Omelia (21-01-2007) |
don Maurizio Prandi |
Un Dio che riparte dai sotterranei della storia Il Tempo Ordinario, cominciato oramai da due settimane continua a metterci di fronte all'importanza della parola di Dio: il giorno del Battesimo del Signore la voce che viene dal cielo riconosce in Gesù il Figlio prediletto e domenica scorsa, a Cana, le ultime parole di Maria a noi nel vangelo di Giovanni hanno sottolineato la priorità dell'agire la Parola di Gesù: Fate quello che vi dirà. Oggi, sottolineando in modo particolare l'ascolto nell'assemblea liturgica desideriamo riscoprirci Popolo di Dio. Sì, perché nella prima lettura siamo di fronte a una liturgia della Parola. Quali sono i suoi elementi più significativi? Anzitutto l'assemblea di tutto il popolo, uomini, donne e bambini: la Parola di Dio è per tutti e assume un valore pieno quando è proclamata davanti a tutti. Il motivo è evidente: la Parola di Dio vuole costituire il popolo del Signore; non le basta suscitare singoli desideri di bene, non le basta essere accolta docilmente da singoli individui. La Parola di Dio vuole radunare un popolo, animarlo con le promesse di Dio, unirlo con la legge di Dio. Inoltre è importante il contesto di preghiera entro cui si colloca la proclamazione della Parola di Dio. Quando la Parola è annunciata l'uomo sta non davanti a un libro, ma davanti a Dio; non si tratta di accogliere delle parole ma di accogliere il Dio vivente nelle sue parole. Per questo la preghiera non è solo un ottimo accompagnamento della Parola, ma il suo ambiente vitale, il contesto nel quale la Parola di Dio esprime se stessa con il massimo di efficacia. "Gli occhi di tutti nella sinagoga stavano fissi sopra di lui". Questo sguardo che si tiene fisso su Gesù è l'unico modo della preghiera, da cui consegue il fare perno su di lui in ogni scelta, per ogni relazione. La sottolineatura sulla presenza dello Spirito Santo che fa il vangelo va proprio in questo senso... c'è una preghiera, che tante volte ho ripetuto e lo faccio anche quest'oggi, che degli amici monaci e monache di clausura fanno ogni volta che si accostano alla parola di Dio: Spirito Santo, Padre dei poveri, Tu che elargisci i doni vieni e dimora in me! Fa' che io possa diventare mendicante della presenza vivente di Dio nel mio cuore... Possiamo fare nostra questa preghiera, perché è per tutti la Parola, cioè per ognuno di noi! Ognuno è chiamato ad ascoltarla e a condividerla, spezzarla con i propri fratelli e sorelle. Il vangelo ci dice che la Parola di Dio si compie, si realizza nel momento in cui Gesù la legge, quel giorno, di sabato, nella sinagoga... ma è vero anche che quella parola, compiuta una volta per sempre in Gesù, viene affidata ad ogni battezzato per poterla compiere ogni volta che la attua nella propria vita... ogni volta che come Gesù è capace di ripartire dagli ultimi, dai poveri, dagli oppressi, dai prigionieri... padre Alex Zanotelli direbbe che la parola si compie ogni volta che la chiesa è capace di ricominciare dai sotterranei della storia. Mi pare che davvero ci sia un annuncio centrale che traspare dalle parole di Gesù, ed è l'annuncio della Misericordia di Dio... ritorna quanto vi dicevo il giorno del Battesimo del Signore: Gesù è colui che mette in comunicazione il mio mondo, sovente fatto di miseria, con il mondo di Dio, che è Misericordia. Gesù racconta Dio perdonando, liberando, guarendo, annunciando il vangelo. Lui stesso è il perdono, la liberazione, la guarigione, il vangelo (E. Bianchi). In questo senso, e scusate se mi ripeto perché tante volte l'ho detto, possiamo leggere l'inizio della celebrazione eucaristica (atto penitenziale), che subito ci fa conoscere il nome di Dio, che è Perdono, unitamente al nostro nome, che è perdonati. A partire dalla seconda lettura di oggi, c'è una bella riflessione sul corpo che gli ospiti dell'ospedale psichiatrico giudiziario di Reggio Emilia hanno fatto insieme al loro cappellano, don Daniele Simonazzi e che voglio condividere con voi perché ci permette di gettare una luce sulle scelte di Gesù: La coscienza di un solo corpo è davvero lontana dal nostro agire, altrimenti cercheremmo di conferire sempre maggiore dignità a chi ci circonda, vorremmo onorare i maltrattati, mettere al centro gli emarginati, considerare come più importanti coloro che sono i più deboli. Non certo la nostra corsa ad ottenere per chi ha già e a voler rimuovere chi già lasciamo al palo. In questo è più grande la responsabilità di chi ha, di volta in volta, un ruolo autorevole. Chi si trova in una posizione dominante crede che trarrà vantaggio dal calpestare chi gli è assoggettato, non di rado considerando che la distruzione delle membra deboli sia indolore. Così, invece, inneschiamo soltanto un pericoloso meccanismo di distruzione personale e sociale... La società ci etichetta come membra non molto presentabili, ma la Parola di Dio ci dice ancora una volta che quella dell'uomo non è l'ultima parola su nessuno di noi, perché in Cristo nessuno potrà dire "Non ho bisogno di te" (1Cor 12,21), in Cristo c'è da testimoniare come proprio le membra più deboli siano più necessarie e come le meno onorevoli necessitino del maggiore sforzo di tutti. È tanto chiederlo alla società, ma alle singole comunità cristiane? Mi pare bello lasciarci interrogare da queste parole, parole di persone che hanno commesso feroci ed efferati delitti ma che riescono a trovare, nella Parola di Dio, speranza di una vita nuova, perché guardata con gli occhi di Dio, quel Dio che in Gesù riparte dai sotterranei della storia. |