Omelia (07-01-2007) |
Paolo Curtaz |
Amati Lasciati alle spalle i giorni di Natale, intensi e caotici, brevi e stordenti, passiamo quasi improvvisamente al Battesimo di Gesù, iniziando il tempo ordinario. Lo so, lo so: non sono certo io che cambierò l'anno liturgico ma, come già espresso da altre parti, non mi dispiacerebbe aggiungere qualche festa intermedia dopo il breve tempo natalizio. Inizierei, dopo l'Epifania da riposizionare di domenica (ma i santi vescovi hanno idea di quante messe diciamo fra Natale e il Battesimo di Gesù?), con la domenica della Festa della fuga in Egitto. Così facendo, magari, noi bravi cristiani ci ricorderemmo di quanto hanno penato Maria e Giuseppe in un paese straniero, clandestini come quei povericristi che vediamo sbarcare sulle nostre coste siciliane. Poi aggiungerei la domenica dello stupore di Nazareth, tema appena sfiorato dalla straordinaria festa della Santa Famiglia, per dedicare almeno qualche micro-riflessione all'assordante silenzio di Nazareth e a quei trent'anni di nulla (il 90% della vita terrena del Maestro e Signore Gesù) che danno un sapore nuovo alla quotidianità. In attesa di tali enormi cambiamenti, mi accontento di passare subito al tema di oggi, quello del Battesimo di Gesù. Neonati Il fatto che siamo tutti stati battezzati da neonati ha un valore enorme e da valorizzare: i nostri genitori (più o meno coscientemente) hanno voluto donarci tutto il loro cuore e la loro passione per Dio appena nati. Ma, ahimè, l'esperienza fisica sensibile (non quella teologica) è rimasta sepolta nel passato e, tutto sommato, il fatto di essere o meno battezzati non ci cambia di molto la vita... Se invece sapessimo cosa davvero è accaduto in quel giorno benedetto in cui un povero prete ha versato sul nostro capo l'acqua benedetta! Siamo diventati figli di Dio, concittadini dei santi, liberi di amare. Figli di Dio: forse possiamo aspirare a diventare delle grandi pop-star o dei premi Nobel, ma più che figli di Dio non potremo mai essere... e lo siamo già! Concittadini dei santi, appartenendo al grande sogno di Dio che è la Chiesa fatta di poveri peccatori (noi) ma anche di grandi testimoni. Possiamo vantarci e contare sull'aiuto dei grandi santi, chiedere la fede a Pietro o il buonumore a san Filippo o lo spirito di pace a frate Francesco... Liberi di amare: liberati dal laccio del peccato, delle tenebre, del grande inganno delle origini, salvati da Cristo possiamo, con l'aiuto del suo amore e della sua grazia, imparare ad amare come egli ha fatto. Giordano Sulle sponde del Giordano Gesù si mette in coda per essere battezzato. Lui, senza peccato, desidera da subito mettere bene in chiaro il suo stile: egli è venuto per solidarizzare con noi uomini, senza trucchi, senza privilegi. Lui, senza tenebra, ha accettato di condividere la nostra tenebra per illuminarla con la sua presenza. Isaia, nella prima lettura, deportato in Babilonia con molti ebrei dopo la disfatta di Gerusalemme, incoraggia un popolo smarrito e fragile parlando della venuta di Dio. Anche la gloria di Dio, come dice altrove Geremia, lascia il Tempio ormai distrutto e parte in catene per stare con il suo popolo. Davvero Gesù è il Dio-con-noi, senza riserve, senza parentesi. Bene amati Dopo il Battesimo Gesù prega (!) e, nella preghiera fa esperienza di essere abitato dallo Spirito Santo e tutti sentono la voce del Padre: "Tu sei il mio figlio bene-amato, in te mi sono compiaciuto" Tutti noi veniamo educati a meritarci di essere amati, a compiere delle cose che ci rendono meritevoli dell'affetto altrui; sin da piccoli siamo educati ad essere buoni alunni, buoni figli, buoni fidanzati, buoni sposi, buoni genitori, bravo parroco... il mondo premia le persone che riescono, capaci e – dentro di noi – s'insinua l'idea che Dio mi ama, certo, ma a certe condizioni. Tutta la nostra vita è l'elemosina di un apprezzamento, di un riconoscimento. Anzi, se una persona mi contraddice, mi accusa, reagisco ma in fondo penso che abbia ragione, dico: "devi arrenderti all'evidenza, tu non vali". La reazione spontanea – lontani da Dio – è allora di difesa e aggressività o di eccessiva superficialità, mi omologo, do il massimo, passo la mia vita ad inseguire l'idea di me che gli altri mi restituiscono. Dio, invece, mi dice che io sono amato bene, dall'inizio, prima di agire: Dio non mi ama perché buono ma – amandomi – mi rende buono. Dio si compiace di me perché vede il capolavoro che sono, l'opera d'arte che posso diventare, la dignità di cui egli mi ha rivestito. Allora, ma solo allora, potrò guardare al percorso da fare per diventare opera d'arte, alle fatiche che mi frenano, alle fragilità che devo superare. Il cristianesimo è tutto qui, Dio mi ama per ciò che sono, Dio mi svela in profondità ciò che sono: bene-amato. È difficile amare "bene", l'amore è grandioso e ambiguo, può costruire e distruggere, non si tratta di adorare qualcuno, ma di amarlo "bene", renderlo autonomo, adulto, vero, consapevole. Così Dio fa con me. Recuperiamo, oggi, la consapevolezza dell'immenso dono che abbiamo nel cuore e che possiamo lasciar germogliare... |