Omelia (31-12-2006) |
Suor Giuseppina Pisano o.p. |
Commento Luca 2,41-52 "E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia, davanti a Dio e agli uomini"; cresceva, come cresce ogni figlio, sotto gli occhi vigili dei genitori, in quell'ambiente caldo e rassicurante che è la famiglia. Il Figlio di Dio, ha voluto per sé una famiglia, una famiglia come tante, non ricca, né importante; ma la modesta famiglia di un operaio, nella Nazareth di duemila anni fa, una cittadina nella quale tutti si conoscevano, e nella quale, proprio per questo motivo, egli avrebbe avuto poco credito, infatti, come Marco sottolinea," molti si scandalizzavano di lui...il falegname, figlio di Maria e fratello di Giacomo, Giuseppe, Giuda e Simone...". ( Mc.6,3 ) Della famiglia di Gesù, l'inno della liturgia di oggi, canta: " Santa, dolce dimora / dove Gesù, fanciullo, / nasconde la sua gloria." La famiglia, è dunque la dimora naturale di ogni bimbo che viene al mondo, in essa, egli trova la stabilità dell'esistenza, l'accoglienza, la protezione, l'amore, indispensabile alimento, perché il piccolo cresca sano e sereno; la famiglia, pur nell'evolversi dei tempi, è il luogo privilegiato del reciproco donarsi nell'amore, che crea comunione. Essa, voluta dal Creatore ( Gn.2,24) diventa, con l'incarnazione del Figlio di Dio, icona della vita Trinitaria, di quel Dio, che si rivela relazione di Persone, in reciproca comunione: Padre, Figlio e Spirito, che è Amore. La liturgia eucaristica di questa domenica, ci ripropone, attraverso le letture, un modello di famiglia, che, pur essendo espressione di tempi e culture ormai remote, tuttavia, ha, in sé, dei principi che non possono esser accantonati, principi, come il rispetto, il soccorso e l'onore, dovuti al padre e alla madre; è quanto ci ricorda il breve passo del Siracide: "Il Signore vuole che il padre sia onorato dai figli, ha stabilito il diritto della madre sulla prole. Chi onora Il padre espia i peccati; chi onora la madre è come chi accumula tesori. Chi onora il padre avrà gioia dai propri figli e sarà esaudito, nei giorni della sua preghiera. Chi onora il padre, vivrà a lungo; chi obbedisce al Signore, dà consolazione alla madre. Figlio, soccorri tuo padre nella vecchiaia, non contristarlo durante la sua vita. Anche se perdesse il senno, compatiscilo, e non disprezzarlo, mentre sei nel pieno vigore. Poiché, la pietà verso il padre non sarà dimenticata, ma ti sarà computata a sconto dei peccati. " (Sir. 3,2 6.12 14) Il salmo responsoriale, poi, va oltre al senso del dovere, e parla di felicità, di 'beatitudiné, per quella famiglia, che teme Dio, ne accoglie la parola, e la fa sua guida, nel cammino della vita: Beato l'uomo che teme il Signore e cammina nelle sue vie. Vivrai del lavoro delle tue mani, sarai felice e godrai d'ogni bene. La tua sposa come vite feconda nell'Intimità della tua casa; i tuoi figli come virgulti d'ulIvo intorno alla tua mensa. ( sl.127) In una famiglia come queste, indicate dalla Scrittura, nasce e cresce il Figlio di Dio, Gesù di Nazareth; in questo ambiente, egli dimora per circa trent'anni, vivendo una quotidianità, che vela la sua identità divina: è lo spogliamento di cui Paolo parla "...apparso in forma umana, umiliò se stesso, facendosi obbediente...". ( Fil.2,6,8); infatti, dopo quella notte, unica ed irripetibile, nella quale egli nacque, nessun segno straordinario, distinse la vita del Cristo, che visse come un fanciullo, sottomesso e obbediente a Giuseppe e a sua Madre. Così, ce lo presenta il racconto di Luca, che in questa domenica la liturgia proclama: un ragazzetto di dodici anni, istruito ed allevato nella tradizione dei padri, che, divenuto, per l'età, responsabile di fronte alla legge di Dio, segue i suoi nel pellegrinaggio a Gerusalemme. E' qui, nella città santa, che Egli si rivela, in modo sconcertante, come è sconcertante, talvolta, la fede; qui, si manifesta come Maestro e Figlio di quel Padre, che gli ha affidato un progetto, molto più grande e importante di quello che, per lui, sicuramente, avevano sognato i suoi:«Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?»; è questa la frase, emblematica, del racconto evangelico di questa celebrazione. Da questo, momento, qualcosa, nella " santa Famiglia", cambia; Giuseppe e Maria, la Madre, devono aprirsi alla verità profonda, al mistero grande di quel figlio, che essi hanno custodito e cresciuto, ma non è più, tutto loro, perché, Egli è, veramente, il Figlio di Dio, il Messia, il Cristo redentore. Generalmente, si legge questo episodio dell'infanzia di Gesù, in chiave psicologica: l'ansia dei genitori, chiamati ad accettare le scelte dei figli, genitori che vedono i loro ragazzi avviarsi per la loro strada, e allontanarsi, se occorre, dalla casa e dallo sguardo vigile di chi li ha costantemente seguiti; sicuramente, anche questo aspetto è vero, e leggibile, nel racconto evangelico, ma c'è, in esso, molto di più, perché, nel tempio di Gerusalemme, dove si era fermato, il fanciullo Gesù rivela l'Altro, generando stupore, tra i dottori, e si svela nuovamente, e in maniera quasi sconvolgente, a sua madre e a Giuseppe, come si coglie, dalle battute centrali del racconto: "Dopo tre giorni lo, trovarono tra i dottori nel tempio, seduto in mezzo a loro, mentre li ascoltava e li interrogava. E tutti quelli che l'udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte. Al vederlo, restarono stupiti, e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto così?»; lui rispose: «Devo occuparmi delle cose del Padre mio..». In quel momento, il progetto salvifico di Dio irrompeva nell'esistenza dei 'genitori ', per bocca di quel Figlio, che si staccava, in qualche modo, da loro, perché, d'ora in poi, sarebbe appartenuto, per sempre, all'umanità intera. Sappiamo, che neppure Maria, in quel momento capì, le parole di suo figlio, quel Figlio, annunciato dall'Angelo e donato dall' Altissimo, e sappiamo che, in quel momento, iniziò, per lei, il faticoso cammino della fede, passo dopo passo, alla sequela del Cristo, mentre " serbava tutte queste cose nel suo cuore ". La famiglia di Nazareth, la famiglia, che diciamo " santa" per eccellenza, a motivo di quel figlio veramente unico, è modello per ogni famiglia cristiana, che come Paolo scrive, deve esser animata da " sentimenti di misericordia, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di pazienza"; nella famiglia, infatti, è indispensabile, l'accoglienza, il servizio reciproco, come pure la sopportazione e il perdono, cose tutte che favoriscono e concorrono a realizzare la comunione, (. Col 3,12 21 ) e fanno di essa, una piccola chiesa domestica, animata dal soffio dello Spirito. Si, la famiglia cristiana, è un modello particolare di famiglia, che, pur non escludendo altri modelli, ispirati a tradizioni e culture diverse, è, e resta, un luogo privilegiato di evangelizzazione, e, come tale, si offre ad ogni uomo di buona volontà, senza confini né di spazio, né di tempo. Così scriveva, al riguardo, in uno dei suoi discorsi, il Papa Paolo VI, "..il modo di vivere in famiglia, a Nazareth ci ricordi cos'è la famiglia, cos'è la comunione di amore, la sua bellezza austera e semplice, il suo carattere sacro ed inviolabile; ci faccia vedere com'è dolce ed insostituibile l'educazione in famiglia, e ci insegni la sua funzione naturale nell'ordine sociale." (dai «Discorsi» di Paolo VI, papa - Nazareth, 5 gennaio 1964) Sr. M. Giuseppina Pisano o.p. mrita.pisano@virgilio.it |