Omelia (17-12-2006) |
padre Romeo Ballan |
Per un Natale condiviso e missionario Riflessioni Continua l'insistente appello alla conversione, che Giovanni Battista rivolge ad ogni categoria di persone (Vangelo). Giovanni, come abbiamo visto nel Vangelo di domenica scorsa, si mostrò nel deserto, sulle sponde del fiume Giordano, "predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati" (Lc 3,3). L'evangelista Luca riferisce, senza sconti, il linguaggio duro del Precursore, che scuote i suoi uditori, chiamandoli "razza di vipere": li invita a fare "opere degne della conversione" e a portare buoni frutti, per non finire buttati nel fuoco (Lc 3,7-9). Ma quale conversione? Con quali opere e frutti? Domenica scorsa l'appello alla conversione riguardava anzitutto il ritorno a Dio (si può parlare di una dimensione verticale della conversione), disponendo il cuore ad accogliere la Sua salvezza. Oggi Giovanni dà indicazioni precise e concrete per una conversione che tocca direttamente i rapporti con gli altri (dimensione orizzontale). Luca riferisce di tre gruppi di persone che, toccate dalla furia profetica del Precursore, gli chiedono: "Che cosa dobbiamo fare?" (v. 10.12.14). È una domanda cara a Luca, il quale la ripete in altri racconti missionari di conversioni: le folle a Pentecoste, il carceriere di Filippi, Paolo stesso sulla via di Damasco (cfr. Atti 2,37; 16,30; 22,10). La domanda indica una disponibilità al cambio di vita: è l'atteggiamento fondamentale in ogni conversione e, al tempo stesso, l'appello ad un'altra persona che sappia rispondere in nome di Dio. Tale persona, abitualmente, la chiamiamo missionario, sia esso sacerdote, laico, suora, maestro, catechista... I tre gruppi di persone che vanno dal Battista sono: le folle (persone non sempre ben definite), i pubblicani (gli esattori delle tasse, quindi gli odiati collaborazionisti con l'impero straniero), i soldati (persone avvezze ai modi duri). Sono categorie considerate spesso come irrecuperabili... Il Battista non li teme, li accoglie e dà loro risposte attinenti e concrete, tutte riguardanti i rapporti con gli altri, con il prossimo: la condivisione dei vestiti e del cibo (v. 11), la giustizia nei rapporti con gli altri (v. 13), il rispetto e la misericordia verso tutti (v. 14). Si tratta di rapporti basati sul quinto e settimo comandamento. Giovanni va oltre la sua predicazione e la sua persona, puntando sull'intervento qualitativo dello Spirito Santo (v. 16), che sarà effuso come battesimo di fuoco nella Pentecoste (Atti 2). Allora lo Spirito farà nuove tutte le cose, rinnoverà soprattutto il cuore delle persone e unirà popoli diversi nell'unico linguaggio dell'amore. Allora sarà più facile comprendere che la conversione a Cristo è condivisione con chiunque è nel bisogno, è giustizia e compassione verso tutti. In tal modo Giovanni -modello per i missionari di ogni tempo- "annunziava al popolo la buona novella" (v. 18). L'esperienza personale e l'annuncio della "Buona Notizia" comportano sempre la gioia, come risulta dagli insistenti inviti di Sofonia, di Paolo (I e II lettura), e di altri testi liturgici. Anzitutto, perché Dio esulta di gioia per noi, ci rinnova con il suo amore, fa festa con noi e si rallegra per noi con grida di gioia. Perciò il profeta grida: "Non temere, non lasciarti cadere le braccia", perché il Signore in mezzo a noi è un salvatore potente (v. 16-18). Paolo torna con insistenza sul motivo della gioia del credente: perché il Signore è vicino, è presente; la gioia si rafforza nella preghiera (v. 5-7). (*) La gioia del Natale è vera solo se è condivisa con gesti concreti a favore di chi soffre. Ecco un esempio attuale fra tanti altri. In un paese di campagna a sud di Verona, una famiglia di "marocchini" (musulmani), è stata colpita da una duplice disgrazia (la morte della mamma e di un bambino). Il parroco ha invitato i fedeli ad una sottoscrizione economica a beneficio di quella famiglia (papà e altri figli orfani). È una iniziativa concreta, immediata, efficace, per un Natale condiviso, missionario. L'unico vero Natale cristiano! Nel cuore dei parrocchiani che aderiscono a quella iniziativa rinasce davvero Gesù. La fede si rafforza in loro e si diffonde! Parola del Papa (*) "Vivendo le beatitudini, il missionario sperimenta e dimostra concretamente che il regno di Dio è già venuto e egli lo ha accolto. La caratteristica di ogni vita missionaria autentica è la gioia interiore che viene dalla fede. In un mondo angosciato e oppresso da tanti problemi, che tende al pessimismo, l'annunziatore della «buona novella» deve essere un uomo che ha trovato in Cristo la vera speranza". Giovanni Paolo II Enciclica Redemptoris Missio (1990), n. 91 Sui passi dei Missionari - 17/12: S. Giovanni de Matha (1154-1213), sacerdote francese, fondatore dell'Ordine dei Trinitari, per il riscatto degli schiavi dalle mani degli arabi. - 18/12: Giornata Internazionale dei Lavoratori Migranti (ONU, 1990). - 21/12: S. Pietro Canisio (1521-1597), sacerdote gesuita, teologo nel Concilio di Trento, animatore della controriforma nell'Europa centrale, autore di un catechismo; è dottore della Chiesa. - 22/12: S. Francesca Saverio Cabrini (Lodi 1850-1917 Chicago), fondatrice delle Missionarie del S. Cuore di Gesù, per l'attenzione dei migranti, in favore dei quali dette vita a numerose opere. - 23/12: S. Giovanni Canzio da Kety (1390-1473), sacerdote e teologo polacco, maestro di intere generazioni di sacerdoti; parroco esemplare nella preghiera e nel servizio della carità. - 23/12: S. Maria Margherita d'Youville (1701-1771), laica canadese del Quebec, madre di famiglia, vedova, e poi religiosa e fondatrice. - 23/12: B. Antonio da S. Anna Galvão di França (São Paulo +1822), sacerdote francescano del Brasile, dedito alla predicazione e alla penitenza. |