Omelia (24-12-2006) |
mons. Ilvo Corniglia |
I brani biblici di questa domenica ci invitano a fissare la nostra attenzione sul mistero del Natale ormai prossimo e ci rivelano alcuni tratti caratteristici del grande Festeggiato che ci prepariamo a incontrare. Il profeta Michea (5, 1-4: I lettura) annuncia il suo paese natale, un umile villaggio della Giudea, da cui proveniva la famiglia del re Davide: Betlemme. Lo descrive poi come un "dominatore in Israele", un "pastore", colui che assicurerà la "pace" (s. Paolo in Ef. 2,14 preciserà che "Egli è la nostra pace"). Una pace universale ("fino agli estremi confini della terra"). La promessa di Michea alimenta l'attesa del Messia e anche - sia pure oscuramente - di sua madre: "colei che deve partorire partorirà". Il testo della lettera agli Ebrei (10, 5-10: II lettura) aggiunge altri elementi significativi. Ci trasferisce appunto nell'eternità di Dio, nel seno della famiglia divina, dove in un vertiginoso dialogo d'amore il Figlio, prima di iniziare la sua avventura terrena, accetta l'Incarnazione e la missione fra gli uomini. Con un atto di perfetta ubbidienza al Padre, accetta di fare della sua vita un sacrificio esistenziale, che culminerà nella morte-risurrezione: "Ecco, io vengo per fare la tua volontà" (due volte: Eb 10, 7.9 cfr. Sal. 40, 7-9). Questo infinito "sì" d'amore a Dio e all'uomo trova eco sul versante umano in un altro "sì" perfetto di ubbidienza e di amore: "Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me secondo la tua parola" (Lc 1,38). L'incontro, la fusione di questi due "sì" ha reso possibile il miracolo del Natale. L' "Eccomi!" del Figlio, pronunciato nell'eternità, accompagnerà Gesù in ogni gesto e momento della sua esistenza terrena, e raggiungerà il suo vertice quando si offrirà in sacrificio sulla croce. Così pure l' "Eccomi!" di Maria - che esprime la sua fede obbediente - risuonerà senza sosta nel suo cuore durante la sua vita e sarà perfetto quando essa si troverà associata intimamente al sacrificio del figlio sul Calvario. In ogni Eucaristia - che rende presente per noi il dono supremo di sé a Dio e ai fratelli da parte di Cristo e di sua Madre - il loro "Eccomi!" d'amore ci viene ogni volta partecipato, perché trasformi la nostra esistenza in sacrificio gradito a Dio. Il brano evangelico completa l'identikit di Colui che ci prepariamo ad accogliere nel Natale. Nello stesso tempo delinea alcuni tratti essenziali di sua madre. Il protagonista del racconto è Gesù, non Maria. Ma essa è presentata come inseparabilmente congiunta con Lui, tanto che più viene precisata la figura della madre, più viene in luce quella del figlio. Maria è totale e limpida trasparenza di Cristo. Le parole di Elisabetta, mossa dallo Spirito Santo, proclamano ciò che Dio ha operato in Maria, cioè l'Incarnazione del suo Figlio, e come Maria ha risposto all'iniziativa divina. "In quei giorni Maria si mise in viaggio". Le promesse di Dio si stanno compiendo: il Messia è ormai presente nel mondo, anche se ancora nascosto nel grembo di una donna. L'attesa del Salvatore, che per secoli i profeti avevano accesa e tenuta desta nel popolo d'Israele, ora è come concentrata e palpita nel cuore di una giovane donna che aspetta il suo bambino. L'evangelista, nel narrare il viaggio di Maria, sembra evocare il viaggio dell' "arca dell'Alleanza" nei suoi vari trasferimenti, descritti in 2Sam 6, 1-15. Mostra, così, che Maria è la nuova e vera "arca dell'Alleanza", cioè il luogo della presenza viva di Dio in mezzo al suo popolo. Giovanni Paolo II nell'enciclica sull'Eucaristia vi scorgeva un aspetto di Maria "donna eucaristica": "Quando, nella visitazione, porta in grembo il Verbo fatto carne, ella si fa', in qualche modo, 'tabernacolo' - il primo 'tabernacolo' della storia - dove il Figlio di Dio, ancora invisibile agli occhi degli uomini, si concede all'adorazione di Elisabetta, quasi 'irradiando' la sua luce attraverso gli occhi e la voce di Maria" (EdE 55). I cristiani, ricchi della presenza di Cristo in loro, soprattutto dopo l'incontro eucaristico, non dovrebbero essere come Maria, dovunque arrivano e chiunque incontrano? Colei che si è dichiarata "la serva del Signore" si mette in viaggio per offrire il suo servizio all'anziana cugina, anch'essa in attesa di un bambino. "In fretta": chi ama non indugia, non rimanda, quando si tratta di fare del bene. Il viaggio di Maria è motivato anche dal bisogno di comunicare con una persona che è stata lei pure visitata dal Signore. L'esperienza di Dio e dei suoi doni non può essere vissuta in maniera isolata e individualistica, ma va condivisa con i fratelli di fede. E' quanto avviene nell'incontro fra le due madri e, più in profondità, fra i rispettivi figli ancora nascosti nel grembo. Elisabetta riconosce - senza poter trattenere il proprio entusiasmo e la propria emozione - la realtà della giovane cugina e soprattutto del suo figlio: "Benedetta tu fra le donne" (cfr. Gdt 13, 18). Maria rappresenta l'approdo e il culmine di tutte le benedizioni di Dio (cioè gli interventi di Dio in favore degli uomini, con la pienezza dei suoi doni). Si ha un richiamo al "piena di grazia" = amata fuori misura da Dio (Lc 1, 28). "Benedetta" perché il "Benedetto" da Dio in misura suprema e traboccante è "il frutto del tuo grembo". Essa è "benedetta" perché Dio l'ha resa capace di trasmettere la vita umana - benedizione per eccellenza nella Bibbia - a Gesù, che è il Figlio di Dio. "A che debbo che la madre del mio Signore venga a me?". In queste parole vibra uno stupore umile e incontrollabile di fronte alla realtà di Maria. La lode di Elisabetta dà come inizio alla venerazione della Chiesa per la "Madre del Signore" (il Signore risorto, il Messia, il Figlio di Dio. Cfr. "Santa Maria Madre di Dio"). "Beata colei che ha creduto!". Se Dio ha ricolmato di grazia Maria, se l'ha benedetta in modo superlativo, se l'ha resa "Madre del Signore", la risposta di Maria è la fede: "Beata la credente!". E' la prima beatitudine che risuona nel Vangelo e sarà anche l'ultima, sulle labbra del Risorto ( Cfr. Gv. 20,29). Il vero motivo della gioia è l'amore benevolo e fedele di Dio, che Maria sperimenta nella fede. Nel canto - preghiera di Maria, che è un'esplosione di giubilo incontenibile, possiamo cogliere e fare nostra la sua esperienza di fede, che è frutto dello Spirito Santo disceso su di lei. Assecondando l'invito alla gioia che le ha rivolto la cugina e prima ancora l'angelo dell'annunciazione ("Rallegrati!"), Maria esulta davanti al Signore e lo loda per il dono che le ha concesso di essere vergine-madre del Messia. E' Gesù la gioia inesauribile di Maria. Tutto in questo incontro si compie in un'atmosfera di gioia contagiosa, che è frutto della comunione nella fede e nella carità fra le due madri, ma prima ancora della presenza del Salvatore nel grembo di Maria. Dovunque arriva un cristiano, nel quale vive Cristo come in Maria, lì dovrebbe fiorire la gioia. Nella preghiera dell'Ave Maria, recitata con attenzione e con calma, possiamo cogliere una sintesi delle caratteristiche di Gesù e di sua madre, evidenziate nel Vangelo di oggi non in modo freddo, ma commosso ed entusiasta. La reciproca accoglienza di Maria e di Elisabetta come può essere vissuta nei nostri rapporti quotidiani? Maria che cosa aspettava dal Natale e come si preparava? Cosa aspettiamo noi e come ci prepariamo? Quante volte lungo la giornata comprendo ciò che Dio vuole da me in quel momento e so dirgli prontamente "Eccomi!" come Gesù e Maria? |