Omelia (25-12-2005)
don Maurizio Prandi
Commento Luca 2,1-14

Ci lasciamo guidare, in tutte le nostre parrocchie, dall'ascolto della liturgia della Parola della Notte Santa, ma vorrei con voi tener presente (anche se in estrema sintesi), tutto il cammino che la chiesa ci farebbe fare se vivessimo ogni celebrazione: quella della vigilia, quella della notte, quella dell'aurora e quella del giorno. Approcci diversi all'unico mistero quelli degli evangelisti, più narrativi Luca e Matteo, più teologico Giovanni. Egualmente drammatici però nel mettere in risalto il rifiuto da parte degli uomini del Figlio di Dio che si è fatto uomo:
in Matteo un Re, grande e potente che si trova paura di un Bambino e cerca di ucciderlo.
In Luca si dice espressamente che per loro non c'era posto nell'albergo... per altri sì magari, ma per la famiglia venuta da Nazareth non c'era posto.
In Giovanni c'è il rifiuto della luce: la luce splende nelle tenebre ma le tenebre non l'hanno accolta.
Vedete? Nel Bambino del presepe è già adombrato un dramma: nel suo nascere appartato, lontano dalla città dove vivono i potenti, leggiamo da una parte l'estraneità che i grandi riservano al Dio-Bambino e a tutto quello che lui rappresenta: i piccoli, i poveri, i diseredati, i rifiutati, gli umili... ma leggiamo anche la paura che può fare questa apparizione così inerme, che rischia di scardinare e di rovesciare ogni potere umanamente inteso... Sorprende il Dio-Bambino, spiazza, forse disorienta anche... tanto che l'aggancio umano per l'annuncio non sono i religiosi, ma sono i pastori, che erano una categoria al margine; erano al margine perché la loro condizione di nomadi impediva di essere osservanti scrupolosi della legge frequentando il tempio o la sinagoga. Diremmo noi oggi, in parole molto povere che erano quelli che per motivi di lavoro andavano poco a messa o non ci andavano per nulla... ecco gli angeli vanno da loro e il Bambino per primo si rivela a loro!!! Sono il primo anello dei semplici che si muovono e si stupiscono delle meraviglie di Dio. E che dopo aver visto e adorato il mistero se ne tornano lodando e diventando i primi passa parola della più dolce delle verità: Dio è vicino è una presenza nella nostra vita... D'altronde non poteva che essere così: Gesù è il Messia atteso che fa una strada diversa da quella che tutti pensano è la genealogia in Matteo ce lo dice con quella riga di nomi e di generazioni che terminano con la generazione dell'esilio che dice che la casa di Davide ha perso ogni grandezza politica: Gesù è un re senza corona, senza potere politico, senza ricchezze... Il Bambino Gesù è colui che compie le promesse di Dio, è colui che guarda a tutto il mondo e non soltanto ai suoi è le donne nominate nella genealogia sono tutte straniere. Ma c'è di più: la salvezza è offerta non solo ai giusti, ma anche ai peccatori... è le donne nominate si ricollegano tutte a situazioni di peccato... Gesù è solidale con questa storia non di santi, ma di peccatori... è le donne nominate ci dicono che il disegno di Dio finisce sempre per compiersi anche se attraverso vie che possono apparire sconcertanti e in modo particolare con la moglie di Uria, che dà un figlio Davide: il tradimento di quest'ultimo non impedisce al disegno di Dio ci compiersi.
Ci può aiutare S. Francesco a cogliere il mistero del Natale, che nelle Fonti Francescane è descritto così: Risplende la semplicità evangelica, si loda la povertà, si raccomanda l'umiltà. Anche papa Benedetto ci ha richiamato alla sobrietà e forse in questo giorno sono proprio queste le virtù tanto dimenticate della semplicità, della povertà, dell'umiltà. Semplicità, che non è infantilismo ma è puntare all'essenziale e riconoscere ciò che veramente conta. La povertà, che ci insegna a condividere, a fare spazio, a raccogliere e dare dignità a quelle briciole di umanità sulle quali tanto ho insistito nel tempo della preparazione al Natale e infine l'umiltà, che ci è stata insegnata così bene da Maria e che Gesù si è trovato nel sangue... S. Paolo lo ha scritto e il Bambino Gesù ce lo dice nel suo Natale: non fatevi un'idea troppo alta di voi stessi. Non aspirate a cose alte, piegatevi invece a quelle umili. Semplicità evangelica, sobrietà, umiltà perché il presepe che tutti abbiamo fatto non rimanga solo un rito delle chiese o ricordo nelle famiglie, ma passi nella vita delle persone e sia memoria di un Dio che non è della gloria ma della mangiatoia. Un Dio sul trono non prende il cuore, il Bambino deposto nella mangiatoia regala la speranza mettendosi nelle mani di ognuno di noi.