Omelia (15-08-2001) |
padre Tino Treccani |
La Salvezza nasce dai poveri Questo brano di Luca appartiene ai racconti dell'infanzia di GESÙ: non è una dimostrazione di come sono successi i fatti, ma una RILETTURA dei fatti alla luce del grande avvenimento morte-ressurrezione di Gesù, per illuminare il cammino di fede delle prime comunità cristiane. Quindi non si tratta di curiosità storica, ma di una lettura teologica. 1. La Trinità si rivela nei poveri Nell'annunciazione, l'angelo aveva informato Maria a rispetto della gravidanza di Elisabetta, come una garanzia che niente è impossibile a Dio (1,37). Dichiarandosi "serva del Signore" (v. 38), lei concepisce Gesù e, come segno del suo "servizio" si affretta verso la casa di Zaccaria, per incontrare Elisabetta (vv.39-40). La scena mostra l'incontro delle due mamme aggraziate col dono della fecondità e della vita. Il brano mostra anche l'incontro tra due bambini, il Precursore e il Salvatore, mediante il dinamismo dello Spirito Santo. Gesù sarà concepito per opera dello Spirito Santo: Giovanni Battista esulta nel seno di Elisabetta che, piena di Spirito Santo, proclama la beatitudine di Maria. La scena mostra, soprattutto, che la Trinità si rivela nei poveri e fa di loro la sua abitazione permanente. Il Padre aveva rivelato a Maria il dono fatto ad Elisabetta, la marginalizzata perché sterile, colei che non aveva mai speranze di vita perché anziana ed incapace di concepire; lo Spirito rivela ad Elisabetta che Maria, la serva del Padre, divenne la "madre del Signore" (v. 43). Così la Trinità entra nella casa dei poveri umiliati che attendono la liberazione. In questo senso è interessante chiarire il significato dei nomi dei personaggi impegnati nella scena: Gesù (= Dio salva); Giovanni (= Dio è misericordia); Zaccaria (= Dio si è ricordato); Elisabetta (= Dio è pienezza); Maria (= l'amata). In sintesi, i poveri proclamano la "misericordia" del Dio che si ricorda dei poveri, viene ad abitare con loro perché li "ama", portando loro la "pienezza della salvezza". 2. Dio feconda la fede Le parole di Elisabetta a Maria (vv. 42b-45) si inspirano negli elogi delle donne liberatrici dell'Antico Testamento; Jael ("Che Jael sia "benedetta" tra le donne", Giudici 5,24) e Giuditta ("Oh figlia, sia benedetta dal Dio altissimo, più che tutte le donne della terra", Giuditta 13,18). Abramo, padre dei credenti, pure è "benedetto" (cfr. Gn 12,2-3). Il v. 42b si inspira anche nelle promesse di vita a Israele ("Sarà "benedetto" il frutto del tuo ventre" Dt 28,4). Elisabetta proclama Maria benedetta, cioè, beata. Nella Bibbia le persone "benedicono (danno la benedizione o dicono-bene) quando scoprono la presenza di Dio che salva. Maria è motivo di benedizione perché divenne il luogo privilegiato in cui si sperimenta Dio. L'Antico Testamento (Elisabetta e Giovanni) benedice il Nuovo (Maria e Gesù). L'Antico Testamento riconosce la nuova umanità che si sta formando nel seno di Maria, inteso proprio come ambiente privilegiato dell'esperienza di Dio. L'espressione di gioia di Elisabetta all'accogliere Maria ("Come posso meritare che la madre del mio Signore venga a visitarmi?") ricorda lo spavento di Davide nell'accogliere l'Arca: "Come verrà l'Arca di Javé per restare nella mia casa?" (2Sam 6,9). Sulla base di questo parallelismo, la mariologia tradizionale vede in Maria l'Arca della Nuova Alleanza, per il fatto di essere la madre del bambino che sarà chiamato Santo, Figlio di Dio (Lc 1,35). L'esultanza di Giovanni nel seno di Elisabetta (v. 44) è la gioia del popolo di Dio per la venuta del Messia. Con questo fatto, Luca vuole registrare la realizzazione delle aspettative messianiche: la misericordia di Dio si rivela adesso in Gesù che viene per salvare. L'elogio di Elisabetta a Maria va oltre la maternità fisica. La "beatitudine" di Maria (v. 45) è aver creduto che le cose dette dal Signore si sarebbero compiute. Così, in sintonia col vangelo di Luca, Maria appare come il "modello di discepolo". Lo stesso Gesù dice: "Felici anzitutto, coloro che ascoltano la Parola di Dio e la mettono in pratica" (cfr. 11,27-28). Maria la "schiava" del Signore (1,28) merita la beatitudine degli ascoltatori cristiani ai quali Luca, in At 2,18, chiama di servi e serve del Signore. 3. I poveri riconoscono l'azione di Dio (vv. 46-56) Il Magnificat ha molti ricordi dell'Antico testamento e segue da vicino il cantico di Anna (1 Samuele 2,1-10). Luca certamente usa qui un salmo dei "poveri di Javé", il resto del popolo fedele che rimase umilmente aperto a Dio (Sofonia 2,3; 3,11-13). Nella persona di tutti i poveri che aspettano la salvezza, Maria riconosce e si rallegra con la grandezza di Dio (1,46-47; Abacuc 3,18).Perché ha visto l'umiliazione del suo popolo povero e venne per liberarlo dagli occhi di tutti (1,48; 1 Samuele 1,11). Difatti, la maggior gloria e testimonianza della santità e della misericordia di Dio è aver assunto lui stesso la situazione dei poveri, per liberarli, dando efficacia alla loro lotta (1,49-50; Deuteronomio 10,21; Salmo 103,17). Come Dio realizza questo? Per mezzo della forza della giustizia, che inverte le situazioni sociali per creare un nuovo relazionarsi tra le persone e i gruppi umani: i poveri e i deboli sono liberati da coloro che li opprimono e sfruttano (1,51-53; 1 Samuele 2,7-8; Salmo 107,9). É il modo con cui Dio agisce e come agirà Gesù, perché la vera giustizia è difendere il povero ed il debole contro le strutture e le persone che lo opprimono. In questo riconosciamo la misericordia e la fedeltà di Dio verso il popolo che lo teme e lo serve, ricordandoci dell'alleanza che fece con Abramo, il padre del popolo di Dio (1,54-55; Genesi 17,7). Il Magnificat testimonia la gioia dei poveri che aspettano e confidano nell'azione di Dio. Ma lo stesso Dio aspetta che i poveri imparino con lui per diventare suoi strumenti nella realizzazione della giustizia che libera. Tagore diceva: " La storia dell'umanità aspetta, con pazienza, il trionfo dell'uomo umiliato". |