Omelia (02-02-2001)
Casa di Preghiera San Biagio FMA


Dalla Parola del giorno
Fratelli, poiché i figli hanno in comune il sangue e la carne, anche Gesù ne è divenuto partecipe, per ridurre all'impotenza mediante la morte colui che della morte ha il potere, cioè il diavolo, e liberare così quelli che per timore della morte erano soggetti a schiavitù per tutta la vita. Egli infatti non si prende cura degli angeli, ma della stirpe di Abramo si prende cura.

Come vivere questa Parola?
Questa festa era chiamata fin dall'antichità "festa della luce". Si portano all'altare i ceri che, accesi, brillano di vivide fiammelle a significare l'incontro nostro col Padre, in Gesù che, come dice qui la lettera agli Ebrei, "è divenuto partecipe della nostra natura umana". Egli, di cui dice Simeone nel Vangelo odierno, che è "luce per illuminare le genti", è venuto a ridurre all'impotenza un tale, che proprio sulla morte ha potere. Si tratta di Satana, il principe delle tenebre, la cui strategia è di attirare l'uomo dentro il falso luccichio degli idoli (dalla sete di ricchezza, a quella del piacere e del potere) pur di imprigionarlo in una vita dove sono assolutizzati i beni di quaggiù. E' dentro questo accecante, falso luccichio, dentro queste assolutizzazioni che la catena più pesante diventa una terribile paura della morte, di cui molti sono "soggetti e schiavi per tutta la vita". E' dunque vero: l'autentica libertà è un fatto tutto interiore, è la grazia di sentirsi liberati dalla paura di quel passaggio obbligato che, per chi non crede, è la fine di tutto, mentre per noi è, come per S. Francesco, "nostra corporal sorella morte".

Oggi, nella mia oasi contemplativa dentro il cuore, visualizzerò Maria Santissima che presenta all'altare di Dio il Figlio Gesù. Chiederò a Lei di sentirmi vivamente partecipe dell'offerta al Padre del suo Figlio, mio liberatore. E proverò a sorridere interiormente ad ogni evento di vita che vivrò con Lui. Anche alla mia morte, fin d'ora percepita come passaggio alla pienezza della Vita.

La voce di un pastore nella Chiesa di Dio
La morte, anticipata dalle varie "fratture" del corpo, non è un punto d'arrivo; è un passaggio, una strettoia che permette la nascita dell'uomo nuovo. E' il "dies natalis"[...]. Niente è più consolante del sapere che il nostro corpo risorgerà, che la morte e la separazione dalle persone care non è affatto la parola ultima.
Card. Carlo Maria Martini