Omelia (12-12-2006) |
Casa di Preghiera San Biagio FMA |
Dalla Parola del giorno Consolate, consolate il mio popolo, dice il vostro Dio. Parlate al cuore di Gerusalemme e gridatele che è finita la sua schiavitù. Come vivere questa Parola? Non un annuncio freddo, distaccato, ma un "a cuore a cuore", che annulla le distanze, fa ritrovare la dimensione fraterna e percepire la prossimità di Dio. Questa è la vera consolazione di cui abbiamo bisogno. Il profeta si sta rivolgendo a un popolo di deportati a cui viene prospettata la possibilità del ritorno. Ed oggi non siamo un po' tutti dei "deportati", risucchiati da una società frenetica e affannata, che ci reclama per sé, e ci sradica da noi stessi fino a farci fare l'esperienza dell'estraneità? Il più grande dramma quest'oggi è proprio questo trovarsi "stranieri" in "casa propria", questa perdita di contatto e di consapevolezza del proprio "sé" profondo. Conosciamo tante cose, ma non sappiamo più chi siamo. E allora a che cosa ci servono le indiscutibili conquiste scientifiche? Abbiamo bisogno di chi ci faccia ritrovare la via di "casa". Giunge allora quanto mai opportuna e consolante questa parola di Isaia. Il Pastore buono viene per me. Mi guida con amabilità, adattandosi al mio passo, tenendo conto della mia fragilità, fino a prendermi su di sé. La sua Parola scende lenitiva sulle mie ferite. Sì, è Lui il primo a "parlare al mio cuore". Poi l'invito: ora va' e sii tu a "parlare al cuore" di tanti uomini e donne che si trascinano in una vita senza senso e senza meta. Persone stanche e deluse che cercano una via d'uscita. È compito di ogni cristiano: è mio compito "gridare che è finita la loro schiavitù", che Natale non è un evento sepolto nel passato, e neppure una bella e commovente favola, ma l'annuncio gioioso che Dio viene, oggi, per me, per te, per ogni uo-mo in cerca di luce e di verità. Oggi, nella mia pausa contemplativa, prenderò atto di quanto mi lasci assorbire dalle "cose" fino a estraniarmi dal mio "sé". Ascolterò quindi il Signore che parla al mio cuore e mi invita a ritrovare le vie dell'interiorità. Tu, buon Pastore, da sempre mi cerchi. Sosti discreto alla soglia della mia casa, attendendo che ne spalanchi l'uscio. Vuoi parlare al mio cuore, ma spesso lo trovi disabitato, perché io sono altrove, distratto da ciò che passa... Perdonami, Signore! La voce di una santa contemporanea "Ti ho disegnato sul palmo delle mie mani" ( Is 49,16 ). Ogni volta che Dio guarda il palmo della sua mano, io sono là. Nei momenti di sofferenza, di solitudine, di umiliazione, di fallimento, ricorda che sei nelle mani di Dio." Madre Teresa di Calcutta |