Omelia (17-12-2006)
don Ricciotti Saurino
L’itinerario

Caduta la maschera dell'ipocrisia dei comportamenti, riconosciuta la distorsione del proprio impianto di ricezione di fronte alla voce possente di Giovanni e alla esemplarità della sua condotta, tutti si sentono peccatori e riconoscono di aver fallito il bersaglio, dal momento che, entrati in possesso di un pezzo di terra, hanno dimenticato e abbandonato l'esperienza della solidarietà.
Sorge quindi spontanea la domanda "che cosa dobbiamo fare?" Domanda che suppone la disponibilità ad accogliere la proposta di Dio e a tradurla in un itinerario di vita.
E l'itinerario che Giovanni sembra suggerire non è quello di sempre, seppur fatto di giustizia e di partecipazione umana.
Egli non propone la giustizia distributiva sancita dall'ipocrita espressione 'a ciascuno il suo' con la quale difendiamo ciò che abbiamo conquistato, non importa se giustamente o ingiustamente...
Egli riporta il popolo ad una considerazione di partenza fondamentale, quella maturata negli anni di deserto, e cioè che tutto nella vita è solo ed esclusivamente dono di Dio, dono gratuito della Sua paternità, e che quindi ogni cosa è da spartire con spirito familiare.
Egli ricorda, inoltre, che il possesso è la fonte e l'origine di tutti i mali, quello che, facendoci padrone di qualcosa, alla fine ci priva di tutto, perfino della libertà, riducendoci a schiavi di noi stessi, delle nostre cose... e, spesso, anche degli altri!
Ma la tentazione dell'accaparramento è fedele come l'ombra e non si allontana mai, soprattutto ora, nelle condizioni di agiatezza e di stabilità,... e la schiavitù d'Egitto è, ormai, dimenticata... come è passato di mente il tempo della gratuità di Dio nell'arido e assolato deserto.
Ed è proprio lì, ora, in quel luogo desolato e sterile, che la 'voce' attira e riconduce ancora una volta, ricordando i tempi del disagio collettivo, quando la condivisione era regola di vita e la fiducia in Dio era norma di sopravvivenza.
Lì, dove quello che si aveva era spontaneamente condiviso col bisognoso, dove una coperta sola bastava per riparare molti, dove al piatto comune della manna attingevano più mani, dove la miseria e la precarietà facevano elevare richieste fiduciose a Colui che tutto può.
La voce li riporta proprio lì, non perché rimpiangano la tribolazione, ma perché ricordino con nostalgia l'amore che li amalgamava.
Ora, sebbene le condizioni sociali siano cambiate, non deve cambiare lo spirito di fraternità. Il benessere e la tranquillità raggiunti non devono spegnere i sentimenti... e, anche se i nuovi compiti e i discutibili uffici sembrano non favorire più l'armonia, è il cuore dell'uomo, perfino quello dell'esattore delle tasse e quello dei soldati, che non deve dimenticare di rapportarsi sempre con un fratello.
"Non mi rassegno al pensiero – dice Giovanni - che solo la sofferenza abbia il potere di compattare le persone! Non è possibile che solo la condizione di miseria debba farci sentire fratelli! Rifiutiamo questa convinzione e questo inganno immergendoci e purificandoci nell'acqua del nostro limite, della nostra debolezza, del nostro individualismo, e lasciamo che il Giordano porti l'egoismo lontano dalla nostra terra...
... Io stesso sono impastato di debolezza e di limite ed ho bisogno di perdono... io non posso darvi di più... posso solo invitarvi ed esortarvi alla purificazione... quanto basta per rimanere in attesa del "più forte" che, immergendoci nello Spirito di Dio e nel fuoco del Suo amore, ci farà nuovamente sentire fratelli.
Fratelli non perché ricaduti in miseria, ma perché, traboccanti di amore di Dio, avvertiremo il bisogno di vivere il calore familiare."
Giovanni svuota, Gesù riempie d'amore, Giovanni toglie le zavorre che appesantiscono i nostri passi, Gesù porta il cielo nell'uomo ed eleva l'uomo al cielo.
Siamo pronti, vieni Signore Gesù!