Omelia (14-01-2007)
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Commento su Giovanni 2,1-11

* Il Natale, che da poco abbiamo celebrato, ci ha raccontato l'inaudito di Dio, il vero volto dell'Altissimo che, per amore, mostra la sua divinità e la sua onnipotenza nell'umiltà e nella piccolezza di un bambino. Natale è Dio che si racconta, Dio che si rende visibile, che si lascia toccare ed amare proprio come si accarezza e si ama un bambino.
Questa domenica, iniziando il cammino del tempo ordinario, senza voler essere irriverente - alla luce del vangelo che abbiamo appena ora ascoltato (miracolo del vino alle nozze di Cana) - mi verrebbe da dire che Dio si racconta, si manifesta, in un bicchiere d'acqua trasformato in vino! Dio viene in mezzo a noi come un bicchiere di vino pregiatissimo che porta gioia ed inebria la vita!
* L'evangelista Giovanni con il suo racconto (che costituisce la prima uscita pubblica di Gesù dopo la manifestazione al Giordano e la successiva chiamata dei primi discepoli) invita il lettore a leggere in questo primo segno il compimento dell'era messianica, della venuta del Cristo sposo in mezzo al suo popolo. Attraverso le nozze di Cana possiamo leggere le nuove nozze tra Dio e l'umanità. La vecchia alleanza col popolo di Israele è diventata "vuota", infruttuosa: le giare della purificazione, simbolo della vecchia alleanza fatta di leggi e prescrizioni, sono vuote e sono sei... cioè sette (numero perfetto) meno uno, incomplete...
Ma ecco che, grazie all'intervento di Maria, arriva il Signore e tutto diventa festa: l'acqua trasformata in vino è il segno messianico della presenza di Dio, del nuovo banchetto, dei tempi nuovi inaugurati da Cristo. A Giovanni sta a cuore sottolineare che il miracolo compiuto da Gesù deve essere letto non come un fatto prodigioso, ma appunto come un segno. Infatti il nodo centrale di tutto il racconto non sta nella trasformazione dell'acqua in vino da parte di Gesù, ma in quello che la sua azione prodigiosa suscita nel cuore dei discepoli: la fede ("Gesù... manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui").
* Queste solo alcune delle tante riflessioni che si potrebbero fare a commento di questo episodio evangelico... ma oggi, visto che riprendiamo il cammino del "tempo ordinario", vorrei cercare di leggere in queste righe il volto umano di Maria e di Gesù.
* Il primo elemento, infatti, che Giovanni ci fornisce è che "ci fu uno sposalizio a Cana di Galilea e c'era la madre di Gesù... e che fu invitato anche lui con i suoi discepoli".
È bello vedere che Maria, Gesù e i discepoli, si fanno partecipi di un momento di festa della vita della gente. Già il Natale ci ha aiutato a conoscere i tratti della famiglia di Nazaret... una famiglia come tutte le altre, fatta di lavoro e di sacrifici, fatta di gioie e di preoccupazioni, fatta di quella quotidianità spicciola di cui sono fatte le nostre famiglie... eppure è la famiglia di Dio!
L'ordinario, e non lo straordinario, resta il luogo in cui il Signore Gesù si incarna; le relazioni, le amicizie, gli incontri con le singole persone, e non una ritualità vuota e scrupolosa, restano il luogo in cui Gesù si manifesta e, soprattutto, svela il volto amorevole del Padre.
* Leggendo tra le righe, ci accorgiamo che Maria rivela di essere una donna concreta, attenta alle situazioni e ai bisogni degli altri; questo le permette di accorgersi del disagio che vivono i servi e di riuscire a sapere che il motivo è la mancanza del vino... se non si pone rimedio a questa situazione la festa si rovinerebbe, dalla gioia si passerebbe alla vergogna per l'impossibilità di gestire la situazione che si è venuta a creare... "non hanno più vino".
* Maria desidera farsi vicina a questi sposi, e condivide la sua preoccupazione con Gesù, invitandolo ad intervenire. E Gesù accoglie questo invito, questa richiesta che gli viene da sua madre e compie il miracolo.
L'evangelista Giovanni raccontandoci questo miracolo come il primo compiuto da Gesù, è come se ci dicesse: sappi che se accogli Dio tutto diventa festa. Se accogli la nuova Alleanza tutto si apre allo stupore e alla gioia. Sì: Dio trasforma la nostra acqua in vino e tutto diventa festa. Ma ci sono due condizioni semplici, essenziali da vivere.
* La prima è l'offrire, il donare. Gesù chiede di riempire le giare d'acqua.
I servi fanno quello che gli è richiesto senza capire, sicuramente saranno rimasti un po' perplessi, ma obbediscono. Anche noi alle volte stentiamo a compiere i gesti che la nostra vita cristiana ci richiede: non li comprendiamo. Perché pregare? Perché restare onesti? Perché dare il meglio? Non vincono forse i furbi? Non prevalgono forse i violenti? I servi non capiscono ma obbediscono: la fedeltà è valore, la costanza diventa stupore. Questa potrebbe essere oggi la nostra preghiera: Signore, fatico ma tengo uno spazio di preghiera quotidiana. Signore fatico, ma credo che tu voglia fare della mia vita un dono per gli altri...
* La seconda condizione è imitare l'atteggiamento di Maria. Sono le uniche parole che Maria dice nel vangelo di Giovanni: "Fate quello che vi dirà". Occorre riscoprire la vita cristiana come cammino, come discepolato, come sequela del Signore. A chi lo desidera Dio propone un cammino, un percorso fatto di tanti piccoli passi, fatto di ricerca per scoprire i segni della sua presenza in mezzo a noi.
* Al pane e il vino che stiamo per offrire sull'altare, uniamo l'offerta di noi stessi, delle nostre vite perché la nostra quotidianità, vissuta alla luce della parola del Signore, possa divenire il luogo della sua manifestazione e della sua presenza. Buon cammino!

Commento a cura di don Giampiero Ialongo