Omelia (07-12-2006) |
Monaci Benedettini Silvestrini |
La parola messa in pratica è roccia Una delle constatazioni più elementari è quella della impermanenza delle cose. Perché la felicità sia tale deve esser duratura, sicura: questa è la salvezza che L'Avvento attende, e che ha inizio con la nascita di Gesù, Dio nostra salvezza. Egli è il baluardo della città forte in cui entrerà il popolo giusto. Nulla potrà turbare la pace di chi ha fiducia in Lui. "Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno", Egli dirà (Luca 21:33). Esse sono spirito e vita, sono parole di vita eterna. Il Vangelo ci parla di come e dove costruire il nostro futuro sicuro. "Chi ascolta queste mie parole e le mette in pratica, può essere paragonato a un uomo saggio che costruì la sua casa sulla roccia". Si vedono alle volte i comandamenti di Dio e gli insegnamenti di Gesù e della sua Chiesa come "doveri", "limiti alla nostra libertà", mentre essi sono la roccia su cui solo si può costruire con sicurezza la nostra vita. Tutto il resto si può senz'altro dire sabbia mobile. "E chi ascolta queste mie parole, ma non le mette in pratica, può essere paragonato a un uomo stolto che costruì la sua casa sull'arena." (Matteo 7,26). La sottomissine a Lui del nostro intelletto con la fede e della nostra volontà con l'osservanza della sua parola sono la porta alla città forte, mentre l'orgoglio e l'autosufficienza sono la città che si crede in alto, ma che invece rovinerà e sarà ridotta al nulla dall'ingiustizia e dall'effimero. |