Omelia (14-01-2007) |
don Maurizio Prandi |
L'umanità: scelta di Dio Come anticipavo già domenica scorsa, la liturgia ci fa contemplare la terza epifania del Signore, la terza manifestazione. Non è fuori luogo allora richiamare il percorso che Dio stesso ci ha fatto fare nelle due passate solennità e che continua a farci fare in questa seconda domenica del Tempo Ordinario: Dio si manifesta nella povertà di una casa-stalla-grotta e nella debolezza di un bambino, nella fragilità di un bambino, con la voglia di stupirsi di un bambino, con la voglia di affidarsi di un bambino... Domenica scorsa poi si è manifestato a noi nella condivisione, nella mescolanza, nell'impasto, nella non-emersione rispetto agli altri, nella confusione tra i peccatori: è la bellezza della non-differenza, del non smarcarsi rispetto agli altri. Fu invitato alle nozze anche Gesù... Oggi il vangelo ci racconta un'altra manifestazione, chiamata non miracolo, come erroneamente traduce il testo CEI, ma segno... di più: non è semplicemente un segno, ma è il primo dei segni, alla luce del quale vanno letti anche gli altri, che può aiutare ad interpretare anche gli altri. Ci dice un incanto questo segno, l'incanto della vicinanza di Dio, l'incanto di una umanità che si gioca completamente nell'incontro con altre umanità. L'epifania, la manifestazione, è in una casa, in una festa, l'epifania è nello stare a tavola, è nel gioire insieme agli altri... conoscendo il modo ebraico di festeggiare, l'epifania è danzare di gioia con gli altri. Dio a Cana inaugura un nuovo modo di essere tra gli uomini. Dio si allea con la gioia degli uomini. E non solo con la gioia spirituale, ma con la gioia sensibile, con il godimento, con il piacere. (don L. Pozzoli) Sento qui che Gesù non rinuncia alla sua umanità, anzi, la sua divinità emerge in quanto capace di vivere fino in fondo ogni relazione... è in questo senso che quello che accade a Cana è un segno paradigmatico. E' come se Gesù ci spiegasse come intende spendere la sua vita: nella relazione, nell'incontrare gli uomini e le donne là dove sono, là dove vivono la loro vita reale. Tutto quello che Gesù ha detto alle persone che ha incontrato, non lo ha fatto cadere dall'alto, ma lo ha comunicato sempre all'interno di una relazione: l'annuncio, all'interno di una relazione, il consiglio, all'interno di una relazione, il rimprovero, all'interno di una relazione, il perdono, all'interno di una relazione. E' uno stile questo, uno stile che anche la chiesa è chiamata a vivere! E' diversa una parola calata dall'alto, che ha il carattere dell'imposizione, della condanna, del giudizio, della superiorità, da una parola detta, ripeto, all'interno di una relazione, che ha il carattere della cura, della presa in carico, della condivisione. E' bellissimo che la chiesa abbia tradizionalmente letto Cana come la terza Epifania del Signore, perché conferma ciò che le altre due epifanie hanno offerto alla nostra contemplazione: l'umanità come scelta di Dio. Oggi allora siamo fortissimamente invitati a recuperare tutto un pensiero sulla nostra umanità, sulla nostra capacità di entrare e di stare in relazione con gli altri; umanità della quale troppo spesso abbiamo paura perché diciamo segnata irrimediabilmente dal limite e dal peccato. Io sento che la nostra umanità è il luogo della nostra salvezza, anche nei suoi limiti e nelle sue fatiche. Ultimamente, nell'incontro che abbiamo vissuto preti Diocesani e vescovo di Chiavari a Spotorno, è emersa questa domanda, che restituisco a voi perché ci si possa lavorare un po' sopra in questa settimana che si apre: la mia umanità è un problema da gestire o un qualcosa di cui sono ospite? Un passaggio allora che sento necessario è proprio questo: dalla censura della propria umanità alla sua valorizzazione, alla sua promozione che avviene nell'incontro con Gesù... una umanità la nostra, che deve fiorire, germogliare... "Fate quello che vi dirà... E' l'invito che ci fa la Madre di Gesù! A chi affidare la nostra vita se non alla parola di Dio che in Gesù ci viene rivolta... è legata al vino questa parola di Maria, a ciò che manca perché la gioia di quella festa sia vera, sia piena. E come se ci dicesse: Cercate la gioia? Sappiate che è possibile viverla se vi lasciate educare e guidare da Lui. Non pretendiate di sapere dove e come attingere la gioia che sempre è necessaria, perché non la troverete. Ciò che conta è la Parola di Gesù, alla quale è necessario consegnarsi senza riserve. Le riempirono fino all'orlo... E' in questo particolare che leggo lo "spostamento" che siamo chiamati a fare anche noi... le giare di pietra, allo stesso tempo rappresentano il segno della Antica Alleanza, la staticità e la tensione verso il compimento (proprio per il numero sei, che tende al sette). Riempirle fino all'orlo è un atto di obbedienza a Gesù, che è la Nuova Alleanza, è il compimento, è ciò che dà una nuova dimensione alla vita, non più ferma ma in cammino. Si è chiuso un tempo e se ne apre uno nuovo. Gli sposi non vengono mai nominati perché è Gesù lo sposo dell'umanità... il maestro di tavola si rivolge allo sposo che ha offerto il vino buono ed è Gesù che ha compiuto quel gesto: questo brano di vangelo allora non racconta un fatto di cronaca, ma racconta "la sostituzione dell'Alleanza". |