Omelia (18-02-2007)
don Mario Campisi
Problematica del perdono

Gesù nelle beatitudini aveva dichiarato beati i perseguitati e minacciava di "guai" i persecutori: ma quale deve essere l'atteggiamento del perseguitato nei confronti del persecutore?

Partiamo dall'uomo di oggi. Non la pensano tutti allo stesso modo. Perdonare o non perdonare? La domanda è stata posta più volte negli ultimi anni a proposito dei criminali – o presunti tali – di guerra e non.

Nel mondo cristiano diversi sono stati i pareri: perdonare sì, ma far pagare, anche quando le persone sotto accusa non potevano più nuocere... Ci sono state manifestazioni di piazza... Le manifestazioni di piazza non dicono molto né possono essere determinanti: ci sono di mezzo i partiti politici, le orchestrazioni, i mestieranti delle agitazioni. Ma anche tra i cattolici si sono levate voci contrarie alla remissione della pena, in nome di una vera giustizia e delle sue esigenze.

La società è percorsa da tensioni di ordine ideologico, sociale, economico, religioso: nulla di strano in una fase problematica come la nostra.

All'interno della Chiesa radicalismo di destra e di sinistra. E la diversità di vedute quasi genera sempre conflitti, condanne, campanilismi. In campo politico su questa strada si arriva sino al delitto.

Oggi si trovano scusanti per chi cade nel peccato sessuale e per il ladro: non si perdona la diversità delle idee: persone amiche si dividono per motivi ideologici.

L'uomo della strada non perdona al compagno di viaggio di avere fortuna. L'impiegato non perdona al collega una più rapida carriera. I politici si azzannano a vicenda all'interno dello stesso partito. Anche tra gli uomini detti di "chiesa" l'invidia è di casa.

Ecco, invece, che da Gesù arrivano le risposte esaurienti. L'impostazione del discorso è positiva e dinamica.

La questione del perdono o non perdono per Gesù non si pone. Egli va molto avanti. Sembra insinuare che al perdono del nemico potevamo arrivare anche da noi facendo uso di buon senso e di ragionamento. Egli proietta i suoi verso traguardi molto più avanzati: amare, beneficare, benedire i nemici, pregare per loro. Il perdono poteva sembrare già un atto di eroismo; Gesù non gli accorda molto peso: vuole molto di più.

Gesù non è venuto ad insegnare quello che già gli uomini sanno e fanno: salutare chi saluta e prestare a chi rende. E' venuto a spostare in avanti i traguardi dei rapporti umani, a scoprire orizzonti nuovi. La sua dottrina è originale. Ha detto quello che altri non avevano il coraggio di dire, lasciandosi alle spalle le belle massime del mondo antico.

Amare i nemici tenendo lo sguardo fisso al Padre: a questo patto si diventa figli effettivi di Dio: l'amore del nemico rende degli di Dio, accorcia le distanze tra l'uomo e Dio. L'uomo figlio di Dio per natura perché portatore della scintilla della divinità lo diventa moralmente, spiritualmente attraverso l'amore del prossimo e in particolare del nemico.

Alla problematica del perdono o non perdono Gesù risponde con un'impostazione che polverizza tutte le sottigliezze umane.

E allora: "Come si lascia un margine ad ogni foglio di carta che si scrive, per le note, le correzioni e tutto ciò che non si è ancora trovato, per la verità che si spera, lasciamo attorno alle nostre idee il margine della fraternità" (Jean M. Guehenno).

E invidia, gelosia, sete di vendetta siano soltanto esca da gettare nel fuoco dell'amore.