Omelia (25-02-2007)
don Marco Pratesi
Davanti a chi mi prostro?

La prima lettura ci invita, col Vangelo, a farci questa fondamentale domanda: a chi mi prostro? Chi è mio signore? Non è questione, infatti, di non avere signori: illusorio. La questione è invece appunto chi, cosa io serva.
Nella professione di fede che il Deuteronomio fa fare all'israelita che offre le primizie del raccolto, ci sono due riconoscimenti.
Primo: mio padre era soltanto un vagabondo errante per le strade del mondo senza meta e senso.
Secondo: ci siamo trovati in una oppressione gravissima. Il testo insiste molto su questo punto con due terne di termini: "gli Egiziani ci maltrattarono, ci umiliarono e ci imposero una dura schiavitù... il Signore vide la nostra umiliazione, la nostra miseria e la nostra oppressione". Eravamo sotto il potere di chi non ci amava e ci sfruttava per sé, senza possibilità alcuna di liberarci.
Abbiamo gridato, il Signore ci ha liberato e donato gratuitamente la terra. Presento questi frutti per dire che ho ben presente tutto questo, e lo esprimo col gesto della mia prostrazione: so bene che questi prodotti del mio lavoro sono puro dono.
A chi, dunque, mi prostro? A chi penso di dovere la mia vita? Ognuno chieda il discernimento al Signore e risponda.
Come cristiani, sappiamo bene di essere stati anche noi sottratti ad una condizione di erranza senza meta (cf. 1Pt 2,25). In un mondo dove abbondano proposte e sollecitazioni di ogni genere, è facilissimo vagare nella storia fluttuando in essa senza identità né scopo.
Come cristiani siamo chiamati a liberarci dalle schiavitù dei tanti idoli che sembrano darci vita, ma in realtà sostengono solo se stessi col nostro sangue.
Da nessuno dipende la nostra vita se non dal Signore: "lui solo adorerai" (Lc 4,8). La quaresima ci richiama a questa essenzialità: dobbiamo prostrarci solo di fronte a Dio; per essere di tutto il resto signori.

I commenti di don Marco sono pubblicati dal Centro Editoriale Dehoniano - EDB nel libro Stabile come il cielo.