Omelia (06-01-2007)
padre Gian Franco Scarpitta
Per non procedere a tentoni

Come forse è risaputo, il Natale non si riduce al solo giorno del 25 Dicembre, ma abbraccia tutto un lasso di tempo che intercorre da tale data fino all'odierno appuntamento del 6 Gennaio, denominato Solennità dell'Epifania.
Natale non è insomma un giorno, ma un tempo. Ad esso, come ad un quadro ricco e considerevole, fanno da cornice questi due giorni appena menzionati.
In realtà il cristianesimo delle origini era solito affinare in una sola giornata Natale ed Epifania, giacché appunto esse hanno in fondo lo stesso tema della nascita del Signore; ma nei secoli successivi la Chiesa volle separare le due Feste con un lungo intervallo di tempo, ai fini di favorire una maggiore disposizione spirituale verso il Natale, questo da intendersi come un tempo da assimilare dal punto di vista spirituale oltre che cronologico, ma anche per incentivare una riflessione più appropriata su ciascuno dei due eventi caratterizzanti la Nascita: la grotta di Betlemme con l'annuncio ai pastori e l'arrivo dei Magi dall'Oriente. Il Dio eterno che si è incarnato per assumere la nostra storia immediatamente ci si manifesta, attirando a sé tantissima gente perfino da liti lontani.
Ed è appunto questo il significato del termine Epifania (greco epi – fainein = mostrarsi, manifestarsi): la manifestazione del Signore.
Già è stato molto commovente meditare 15 giorni or sono su come il Verbo Bambino fosse capace, nonostante il silenzio profondo nelle asperità della grotta, di attrarre a sé l'attenzione di attonite persone fino ad allora abituate soltanto a vegliare sul gregge, estranei ad ogni riferimento etico e spirituale (i pastori) che venivano convocati davanti alla mangiatoia per lodare Dio nel Bambino che era nato per il loro riscatto e per la loro salvezza. Adesso si nota come quasi contemporaneamente lo stesso Bambino sia capace di affascinare anche dei personaggi che provengono da ben oltre la sua terra: alcuni uomini di scienza (così afferma il testo mattano, senza specificarne il numero) dediti ad osservare la volta celeste e a studiare il movimento degli astri, probabilmente da sempre abituati ad interpretare gli eventi in ragione della posizione dei pianeti e delle stelle alla stregua degli odierni fautori degli oroscopi erano del tutto estranei al solo pensiero della metafisica o della rivelazione divina poiché le loro convinzioni si fondavano appunto sul dato empirico dei corpi celesti. Erano insomma dei pagani razionalisti, avulsi da ogni tipo di religione o devozione. Eppure proprio loro vengono affascinato da questo Bambino al punto da mettersi in viaggio dalla loro patria per seguirne le orme con il solo scopo di adorarlo e di professare la loro recondita fede in lui. Già, perché a giudicare dai doni che essi depongono ai suoi piedi si riscontra come fossero animati da una grande fede nel Signore Dio Bambino: come hanno interpretato i Padri della Chiesa, l'oro attesta infatti la regalità, ragion per cui questi sapienti riconoscono nel Bambino divino il Re universale; l'incenso si adopera per la venerazione della divinità, quindi essi credono nel Bambino come Dio; la mirra era l'erba (oggi si direbbe la resina) amara con cui si imbalsamavano i cadaveri e infatti questo Re e Signore Bambino un giorno dovrà morire in riscatto dell'intera umanità.

Prestiamo attenzione ad un altro particolare: noi siamo convinti che Gesù sia nato in una grotta (Cosa poi non del tutto certa, visto che Luca dice "(Maria) diede alla luce un bimbo, lo avvolse in fasce e (poi) lo depose in una mangiatoia!). Eppure, al verso 11 Matteo fa entrare i Magi in una casa. Potrebbe anche essere avvenuto che dopo il parto Maria e Giuseppe siano stati ospitati in un'abitazione da parte di alcuni villici che finalmente consideravano lo stato di urgenza e di gravità; come pure che ormai quella grotta era diventata la casa provvisoria del Dio Bambino e dei suoi genitori... Tuttavia il carattere domestico che si riscontra in questo verso sottolinea l'aspetto dell'armonia e della solidarietà con cui ognuno viene accolto in un luogo intimo; quindi ci si trova di fronte alla vicinanza spontanea e familiare di Dio Bambino con i Magi e per estensione con tutti i pagani e i razionalisti, quindi anche con i miscredenti e con tutti gli uomini. In altre parole il Fanciullo riunisce nel focolare della concordia e della solidarietà tutti gli uomini e tutti gli uomini che in Lui diventano uno e i pagani vengo no resi a pari merito destinatari della salvezza, così come afferma Paolo rivolgendosi agli Efesini (II Lettura): "che i Gentili cioè sono chiamati, in Cristo Gesù, a partecipare alla stessa eredità, a formare lo stesso corpo, e ad essere partecipi della promessa per mezzo del vangelo." Tutti insomma uniti e tutti votati a salvezza e novità di vita, nella meraviglia del Natale che ora è Epifania! Tutti però vengono assecondati anche in quello che è l'anelito comune di tutti gli uomini in tutte le epoche: la ricerca del vero e del "senso" fondamentale e ultimo che soddisfi e realizzi non importa se siamo credenti o non credenti; mentre la materia e il post moderno offrono solo promesse illusorie e il vuoto dell'insoddisfazione. Dove si trova la verità? Dov'è il vero che appaga l'uomo definitivamente? Non può trovarsi che in Dio, visto che Egli corrisponde alle prerogative di ricerca dell'uomo ma non già nel Dio che si cerca a tentoni incespicando su tante chimere, ma nel Dio che si lascia trovare e anzi che viene deliberatamente incontro all'uomo e lo raggiunge fin nella dimensione più profonda.
Nell'Epifania siamo incoraggiati a riscoprire Dio che ci si manifesta instaurando con noi un rapporto di intima amicizia e di solidarietà senza il quale si continuerebbe a procedere per vie traverse e a tentoni.