comandamento. Le relazioni giuste tra gli uomini generano l'armonia della pace. La relazione giusta con Dio diventa "gloria", manifestazione chiara e "pesante" di Dio nella concreta esperienza umana. Promessa e meta perennemente attuale. La liturgia dell'avvento ci chiama a deporre le vesti di lutto nelle quali tendiamo sempre continuamente e nuovamente a nasconderci: sfiducia, amarezza, chiusura, pessimismo. Al di là di ogni musoneria personale o ecclesiale, sentiamo rivolto a noi l'invito a rivestire l'abito della speranza, tutta fondata su ciò che Dio sta realizzando, sulla sua promessa. Per questo è essenziale mantenere viva la gioiosa "memoria Dei", il continuo ricordo di Dio (v. 5), senza il quale la nostra speranza manca di fondamento e rischia continuamente di deragliare nell'euforia di chi rimane abbagliato da false promesse di salvezza o nella disperazione di chi ne vive la delusione. Con nuovo vigore e consapevolezza preghiamo che la gloria del Signore abiti la nostra terra e "sia santificato il Nome di Dio"; nell'impegno - sereno ma determinato - a dare a Dio il posto che merita (il primo) e a stabilire, nelle piccole e nelle grandi questioni, relazioni giuste tra i suoi figli. I commenti di don Marco sono pubblicati dal Centro Editoriale Dehoniano - EDB nel libro Stabile come il cielo. |