Omelia (29-06-2001)
padre Tino Treccani
La missione di chi riconosce Gesù.

Il riconoscimento di Gesù-Messia è un processo che porta alla testimonianza ed alla croce. Non è una speculazione filosofica. La propria pietra, su cui Cristo edificherà la sua Chiesa, diventa pietra di inciampo (Satana), perché non pensa secondo Dio, ma secondo la mentalità di chi condannerà Gesù alla morte. Riconoscere Gesù come il messia, comporta serie conseguenze.

vv. 13-16: chi è Gesù?

Cesarea di Filippo, una specie di periferia, lontana da Gerusalemme, centro del potere politico, economico e ideologico: qui i discepoli sono stimolati a dare una risposta esaustiva: chi è Gesù?
Gesù, inizialmente, chiede ai discepoli, l'opinione della gente a suo rispetto. Le risposte sono varie e lasciano percepire che nella società circola un'opinione distorta di Gesù, proprio per causa della sua umanità (Figlio dell'Uomo): precursore, profeta. Cose vere, ma che non superano i limiti della vecchia tradizione profetica.
Allora chiede ai propri discepoli. Pietro risponde: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente". È il punto più alto del Vangelo di Matteo. Gesù è l'Emmanuele (= Dio con noi) e il Salvatore (Gesù = Dio salva, cfr. 1,25); realizza le promesse messianiche, superando la barriera dell'antico ed introducendo il nuovo: il datore della giustizia che rende nuove la società e la storia.

vv. 17-18: la comunità nasce dal riconoscimento di chi è Gesù.

La beatitudine che Pietro si sente dire da Gesù indica che nessuno è capace di riconoscerlo se non assume le sue proposte (la giustizia del Regno), che sono poi le stesse del Padre. Quindi il riconoscimento di Gesù è frutto, non di speculazioni, ma di impegno col suo progetto (pratica della giustizia). Da queste persone nasce la comunità. Ma tale confessione di fede non è facile: la comunità cresce in mezzo ai conflitti (le porte dell'inferno, ossia il potere di morte), dove le forze ostili cercano di abbattere il, progetto di Dio.
Inoltre percepiamo la grande responsabilità che Pietro riceve: nonostante i conflitti, Pietro deve conservare la ferma convinzione che il progetto di Dio trionferà. Tenere in piedi questa speranza, non si fa solo con le parole, ma con un continuo processo di conversione-confessione che testimoniano la salvezza e la vita come provenienti da Dio. Gesù indica ai vv. 21-23 in che cosa consiste il suo messianismo e Pietro, prima visto come "pietra di costruzione", diventa "Satana", perché ripropone un messianismo alternativo, già rifiutato da Gesù nell'episodio delle tentazioni (cfr. 4,1-11).
La conversione di Pietro (e dei cristiani) è la conversione al Cristo che soffre, è rigettato e muore per causa della sua lotta per la giustizia del Regno. Confessare è aderire a Gesù con tutte le conseguenze; non costruirci un Gesù a nostro piacimento.
v. 19: il progetto di Dio continua nella comunità.

Il cristianesimo è il prolungamento dell'azione di Gesù Cristo che promuove la giustizia e la rende possibile. Il potere di Gesù è un potere che comunica la vita. La sua pratica lo dimostra ed il suo nome lo comprova. Chi confessa Gesù partecipa del suo potere (darò le chiavi del Regno del Cielo) e nella testimonianza nasce la comunità (costruirò la mia Chiesa). Se la testimonianza cristiana è totale, è il proprio Gesù che agisce in lei, permettendole legare e slegare. Ma la comunità tuttavia non è proprietaria del potere di Gesù, bensì lo amministra partendo dalla testimonianza che vive e annuncia. Così facendo dimostra chi è a favore e chi è contro Gesù.
Il testo parla di Pietro e della sua coordinazione nella comunità. Qual'è la funzione di questa responsabilità? Essere punto di unione nella comunità che Cristo ha edificato con la sua vita, morte e resurrezione. È organizzarla, affinché continui il progetto di Dio. È essere colui che - a partire dalla pratica del Maestro - porti la comunità al discernimento e all'accettazione di ciò che promuove la vita, e al rigetto di tutto ciò che patrocina e provoca la morte.

Per riflettere

Noi che ci diciamo cristiani, come testimoniamo Gesù in mezzo ai conflitti della nostra società?
Cosa vuol dire oggi conservare la gioia della Buona Novella in mezzo ai conflitti del mondo? O pensiamo che la nostra società abbia già superato tutti i conflitti?
Crediamo che siamo responsabili per la continuità del progetto di Dio?
Il martirio è ancora parte costituente delle nostre comunità cristiane e sotto quali forme è vissuto?
Una chiesa senza martiri (= testimoni), è ancora la chiesa che testimonia Gesù, o testimonia sé stessa?
Quale la differenza tra "mania di persecuzione" (e suoi risvolti) e martirio?
La nostra professione di fede combacia sempre con la conversione al progetto di Gesù?
Il potere che Gesù ci ha trasmesso, come diventa un servizio dentro la comunità?
Nella chiesa esercitiamo gerarchia di poteri o di servizi? Riflettere sul ruolo delle persone e della organizzazione delle nostre comunità parrocchiali: parroco, curati, consiglio parrocchiale...
Cosa leghiamo e cosa sciogliamo nella nostra vita ed in quella degli altri?
Cosa vuol dire oggi: tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente?
Quando siamo pietra di inciampo nella costruzione del Regno di Dio?
Per noi presbiteri: come viviamo la fraternità sacerdotale ed il consiglio presbiterale (laddove esiste)?
E per finire: che impatto ha su di noi l'ardore missionario di Paolo e delle prime comunità cristiane?