Omelia (07-01-2007) |
don Marco Pratesi |
La consolazione d'Israele La prima lettura è costituita dall'inizio di quella parte del libro di Isaia che, ancora durante l'esilio in Babilonia, annunzia al popolo la prossima liberazione e il ritorno in patria. La schiavitù di Israele è finita, Dio sta preparando una strada attraverso regioni inospitali per riportare gli esuli in patria. Dio stesso sarà pastore e guida premurosa del suo popolo. Tutto questo sarà una chiara manifestazione della "gloria del Signore", e "ogni uomo la vedrà". Il testo insiste sull'universalità di questa manifestazione, dicendo "ogni carne insieme", ogni uomo ugualmente, completamente (la versione CEI tralascia l'espressione, ritenendola probabilmente già tradotta nell'"ogni uomo", ma forse è meglio dargli più risalto). Gli eventi della storia di Israele nei quali si manifesta la gloria del Signore, sono quelli nei quali egli si mostra liberatore potente: ne è prototipo il passaggio del Mar Rosso. Ecco, dice il profeta, siamo di fronte a un nuovo esodo. Leggiamo questo testo nella festa del Battesimo del Signore Gesù, perché esso è una manifestazione di Dio. Gesù vi è infatti rivelato e presentato al mondo come il Figlio amato del Padre, sul quale riposa lo Spirito Santo: una epifania trinitaria. Incomincia il ministero pubblico di Gesù che, come il profeta, annunzia la consolazione d'Israele: non semplice sollievo psicologico, ma effettivo ribaltamento di una situazione di oppressione. Gesù comincia a portare la buona notizia, ad annunziare il Vangelo del Regno di Dio: la schiavitù è finita, la vita non è più sotto il dominio di potenze estranee ed ostili, ma di Dio (vedi anche Is 52,7 e 61,1). Dio stesso si fa pastore premuroso del suo popolo attraverso Gesù, che dirà di se stesso: "Io sono il buon pastore". Ogni carne, nella sua fragilità (è il tema dei vv. 6-8, omessi dal testo liturgico) è invitata a lasciarsi illuminare da questa manifestazione gloriosa di Dio. Solo così questa nostra inconsistenza esistenziale ("come l'erba") ha accesso alla vera vita, che ci è aperta nell'esistenza battesimale: vita fondata su una Parola che "resta per sempre" e quindi liberata dalla precarietà e dalla decomposizione della morte. Illuminati dalla luce battesimale, possiamo ripetere con gioia e convinzione l'acclamazione che la liturgia ci propone come risposta alla lettura: "Benedetto il Signore che dona la vita!". I commenti di don Marco sono pubblicati dal Centro Editoriale Dehoniano - EDB nel libro Stabile come il cielo. |