Omelia (24-06-2001)
padre Tino Treccani
Dio è misericordia per i poveri.

Il racconto della nascita del precursore ha molto in comune con quello della nascita del Messia. Con ciò Luca vuole dare importanza all'ultimo profeta del Vecchio Testamento, che preparò il cammino per l'inaugurazione della storia nuova, la nascita del Salvatore.

a. Dio è misericordia per il povero (il vv. 57-64)

C'è molta gioia nelle montagne della Giudea. Elisabetta, incapace di generare figli, perché sterile, non può nascondere la sua gravidanza, essendosi completato per lei il tempo di dare alla luce. Lei e Zaccaria, suo marito, erano persone di età e senza speranze di vedere la loro vita prolungata nella discendenza. La loro situazione ricorda quella di altri nel passato delle persone di Dio, particolarmente Abramo e Sara.
La povertà di Elisabetta e Zaccaria appare anche sotto altre angolature: lei non ha chi le sia vicina nel periodo della gravidanza se non Maria; lui ha lavoro nel tempio di Gerusalemme garantito solamente per una settimana all'anno. Quindi, questa coppia è simbolo di quegli impoveriti di tutti i tempi, aspettando che la storia prenda una nuova direzione.
La storia prenderà nuova direzione perché Dio è misericordia per il povero. La nascita di Giovanni Battista, figlio di una sterile e di anziani, non è una pura casualità biologica. È, sì, il dono di Dio che favorisce i poveri. La gioia dei vicini di casa e dei parenti si basa nel fatto che Dio ricolma Elisabetta con la sua misericordia (v. 58).
Zaccaria restò muto (e sordo) nel momento che realizzava le cerimonie nel tempio. Con ciò Luca vuole sottolineare la novità contenuta nel nome del figlio. I parenti suggerirono che il bimbo si chiamasse Zaccaria, come il padre (v. 59). Ma la madre insiste nel caratterizzare il fatto come un intervento straordinario di Dio che è misericordia per i poveri. Infatti, il nome Giovanni - assente in tutto la parentela della coppia - vuole dire "Dio è misericordia". Il padre concorda e, senza sentire né parlare, scrive su una tavoletta: Il suo nome è Giovanni" (v. 63). Leggendo i fatti con gli occhi della fede, possiamo garantire che Dio costruisce la nuova storia con i poveri. La generazione dei poveri non porta più le stigmate del passato (discriminazione delle persone, sospette di essere punite da Dio). Sono portatori dell'amore misericordioso del Dio fedele. E le prime parole di Zaccaria sono lode a questo Dio (v. 64).

b. I poveri preparano la venuta di Regno (vv. 65-66.80)

C'è molta attesa nelle montagne di Giuda. I poveri commentano i fatti. Ricostruiscono il tessuto della storia sotto l'ottica dei nullatenenti notando, per mezzo del nome dato al bambino, che il Dio in cui credono è lo stesso partner alleato di Abramo, degli impoveriti ed emarginati di tutti i tempi: "La paura prese poi possesso di tutti i loro vicini di casa, e per tutta la regione montagnosa della Giudea, si commentavano questi fatti. E quanti ascoltavano li conservavano nel cuore" (vv. 65-66a). Là, lontano dai centri del potere politico e religioso (nelle colline delle nostre favelas latinoamericane, per es.) nasce e cresce la storia della fedeltà di Dio ai suoi poveri.
Le persone si animano: "Cosa sarà di questo bambino? " (v. 66b). Per i semiti, il nome indica il programma di vita delle persone. Giovanni sarà l'annunciatore della misericordia di Dio. Infatti, nel suo programma, Gesù dirà: "Lo Spirito di Dio è su me, perché mi consacrò con l'unzione, per annunciare la Buona Notizia ai poveri" (v. 4,18a). I poveri preparano l'arrivo di Regno.
Giovanni Battista cresceva e si fortificava nello spirito. Abitava nel deserto, fino al giorno in cui si manifestò ad Israele (v. 80; cf. 3,2). La storia dei poveri ricomincia nel deserto, come nel passato, lontano dai centri di decisione. È là che più tardi si dirigono le persone ansiose per un cambiamento radicale nella società (il cf. 3,3-17).

Per riflettere

I poveri sanno aspettare, perché vivono il tempo di Dio. Non sono esseri perfetti; hanno i loro numerosi dubbi, ma anche una fede potente nel Dio misericordioso. La società attuale ci stimola ad avere sempre più cose, in eccesso: anche il superfluo diventa un bisogno necessario. Con la mia testa europea rimango attonito davanti all'intraprendenza dei poveri: con poco sanno fare miracoli. Mi vedo pieno di cose e più cose e percepisco che la vita non vale le cose che possiede. Dio è misericordia ed i tanti Giovanni me lo insegnano. Ma ancora mi rimane il dubbio: sarà proprio vero che sono i poveri ad aprire il cammino del regno dei Cieli? Cosa può dare un deserto? In questo paese ricchissimo di tutto, la stragrande maggioranza delle persone sono povere; devono arrivare a fine mese con un misero salario; devono vestirsi, curarsi. Eppure hanno ancora il coraggio di sorridere e danzare; la loro lingua si scioglie e sa benedire a Dio. Sempre dicono: "Se Dio vuole..." Noi europei interpretiamo questo detto come una rassegnazione al destino; loro, i poveri, lo dicono perché ci credono. Hanno imparato la speranza da Elisabetta e Zaccaria.
Cos'è il mio voto di povertà? Cosa significa l'elemosina? Crescere e fortificarsi nello Spirito: ecco un'altra contraddizione tipica di noi cristiani. Vogliamo accumulare, per difenderci dagli imprevisti; parliamo di spirituale ed abbiamo le case piene di ogni ben di Dio; diamo il primato allo Spirito, in teoria; nella pratica è il portafoglio che conta. Andiamo a fare una settimana, un mese di "deserto", per ritornare presto alle oasi del ben-pensare e del ben-avere. Siamo diventati sterili, miscredenti e quindi incapaci di rallegrarci come il popolo delle montagne della Giudea che oggi continua nei bassifondi delle metropoli o, chissà, vicino alla nostra porta di casa.
I grandi del G8 decidono dall'alto del loro potere, si sentono in diritto di fare i conti in tasca, specialmente in quei paesi che permettono loro di continuare a stare in alto. L'efficienza e la forza di un Golia può un giorno confrontarsi con la miseria e la piccolezza di tanti piccoli Davide. La "spazzatura" mondiale ha già dato segni che non sopporta più questo dominio e comincia a varcare i confini dei nostri stati opulenti. Sono i nuovi Lazzari che non possono più vivere di briciole; le nuove vedove di Naim, stanche di perdere i loro unici figli. Non è l'apocalisse delle paure stupide; è l'apocalisse di Dio, della vergogna che ci fa arrossire, dell'incoerenza davanti alla scelta profonda: o Dio o il denaro. Se scegliamo Dio, scegliamo il povero, scegliamo di vivere con lui e come lui, perché Dio è padre di tutti i nostri fratelli e sorelle. Ma preferiamo spesso essere dei bastardelli, i figli delle tenebre, credendo di poter nascondere dietro etichette sedicenti cristiane, l'irresponsabilità ed il peccato di usurpazione. Usurpiamo le culture, riducendole a vassalle della nostra ideologia economica; usurpiamo le persone facendo loro credere che non hanno né storia, né radici, perché li abbiamo classificati di "incivili", "animisti", lontane dal Dio vero, il nostro che, purtroppo, spesso muore sommerso dai numerosi idoli che ci siamo costruiti. Diciamo che è utopia cambiare la società. Perché non vogliamo cambiare noi stessi. Preferiamo il "si salvi chi può".
Eppure, Elisabetta, sterile e anziana, dette alla luce. Zaccaria, povero cerimoniere di un Tempio grandioso, diventa muto e sordo alla notizia della possibile paternità. Davanti ai fatti si scioglie la sua lingua, sa riconoscere le meraviglie di Dio e lo benedice. Così comincia la nuova storia, quella che i poveri sognano, desiderano e fanno. È la storia che sa gioire, perché una nuova nascita è sempre carica di tante speranze.