Omelia (07-01-2007) |
mons. Ilvo Corniglia |
Oggi celebriamo altri aspetti dell'Epifania, cioè della manifestazione di Dio in Gesù. Chi riceveva il battesimo da Giovanni, con tale gesto si riconosceva peccatore, bisognoso di essere perdonato e purificato da Dio, e manifestava pubblicamente la volontà di percorrere un cammino di conversione alla scuola e sotto la guida del Battista, per prepararsi ad accogliere il Messia. Non poteva non suscitare stupore e scandalo nei primi cristiani il fatto che anche Gesù - l'innocente, il Figlio di Dio - si sia mescolato con i perduti, in coda anche Lui aspettando il proprio turno per essere battezzato. L'Incarnazione non è soltanto il farsi uomo del Figlio di Dio, ma il farsi fratello dei peccatori, prendendo su di sé la loro realtà di peccato e accettandone tutte le conseguenze. La Croce sarà l'ultimo traguardo di questo "sprofondare", per amore, del Figlio di Dio nell'esperienza umana di lontananza e separazione da Dio. Il battesimo quindi manifesta la scelta fatta da Gesù di essere uno di noi, uno con noi. Colui, però, che per amore si è identificato con i suoi fratelli peccatori, Dio, il Padre, lo riconosce e lo manifesta come il proprio Figlio e gli dona lo Spirito Santo. La scena è estremamente suggestiva e ricca di significato. Luca evidenzia la solidarietà di Gesù col popolo, insieme al quale riceve il battesimo. Anzi il suo battesimo porta a compimento quello del popolo. In modo, poi, originale rispetto agli altri Vangeli, osserva: "stava in preghiera". Luca è attento a mostrare Gesù in costante atteggiamento di preghiera, soprattutto nei momenti decisivi della sua vita. Vuole, appunto, sottolineare il fatto che il dono dello Spirito è ottenuto dalla preghiera (cfr. Lc 11,13; cfr. At. 1,14 e 2,4; 4, 24-31...) "Il cielo si aprì". La comunicazione tra Dio e gli uomini, che era stata interrotta dal peccato, ora riprende. Il dialogo si fa nuovo e intenso. La via è libera perché lo Spirito di Dio, cioè la sua infinita vitalità e potenza, il suo amore traboccante, venga riversato sulla terra. Il primo destinatario è Gesù: "e scese su di Lui lo Spirito Santo in apparenza corporea, come di colomba". Nell'Antico Testamento lo Spirito del Signore investiva temporaneamente i suoi servi e li rendeva capaci di svolgere la missione che era loro affidata. Lo Spirito, poi, secondo i profeti, avrebbe dimorato in modo permanente nel Messia: "Su di lui si poserà lo Spirito del Signore" (Is. 11,2). "Ecco il mio servo... il mio eletto in cui mi compiaccio. Ho posto il mio Spirito su di lui" (Is. 42, 1ss).Tale promessa si realizza in Gesù. Non è facile interpretare il simbolo della colomba. Evoca lo Spirito che aleggiava sulle acque all'inizio della creazione (Gn 1,2) e, quindi, indica che con Gesù ha inizio la nuova creazione? Oppure la colomba è immagine della sposa Israele e quindi Gesù viene manifestato come lo sposo messianico che incomincia a incontrare la sua sposa, cioè il popolo, attuando la nuova alleanza? Oppure nell'immagine della colomba veniva raffigurata la Presenza di Dio. Così, per es., nel giudaismo la voce di Dio nel tempio è paragonata al tubare della colomba. In tal caso, si indicherebbe Gesù come il nuovo e vero tempio di Dio. Oppure, come la colomba si posa nel suo nido, così la potenza di Dio ha trovato finalmente la sua casa in Gesù. Qualunque sia il senso preciso dell'immagine, tuttavia si vuol dire che l'intera realtà di Dio si raccoglie e si concentra in Gesù. Egli si sente sotto la presa di Dio e, invaso dal suo Spirito d'amore, sperimenta su di sé tutta la sua tenerezza paterna. E ascolta, rivolta a Lui, una dichiarazione inaudita: "Tu sei il Figlio mio prediletto, in te mi sono compiaciuto". E' l'unica volta che nei primi tre Vangeli si ode la voce di Dio (qui e nella Trasfigurazione di Gesù). Se Dio parla è per rivelare anzitutto a Gesù, e pure a noi, chi Egli è. E' il Messia: le parole di Dio richiamano quelle già pronunciate sul Servo del Signore. (Is. 42,1ss.) Ma nel nostro testo evangelico Dio dice "Figlio mio" (cfr. Sal. 2,7), non intendendo soltanto il Messia, ma il suo Figlio unico, oggetto di tutto il suo amore. In tal modo Dio rivela l'identità di Gesù quale figlio amatissimo. E rivela se stesso come il Padre suo.E' tutta la famiglia della Trinità che è coinvolta e si manifesta in questo evento: il Figlio prediletto del Padre si trova fra gli uomini e con Lui sono presenti in mezzo a loro Dio e il suo Spirito. Il battesimo rappresenta per Gesù una svolta decisiva: ricevendo la forza dello Spirito e ascoltando la voce del Padre, dà inizio alla sua missione (cfr. At. 10,37-38) Ma il suo battesimo diventa in qualche modo simbolo e anticipo di quello cristiano. L'esperienza che Gesù fa', la partecipa ai credenti, a coloro che attraverso il battesimo sono introdotti nella comunità cristiana e lo incontrano: il dono dello Spirito e la condizione filiale rispetto a Dio. Il Battista lo aveva annunciato, dichiarando che Gesù "è più forte" di lui e la distanza che li separa è incolmabile. La superiorità di Gesù rispetto a Giovanni si evidenzia nel rapporto fra i rispettivi battesimi: "Io vi battezzo con acqua...Costui vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco". Giovanni "immerge" nell'acqua, Gesù "immerge" nello Spirito Santo. Il "fuoco" simboleggia l'azione purificatrice dello Spirito e il suo incendio d'amore nella Pentecoste (At. 2,3-4). Il battesimo cristiano è un "lavacro di rigenerazione e di rinnovamento nello Spirito Santo" (Tt. 2,3-4). La scena del Giordano, quindi, si è rinnovata nel momento del mio battesimo. Attraverso questo rito di ingresso nella comunità cristiana sono stato accolto nella Chiesa. Qui ho incontrato Gesù, che è il cuore pulsante di questa famiglia, e Gesù mi ha legato a sé per sempre. E anche su di me è sceso lo Spirito Santo invadendomi col suo amore. E anche su di me il Padre, abbracciandomi con infinita tenerezza, ha incominciato a dichiarare: "Tu sei mio figlio.Sei tutta la mia gioia". E non si è ancora stancato di ripeterlo. E ' cominciata per me la più grande avventura, la più bella storia d'amore che mai sia stata vissuta, la storia d'amore tra il Padre e ognuno dei suoi figli. Col battesimo, infatti, siamo entrati nella famiglia di Dio per pura grazia, perché Lui ci ha scelti.In questa famiglia non si vale per le opere che si fanno, per quello che si produce. Si vale solo perché Dio ci ama. E l'amore di Dio per noi è eterno. Il battesimo non può essere ripetuto, perché è una parola d'amore eterno di Dio su di noi. Un amore che ci fa figli suoi e mai nulla, neppure il nostro tradimento, potrà cancellare il fatto che siamo suoi figli. Si tratta di aiutarci a vicenda a riscoprire il dono del battesimo. Forse per molti rimane il "tesoro nascosto" che uno possiede in casa sua, ma non lo sa o non ha interesse a cercarlo. Il loro battesimo somiglia a uno di quei pacchi-dono che si ricevono a Natale e che per incuria è rimasto incartato, non è mai stato svolto. Essi non hanno ancora scoperto che cosa Dio ha regalato loro attraverso il battesimo. Perché non andare, allora, alla scoperta del tesoro? Perché non andare finalmente a vedere che cosa c'è in quel pacco dono che abbiamo ricevuto da Dio all'inizio della nostra vita? E' essenziale, perciò, trafficare questo "talento" inestimabile, sviluppandone tutte le potenzialità. Si tratta, insomma, di essere responsabili di tale dono: l'appartenenza a Gesù, prodotta dal battesimo, ci impegna a vivere come Lui, che "passò beneficando e risanando tutti" (Atti 10,38). Impegna a un cammino di "santità" insieme a tutti i battezzati. Nella "convinzione ceh, se il Battesimo è un vero ingresso nella santità di Dio attraverso l'inserimento in Cristo e l'inabitazione del suo Spirito, sarebbe un contro senso accontentarsi di una vita mediocre, vissuta all'insegna di un'etica minimalistica e di una religiosità superficiale. Chiedere a un catecumeno: 'Vuoi ricevere il Battesimo?' significa al tempo stesso chiedergli: 'Vuoi diventare santo?'Significa porre sulla sua strada l radicalismo del discorso della montagna: 'Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste' (Mt 5,48)". Santità da realizzare nelle condizioni ordinarie della vita. Il battesimo unisce intimamente a Cristo quanti lo ricevono, non soltanto i cattolici, ma anche i fedeli di altre Chiese cristiane. Ci lega perciò a loro un profondo vincolo di unità, che ci impegna a un dialogo costruttivo e instancabile nella verità e nella carità. Tutto questo ce lo richiama anche la Settimana di preghiere per l'unità dei cristiani, che si svolgerà dal 18 al 25 gennaio e avrà come tema: "Ha fatto sentire i sordi e parlare i muti" (Mc, 7, 31-37). "Tu sei il Figlio mio prediletto". Il Padre con infinito amore continua a dichiararlo a Gesù e Gesù nel suo cuore gli risponde senza sosta: "Tu sei il mio Abbà, il mio papà!". Che gioia infinita in questo dialogo incessante tra il Padre e il Figlio! Grazie al battesimo, io sono unito a Gesù e quindi anche a me il Padre ripete: "Tu sei il mio figlio prediletto!". Me ne accorgo? Mi ritaglio lungo la giornata spazi di silenzio, sia pure brevissimi, in cui poter ascoltare questa stupenda dichiarazione d'amore? Gli rispondo con Gesù: "Grazie, Abbà, papà! Ti voglio bene!"? Ecco un modo concreto di vivere il nostro battesimo. |