Omelia (17-12-2006)
Suor Giuseppina Pisano o.p.


"...il popolo era in attesa...", si tratta di quelle moltitudini, che ascoltavano la predicazione del Battista, la ' Voce ', che, come abbiamo visto la scorsa domenica, gridava, fin nel deserto, che si preparasse la via al Signore, il quale si sarebbe rivelato in mezzo agli uomini, come il Cristo di Dio, salvatore e giudice: ". Egli ha in mano il ventilabro per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel granaio; ma la pula, la brucerà con fuoco inestinguibile..."

La predicazione di Giovanni, ha toni aspri e forti, egli non conosce compromessi, ha vissuto la desolante solitudine del deserto, ha digiunato e pregato, ha accolto la potente azione dello Spirito, ed ora, con passione, richiama alla conversione la sua gente; l'urgenza di cambiar vita per aprire il cuore a Dio, è quella, che anima le sue parole, quasi apocalittiche, che parlano di "fuoco", il fuoco dello Spirito e quello inestinguibile della condanna, " già, la scure è posta alla radice degli alberi, ogni albero che non porta frutto, sarà tagliato e gettato nel fuoco..." ( Lc. 3,9 ); sembra, quasi, di vedere il Cristo della Sistina: il giudice degli ultimi tempi.

Del Cristo che viene, il Battista, traccia un ritratto al quale, poco, siamo abituati: un Cristo esigente, quasi duro, che non ammette mezze misure, che sembra non tener conto della fragilità e dell'incoerenza, proprie dell'uomo; Giovanni, ancora non sa, che il Figlio di Dio, non metterà la scure alla radice, ma darà tempo, anche all'albero sterile, di fruttificare, e che, come annunciava Isaia: " non farà sentire, alta, la sua voce nelle piazze, non spezzerà la canna incrinata, né spegnerà il lucignolo vacillante...." ( Is. In Mt. 12,19-21); ma, come il buon pastore, andrà alla ricerca della pecora smarrita e la riporterà al sicuro, reggendola sulle spalle.

Tuttavia, la veemenza delle parole del profeta, è dettata dalla passione per la salvezza, un bene, che non può esser disatteso, e il tono forte delle sue parole, sottolinea la potenza divina del Messia che viene: " il forte", che toglierà il peccato col fuoco dello Spirito:" Io vi battezzo con acqua; ma viene uno che è più forte di me,.... costui vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. "

L'autorità morale di Giovanni era grande, e il passo del Vangelo di oggi, lo conferma, infatti, parlando delle folle, sono indicate persone di categorie diverse, come i pubblicani e i soldati; una moltitudine, che avvertiva la necessità di mutar vita, e chiedeva a Giovanni, cosa si dovesse, concretamente fare, per raddrizzare i sentieri e colmare monti e valli.

La risposta del Battista è chiara, egli esorta alla solidarietà: «Chi ha due tuniche, ne dia una a chi non ne ha; e chi ha da mangiare, faccia altrettanto», alla giustizia: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato», e alla pace, che rifugge qualunque violenza: «Non maltrattate, e non estorcete niente a nessuno....».

Tanta forza di persuasione e tanta autorevolezza, aveva suscitato il dubbio, in coloro che ascoltavano, che egli fosse il Messia; ma, alla loro domanda, Giovanni risponde:«... viene uno che è più forte di me, al quale io non sono degno di sciogliere neppure il legaccio dei sandali...»;
egli è solo un uomo, illuminato dallo Spirito, ma, come tutti gli altri, in attesa del Messia, all'avvento del quale, preparava gli animi; il battesimo che egli amministra è solo un segno, ma il Cristo che viene, il Figlio, l'Agnello di Dio, Egli è l'unico che possa, realmente, togliere il peccato, ed è questo, il senso delle parole: " non sono degno di sciogliere neppure il legaccio dei sandali"; c'è un abisso tra Giovanni e il Messia, lo stesso abisso che corre tra l'uomo e Dio.

Ora, però, nel Cristo che viene, nel Figlio che nasce, uomo tra gli uomini, l'abisso è colmato; ora, la terra accoglierà il Salvatore, che terrà congiunta, per sempre, la vita divina a quella umana, per redimerla e trasfigurarla.

E' questo il dono che l'umanità ha desiderato e atteso per secoli e secoli, e che, ancora, il nostro tempo desidera; è questo, il senso dell'Avvento, che viviamo: la speranza della gioia, nell'esperienza viva di Dio che si fa dono, al singolo e all'umanità intera, oggi, come ieri, come domani, finché duri il tempo.

E' questa la ragione della gioia, alla quale la Chiesa, oggi, ci esorta ripetutamente:" Gioisci, figlia di Sion, è il testo della prima lettura, esulta, Israele, e rallegrati con tutto il cuore, figlia di Gerusalemme! Il Signore ha revocato la tua condanna, ha disperso il tuo nemico. Re d'Israele è il Signore in mezzo a te, tu non vedrai più la sventura, in quel giorno si dirà: il Signore tuo Dio, in mezzo a te, è un salvatore potente.... ". (Sof. 3,14 18C)

L' invito a rallegrarci per il dono grande dell'Incarnazione, continua nel passo del profeta Isaia, dal quale è tratto il salmo responsoriale:

Cantate inni al Signore,
perché ha fatto opere grandi,
ciò sia noto in tutta la terra.
Gridate giulivi ed esultate, abitanti di Sion,
perché, grande in mezzo a voi, è il Santo di Israele. ( Is.12,2-6)


Da ultimo, Paolo, così, ci esorta alla gioia:" Fratelli, rallegratevi nel Signore, sempre; ve lo ripeto ancora, rallegratevi. Il Signore è vicino! Non angustiatevi per nulla, ma, in ogni necessità, esponete a Dio le vostre richieste, con preghiere, suppliche e ringraziamenti; e la pace di Dio, che sorpassa ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e i vostri pensieri, in Cristo Gesù." ( Filippesi 4,4 7)

E' questa la buona novella, preannunciata dai profeti, annunciata dal Battista, con le sue parole vibranti, l'oggetto della nostra gioia di credenti: il Padre ci ha donato il suo Figlio, Gesù di Nazareth, il Cristo salvatore, che contempliamo nella fede, e ci apprestiamo a celebrare, nell'evento grande del Natale.



Sr M.Giuseppina Pisano o.p.
mrita.pisano@virgilio.it