Omelia (25-12-2006) |
padre Gian Franco Scarpitta |
Nel Mistero di questo amore Bambino "Il sabato del villaggio" è uno dei componimenti più espressivi del pessimismo leopardiano soprattutto perché in questo caso descrive lo stato di bellezza e di letizia che serpeggia sempre negli animi durante il Sabato pomeriggio di un qualsiasi mese dell'anno, soprattutto nelle persone gravate dai lavori servili come gli artigiani e i contadini: tutti avvertono interiore soddisfazione al pensiero che l'indomani sarà giorno di festa e vi è anche chi si intrattiene volentieri qualche ora in più sul lavoro, anche fino a notte fonda, tanto il giorno seguente potrà permettersi di riposare fino a tarda mattinata. Clima di gioia e di contentezza che però viene smentito durante la giornata seguente: una volta trascorsa la domenica nulla rimane dell'entusiasmo del Sabato sera, anzi si ingenera una sorta di vanità che si sostituisce alla gioia precedente e addirittura viene affinato dal magone di dover riprendere l'indomani (Lunedi) il lavoro settimanale che ci consumerà per altri 7 giorni consecutivi: "Beh, la Domenica è arrivata, il giorno di festa lo abbiamo trascorso, e adesso? Che cosa rimane? A che serve esserci rallegrati ieri sera se adesso siamo nuovamente contristati?" E tutto diventa nuovamente vano e superfluo nonché demotivato. Ma questo riferimento a Leopardi ha parte con il tema importante della liturgia di oggi, che è il Natale? Eccome. Infatti, sarebbe del tutto assurdo e a dir poco stupido se, una volta assaporata la gioia di questi giorni e festeggiato in letizia e armonia il Natale a casa fra i parenti e i familiari, in un secondo momento dovessimo avvertire un senso di pessimistico vuoto e di inutilità interiore: guai se il Natale non dovesse procurarci gioia e contentezza anche dopo il 6 Gennaio e se tutto dovesse ritornare banale e superfluo come prima. Ciò significherebbe che per noi il Natale altro non è stato se non un giorno di lauti banchetti, di giochi, vacanze e divertimento, e nel tornare ai nostri consueti impegni si riscontrerà nient'altro che un rimpianto dei momenti di festa trascorsi a tavola. In più, lo svolazzare al vento per le strade delle scatole vuote di panettone che si saranno abbandonate fra i rifiuti ci contristeranno al pensiero che dovremo attendere il prossimo anno per organizzare nuovamente questa festa. Situazioni deprimenti come questa del pessimismo di Leopardi quanto al Natale purtroppo si verificano non di rado e questo per il semplice motivo che si è soliti limitare la Festa alla sola scadenza del calendario come appuntamento usuale per i bagordi e le gozzoviglie senza che si sia carpito il senso reale e profondo di questo tempo che il Signore ci regala. Se infatti comprendessimo che Natale è la gioia di Dio che raggiunge l'umanità nelle sembianze di un bambino, per di più non disdegnando di assumere la più precaria e la più abbandonata fra le situazioni di infanzia e tutto per restituirci la vita e la gioia del Dio con noi allora il Natale persisterebbe per tutto il resto dell'anno e non soltanto nel periodo circoscritto dei mesi di Dicembre e Gennaio. Sapere che Dio si è fatto Bambino e vivere in pienezza questo mistero coltivandolo nella fede e nella contemplazione significa acquisire gioia valida e duratura che invita a coltivare la stessa pace che Egli stesso ha portato nel mondo. Il Natale è un mistero poiché il fatto che Dio abbandoni la sua grandezza per farsi piccolo e indifeso in un Bambino rimane per noi incomprensibile e irraggiungibile razionalmente e resta nella sfera del divino; ma il mistero, pur restando tale ci viene svelato per affascinarci e incutere gioia: nella fede si sottomette mente e volere e si accoglie l'incomprensibile. Dio entra nella storia per familiarizzare con l'uomo, decidendo perfino di nascere e di essere partorito, questo è il motivo che deve fondare la vera gioia e la letizia dell'umanità e qualsiasi altra concezione noi possiamo attribuire al Natale è solo esiziale per noi stessi e reca solo il piacere di una festa consumistica e frivola, destinata a trascorrere per lasciare il vuoto e la dispersione. Certo, che nel giorno di Natale ci si trovi tutti attorno a una tavola imbandita mentre le nostre strade luccicano di festose illuminazioni, questo è favorevole giacché la gioia del Signore che è nato la si deve vivere in pienezza, anche nel dato esteriore. Ritrovarsi tutti insieme il giorno della nascita del Signore per festeggiarla anche con un bel banchetto o un panettone alimenta la condivisione, l'armonia e la comunione ed esalta la letizia che scaturisce dallo stesso Bambino, specialmente in quelle famiglie (tante!) i cui membri sono costretti solitamente a vivere in altre parti d'Italia o del mondo per motivi di lavoro; quale giorno migliore per incontrarci nuovamente tutti e coltivare insieme la gioia e la concordia se non quello del Natale? A condizione tuttavia che il Mistero del Dio Bambino resti sempre al centro della Festa, che Cristo possa aver avuto la priorità alle leccornie e che il Suo fascino ci abbia sedotti e affascinati; se questo sarà avvenuto dimenticheremo anche il male che dovesse intercorrere fra di noi sotto forma di invidie, fazioni, gelosie, liti, cattiverie, sospetti e acredini e si cercherà l'unione, la pace e la concordia la stessa che animò i pastori raggiunti dal mistero e convocati davanti alla grotta di Betlemme. Se il Mistero ci avrà affascinato sarà conseguente per noi la consapevolezza di non poter festeggiare tranquillamente il Natale – come dicevamo altrove – senza avere chiesto il permesso ai poveri e agli abbandonati, poiché Dio si è fatto carne per prediligere innanzitutto loro: nei pastori, categoria ultima, esclusa e abbandonata dalla società perbenista del tempo ma raggiunta dall'annuncio della gioia immensa del Bambino si ritrovano gli esclusi e gli abbandonati di tutti i tempi che vantano diritto sul Natale in quanto Dio nasce soprattutto per loro; che anche stanotte hanno dormito avvolti in consunte coperte ancora insufficienti sotto i portici o nelle stazioni; che sono rimasti tramortiti e forse stroncati dall'ennesima iniezione alle vene del braccio; oppure che sono costretti a vivere il dramma della solitudine e del letto del dolore. Verso questa gente, a cui spetta maggiormente la Festa del Natale siamo tenuti a mostrare tutta la nostra solidarietà e il nostro affetto, perché comprendano che il Natale è indirizzato soprattutto a loro. Finché il cuore resterà chiuso al Mistero del Dio Bambino non potremo che vivere il pessimismo e la desolazione una volta concluso il calendario delle feste natalizie; abbandonarci invece ad esso con apertura di cuore e disinvolto assenso vuol dire conquistare la chiave della gioia piena e duratura. Auguri sinceri di Buon Natale a tutti! |