Omelia (25-12-2006)
don Marco Pratesi
Esiste una speranza per tutti

Nella prima lettura si parla del Regno di Israele del Nord (nel versetto precedente, non letto: "Zabulon e Neftali") che si trova in una situazione di umiliazione, tenebra fitta e oppressione. È infatti schiacciato dall'aguzzino assiro, che ha conquistato il paese e imposto un duro giogo.
A questo popolo Dio annunzia, per mezzo del profeta, il sorgere di una luce: un bambino, che libererà e solleverà il popolo dalla sua mortificazione. Egli sarà sapiente e potente, e avrà un regno stabile, perché basato sulla giustizia e sul diritto: un regno di pace duratura.
La Chiesa legge questa profezia nella notte di Natale, segno di tutte le notti umane nelle quali risplende la luce nuova e sorprendente del bambino di Betlemme.
È lui il preannunziato consigliere ammirabile, dotato di una sapienza straordinaria e completamente affidabile. Ma mi lascio "consigliare" da lui? O cerco altre sapienze, altri maestri?
È lui il Dio potente, di una potenza che non è quella del mondo, che si impone con la forza di vario tipo, ma di quella della giustizia. Voglio ancora un Dio "dittatore buono", che risolva tutto con la forza?
È lui il Padre per sempre, colui che saldamente e continuamente si prende e si prenderà cura di noi. La mia sicurezza è in questo, o cerco altre garanzie, altre protezioni?
È lui il principe della pace, vera perché basata sul "diritto", sulla rettitudine. Ma esiste davvero la pace nel mondo, nelle società, nei cuori? Non è retorica natalizia? Siamo forse come quei falsi profeti che "ingannano il mio popolo dicendo: Pace! e la pace non c'è" (Ez 13,10)?
La profezia di Isaia non è completamente realizzata. La nascita del Messia è ancora solo una tappa del cammino della storia verso il suo compimento. Ma se il Messia è nato, esiste una speranza per tutti. È il segno che il piano di Dio va avanti, che nei travagli della storia il regno viene, che la tenebra non ha più alcuna vera prospettiva di vittoria. Il Messia che nasce riaccende la speranza, e perciò stesso ridesta la nostra volontà di non adattarci, di non rassegnarci alle tenebre. Siamo invitati a ridestarci, a "indossare le armi della luce" (Rm 13,12) per lottare contro tutto quanto opprime l'uomo e offende la sua dignità, da ogni punto di vista. Lottare non con le armi umane, ma con quelle di Dio. La potenza, bellissima, di Dio è poter diventare un bambino per noi. Anche noi partecipiamo di questa potenza ogni volta che ci facciamo piccoli, ci mettiamo a servizio di Dio e dei fratelli.
Il Salvatore è nato, esultiamo: esiste una speranza per tutti.

I commenti di don Marco sono pubblicati dal Centro Editoriale Dehoniano - EDB nel libro Stabile come il cielo.