Omelia (31-12-2006) |
padre Raniero Cantalamessa |
Il dono di un padre e di una madre per i bambini del mondo "Figlio, perché ci hai fatto così? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo". In queste parole di Maria vediamo menzionati tutti e tre le componenti essenziali di una famiglia: il padre, la madre, il figlio. Non possiamo quest'anno parlare della famiglia senza toccare il problema che in questo momento più agita la società e preoccupa la Chiesa: l'annunciata discussione parlamentare sul riconoscimento delle coppie di fatto. Non si può impedire che lo stato cerchi di dare una risposta a situazioni nuove presenti nella società, riconoscendo alcuni diritti civili a persone anche dello stesso sesso che hanno deciso di mettere insieme le proprie vite. Quello che preme soprattutto alla Chiesa – e che dovrebbe premere a tutte le persone interessate al bene futuro della società – è che questo non si traduca in un indebolimento dell'istituto familiare, già tanto minacciato nella cultura moderna. Si sa che il modo migliore di estenuare una realtà o una parola è quello che dilatarla e banalizzarla, facendole abbracciare cose diverse e tra loro contraddittorie. Questo avviene se si equipara la coppia omosessuale al matrimonio tra l'uomo e la donna. Il senso stesso della parola "matrimonio" – dal latino ufficio della madre (matris) – rivela l'insensatezza di tale progetto. Non si vede, oltre tutto, il motivo di questa equiparazione, potendosi salvaguardare i diritti civili in questione anche in altri modi. Non vedo perché questo dovrebbe suonare un limite e un'offesa alla dignità delle persone omosessuali che tutti oggi sentiamo il dovere di rispettare e amare e di cui, in alcuni casi, conosco personalmente la rettitudine e la sofferenza. Quello che stiamo dicendo vale a maggior ragione per il problema dell'adozione di bambini da parte di coppie omosessuali. L'adozione da parte di coppie omosessuali è inaccettabile perché è una adozione a esclusivo beneficio degli adottanti, non del bambino, che potrebbe benissimo essere adottato da coppie normali di papà e mamma. Ce ne sono tante che aspettano da anni. Le donne omosessuali hanno anche loro, si fa notare, l'istinto della maternità e vogliono soddisfarlo adottando un bambino; gli uomini omosessuali sperimentano il bisogno di vedere crescere una giovane vita accanto a loro e vogliono soddisfarlo adottando un bambino. Ma quale attenzione si presta ai bisogni e ai sentimenti del bambino in questo caso? Egli si troverà ad avere due madri, o due padri, anziché un padre e una madre, con tutte le complicazioni psicologiche e di identità che questo comporta, dentro e fuori casa. Come vivrà il bambino, a scuola, questa situazione che lo rende così diverso dai compagni? L'adozione è stravolta nel suo significato più profondo: non è più un dare qualcosa, ma un cercare qualcosa. Il vero amore, dice Paolo, "non cerca il proprio interesse". È vero che anche nelle adozioni normali, i genitori adottanti cercano, a volte, il loro bene: avere qualcuno su cui riversare il loro amore reciproco, un erede delle loro fatiche. Ma in questo caso il bene degli adottanti coincide con il bene dell'adottato, non si oppone ad esso. Dare in adozione un bambino a una coppia omosessuale, quando sarebbe possibile darlo a una coppia di genitori normali, non è, obbiettivamente parlando, fare il suo bene, ma il suo male. Il brano evangelico della festa termina con un quadretto di vita familiare che lascia intravedere tutta la vita di Gesù dai dodici ai trent'anni: "Partì dunque con loro e tornò a Nazaret e stava loro sottomesso. Sua madre serbava tutte queste cose nel suo cuore. E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini". Che la Vergine ottenga a tutti i bambini del mondo il dono di potere, anch'essi, crescere in età e grazia circondati dall'affetto di un papà e di una mamma. |