Omelia (24-12-2006)
padre Gian Franco Scarpitta
Questo piccolo grande amore

Domenica scorsa ci eravamo detti che la liberazione dal male è apportatrice di gioia. Non si può che gioire e mostrare guadio infatti nella prospettiva dell'Incarnazione di Dio evento liberatore tanto atteso che finalmente ci delizieremo di contemplare (guarda caso!) a partire da stanotte: Dio entra nella nostra storia percorrendone tutte le tappe fin dalla più recondita infanzia rendendosi solidale con tutti gli uomini di tutte le epoche e per questo la gioia deve essere immensa. Essa adesso ci viene ulteriormente motivata da un dato speciale molto commovente: nell'entrare nella nostra dimensione terrena Dio non fa alcun ricorso a strumenti di natura grandiosa, altisonante e sconvolgente e nel fare ingresso nei nostri ambiti geografici non si preoccupa affatto di scegliere degli spazi confortevoli o delle zone garantite quanto alla sicurezza e alla prosperità economica. Al contrario, Dio sceglie di raggiungere l'umanità in quello che per noi è assurdo e impensabile come la nascita in una grotta e per di più in una città che da sempre era destinata ad essere considerata la più piccola e insignificante: Betlemme. Il profeta Michea esalta la cittadina di Israele considerando come essa sia sempre stata non all'altezza dei grandi centri del paese e tuttavia ora degna della massima attenzione per essere il luogo di nascita del re pastore: " E tu Betlemme di Efrata, così piccola per essere tra i capoluoghi di Giuda, da te mi uscirà colui che deve essere il dominatore di Israele...". Michea, contemporaneo di Isaia preannuncia la nascita del Messia della stirpe di Davide e per questo sarà oggetto di grandi studi esegetici e teologici; e attraverso di lui, già molto prima di proferirlo con le sue labbra da adulto ("Gli ultimi saranno i primi") il Salvatore rende chiaro il concetto che quello che noi riteniamo essere cosa spregevole e deprezzabile nonché piccolo e insignificante agli occhi di Dio è invece prezioso, privilegiato e degno di nota; il che significa che se Egli mostra amore e interesse per l'umanità intera, maggiore predilezione egli manifesta verso gli ultimi, gli esclusi e gli indifesi parteggiando appunto per quelle categorie di persone che la società non considera. Quindi il motivo della nostra gioia è più che fondato visto che Dio si schiera dalla parte dei deboli! Nessuno può festeggiare il Natale senza chiedere il permesso ai poveri e ai bisognosi, ai derelitti, agli affranti, agli emarginati e agli abbandonati, perché Dio nasce da povero soprattutto per loro, svergognando chi li tratta con ritrosia, chiusura e indifferenza. Dio sceglie ciò che è piccolo per mostrare quanto grande sia il suo amore. Le situazioni odierne di miseria aspettano l'arrivo di questo Messia Bambino poiché in esse si soffre soprattutto la solitudine nel non avere chi stia dalla loro parte. Oggigiorno non mancano neppure le "Betlemme" discriminate e deprezzate nelle sembianze di tante classi sociali umili, povere e dimenticate dove intanto si ravviva moltissimo potenziale di umanità e di sensibilità che compirebbe prodigi a beneficio degli altri. Così pure non sono affatto rare le situazioni di lavoro professionale nelle quali il nome e il possesso contano molto più delle qualità e il mancato esercizio della meritocrazia esalta solo i "raccomandati" e i "privilegiati" mentre chi ha vero talento non viene preso in considerazione. Non pochi sono i pregiudizi che noi mostriamo nei confronti degli "ingiusti", dei "peccatori" che vivono lontani da Dio senza di fatto considerare che proprio fra questa gente non di rado si trovano elementi edificanti che sarebbero di esempio per tutti noi, me compreso. Non sono forse queste le "Belemme" della nostra epoca da cui, secondo l'accezione mondana e perbenista "non può nascere nulla di buono"? Proprio a loro favore Dio volge il suo sguardo e proprio loro sono i destinatari della salvezza apportata dal Verbo Incarnato Bambino che ci raggiunge attraverso una vergine.

Sempre Michea parla infatti di una donna "che deve partorire e partorirà"; il che legittima di gran lunga la presenza di Maria in questo brano evangelico di per sé adattabile alla solennità dell'Immacolata: se da Betlemme sorgerà il Re pastore, la sua incarnazione avrà luogo da una donna e questa non potrà essere dche la stessa Vergine che partorirà un Figlio e lo darà alla luce e sarà chiamato l'Emmanuele Dio con noi (Is 7, 14) ragion per cui accanto a Cristo Messia viene prefigurata anche Maria, colei che a buon dirirtto viene definita la "madre del Signore" (Lc 1, 48).
E' proprio lei che, una volta ricevuto l'appello di un angelo e avendovi aderito con l'obbedienza della fede, parte speditamente verso la casa di Elisabetta. Le due giovani gravide esultano e lodano l'Altissimo perché anche loro, ciascuna sotto un aspetto differente, sono state innalzate nonostante la loro piccolezza e umiltà da parte di Colui che su di loro aveva progetti grandiosi a beneficio dell'uomo: Maria infatti ha motivo di esclamare: "ha guardato l'umiltà della sua serva, d'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata" e avverte di essere stata oggetto di una giustizia e di una predilezione che il consorzio mondano avrebbe dato ai potenti e ai facoltosi. Ancora una volta si evince la magnificenza di un Dio Re che predilige quanto da noi ritenuto minimo e precario. L'amore di Dio si fa piccolo per essere grande. E' un piccolo grande amore che "non ci manca da morire" eppure moriremmo se ci venisse a mancare...