Omelia (14-01-2007) |
padre Gian Franco Scarpitta |
Avviso: vino nuovo per sempre potabile Vi sono due termini greci con cui si esprime la cognizione del tempo: Kronos e Kairos. Il primo di essi riguarda il tempo comunemente conosciuto la cui unità di misura siamo soliti calcolare con gli orologi, i calendari e le scadenze ossia il tempo dei mesi, dei giorni e delle ore; il secondo termine indica invece il "tempo propizio", quello in cui deve realizzarsi qualcosa di importante e di sconvolgente. Il Kairos è insomma quella "ora" di cui parla Gesù in questa pagina del Vangelo, realizzatasi la quale avverrà il compimento definitivo della salvezza e il compimento in Gesù della volontà del Padre. All'osservazione improvvisa e insolita della madre che dice: "Non hanno più vino" Gesù afferma che non è ancora giunto "il tempo propizio" quello ultimo e definitivo, che quella "ora" determinante per il riscatto definitivo dell'umanità non è avvenuta ancora, ragion per cui Gesù preferisce non manifestare ancora la sua gloria attraverso eventi prodigiosi e anche Maria, sua madre, viene per ciò stesso considerata da lui come "donna" e non come mamma. Questo appellativo così perentorio quanto distaccato e freddo (donna) potrebbe mostrare una certa indifferenza nei confronti della madre, tuttavia esso vuole solo indicare la priorità che Gesù attribuisce alla volontà di Dio piuttosto che a Maria: Dio è al primo posto nelle sue scelte decisionali, conta solo fare la sua volontà e pertanto si deve prescindere dalle relazioni di parentela e consanguineità. Quindi, potremmo suggerire una interpretazione alla risposta di Gesù a Maria sotto questi termini: "Per ora non posso compiere miracolo o prodigio alcuno poiché momentaneamente non è volontà del Padre che io mi manifesti per quello che sono. Anche se tu sei mia madre, io non posso fare la volontà tua ma quella di Dio Padre." Quando avverrà il kairos, momento definitivo nonché "ora" di Gesù? Al momento della propria autoconsegna ai carnefici che lo uccideranno; dalla croce Gesù riscatterà l'umanità intera e quello sarà il momento propizio voluto dal Padre. Per ora no, la sua "ora" non è ancora giunta. Maria tuttavia non si scompone e non manifesta stupore alcuno. Anzi, nonostante quell'osservazione da parte del suo Figlio procede ugualmente: gli rivolge un invito ad intervenire sulla situazione della carenza del vino, questa volta però non direttamente conversando con Gesù ma per via indiretta, rivolgendosi cioè agli inservienti: "Fate quello che vi dirà". Questo non già perché Maria voglia eludere la spiegazione del Signore o perché voglia ostinarsi nel soddisfare le esigenze materiali dei commensali imprudenti e poco accorti (possibile che in una festa di nozze, che durava all'epoca 9 giorni, ad un certo punto venga a mancare il vino??) ma perché sa che Gesù, nonostante non sia giunta ancora la sua "ora". Può comunque annunziare se stesso anche sotto argomenti differenti, che lui può annunciare già adesso la salvezza, anche senza la propria consegna alla morte per la resurrezione. Ecco perché Gesù interviene senza ribattere ulteriormente. Egli ordina di riempire di acqua sei giare; l'ordine viene eseguito; le giare si riempiono del prezioso liquido, vengono portate al maestro di tavola che assaggiandone il contenuto non soltanto conferma che esse contengano vino ma addirittura vino buono. Il maestro non si accorge neppure del miracolo avvenuto da parte di Gesù e se ci facciamo caso esso è uno dei pochi prodigi nei quali Egli interviene indirettamente, senza agire in prima persona. Dicevamo che in questa circostanza Gesù annuncia se stesso mostrandosi come il Salvatore, ma in che senso? Osserviamo l'acqua contenuta solitamente in quelle giare, anche prima di questo evento di Cana: essa serviva per la purificazione dei Giudei e per ciò stesso ad adempire le prescrizioni della Legge quanto alla purificazione e alle abluzioni prima del pranzo; osserviamo ora anche il vino; in tutti i tempi esso è stato un elemento di gioia atto a rallegrare il cuore dell'uomo e ad accrescere lo spirito di comunione e di armonia specialmente a tavola. Il vino in tutti i tempi e specialmente nella tradizione giudaica era elemento di gioia, di festa e per ciò stesso era molto importante. Guai se in una festa fosse mancato il vino. Certo, questo non è una bevanda vitale ed indispensabile: si sopravvive anche bevendo sola acqua, ma l'assenza di una bottiglia di vino a tavola guasta il sapore della festa ed essa non è più tale. Eccoci allora alla risposta: Gesù, intervenendo nella situazione malgrado la titubanza iniziale annuncia che è finito il tempo delle prescrizioni tassative della legge giudaica (rappresentate dalle giare); è terminato lo stesso tempo della Legge e dei decreti, nonché dei ritualismi ritenuti fino ad allora indispensabili per entrare in comunione con Dio; finito è anche il tempo in cui occorre purificarsi continuamente con atti esterni dai propri peccati. Non ci si deve infatti sottomettere alle scritture di Legge alcuna poiché adesso con la venuta di Cristo si apre la nuova prospettiva del Regno di Dio che supera il giudaismo e incentra lo stesso Signore quale via di raggiungimento della salvezza. Cristo è sufficiente per salvarsi e la sua stessa presenza e la vita in lui fonda qualsiasi legame di rapporto con Dio Padre ragion per cui, come affermerà poi Paolo, occorre camminare secondo lo Spirito nella libertà dei figli di Dio. In Cristo vi è anche la gioia perenne che non si trovava nella sottomissione alla Legge e nei vincoli di giudaismo, né si potrà mai trovare tuttora quando si è sottomessi e schiavi di legalismi assurdi e melensi o ci si muove nel solo timore delle pene delle prescrizioni: vivere secondo Cristo vuol dire agire nella libertà e nella piena responsabilità e per ciò stesso anche nella gioia. Cristo è insomma il "vino sempre buono" che non si deteriora e che rende soddisfatta tutta l'umanità e non soltanto il maestro di tavola, la bevanda capace di apportare letizia definitiva nella vita di tutti gli uomini. Tutto sta adesso a come noi viviamo la nostra appartenenza a Cristo. Se essa è per noi indice di condizionamento e reca fastidi interiori perché comporta la sua scelta con molte rinunce allora non abbiamo superato la vecchia dimensione di schiavitù e di frustrazione e ci autocondanneremo sempre alla tristezza e all'abbattimento personale. Ciò avviene quando interpretiamo i comandamenti o i precetti della Chiesa come imposizioni esterne o dei moniti minatori atti a squalificarci e a costringerci ad assumere determinate scelte, senza intravedere in essi un ausilio divino in vista della nostra vita e del perfezionamento della nostra persona: in tal caso non si vive nella libertà gioiosa dell'appartenenza a Cristo ma lo stesso Cristo viene interpretato come un tiranno o un inquisitore Ma se abbiamo accettato di Cristo il "vino buono" che Egli ha voluto offrire a noi facendoci passare da vecchia a nuova vita allora ci sentiremo liberi e la nostra gioia non potrà che essere infinita. |