Omelia (04-03-2007)
don Marco Pratesi
Uscire

Il libro della Genesi ci racconta nella prima lettura l'alleanza che Dio stipula con Abramo. In quel momento Abramo è privo di figli, e Dio gli promette una discendenza numerosa come le stelle; e a questa discendenza promette una terra.
Il racconto dello squartamento degli animali ci mostra la stipulazione dell'alleanza secondo le usanze mediorientali: ognuno dei contraenti passava in mezzo agli animali, e al loro sangue, come gesto assolutamente impegnativo: "mi succeda come a questi animali se non terrò fede a questo patto".
Come si vede, in questo caso soltanto Dio - come fuoco - passa in mezzo agli animali: si tratta quindi di un impegno unilaterale. Pensiamo sempre molto a quello che noi facciamo per Dio, ma è molto più grande quello che Dio fa per noi!
Ad Abramo è richiesto di credere, avere fiducia. Dio, infatti, è "il Signore che lo ha fatto uscire da Ur dei Caldei per dargli in possesso il paese".
Ancora una volta, Dio si definisce non tanto in termini astratti, quanto a partire da quello che fa nella storia umana e dalle relazioni personali che stabilisce. Con le definizioni siamo noi a "dominare" Dio, o almeno così ci sembra. Avendo di fronte un Dio che si definisce nella storia, siamo invece indotti entrare in rapporto con lui.
Abramo ha già creduto, uscendo dalla sua terra: è chiamato, per arrivare al conseguimento pieno della promessa, a continuare questo suo itinerario nella fede.
Anche Gesù, ce lo racconta il Vangelo, si affida al Padre e compie il suo esodo a Gerusalemme, sulla croce e nel sepolcro. È la sua - e la nostra - strada verso la risurrezione.
Nel tempo di quaresima anche noi siamo chiamati a scoprire Dio come "colui che ci fa uscire", a metterci in cammino, in istato di Esodo. Dobbiamo uscire dal nostro vecchio mondo, noioso forse ma rassicurante, alla volta del mondo nuovo, quello che Dio ci promette e ci propone.
Quello che ci propone non è ceramente "ragionevole": è esagerato, eccede di molto le nostre attese. Si tratta per prima cosa di dilatare il nostro desiderio fino a fargli raggiungere la dimensione "delle stelle del cielo", di Dio stesso. Non accontentiamoci del poco, desideriamo e chiediamo pienezza di vita. Il Signore vuole darci la terra promessa, il suo "riposo" (Sal 95,11).
Spesso si cerca vita abbondante per le strade dell'autoaffermazione, del successo, del benessere, dell'isolamento dagli altri. Presto o tardi si fallisce, e allora ci rassegniamo alla vita grama del "tamerisco nella steppa" (cf. Ger 17,6). In ogni modo, organizziamo il nostro viaggio da noi. Magari dopo, a cose fatte, chiamiamo Dio a proteggerci, non si sa mai; ma questa non è la via della vita.
La strada è quella di Abramo e di Gesù: affidarsi al Signore e uscire, con lui. Senza altra sicurezza che quella proposta oggi dal salmo: "Il Signore è mia luce e mia salvezza".
Via il vecchio lievito, e tutto il Signore faccia nuovo (cf. 1Cor 5,7-8): cuori, parole, opere.

I commenti di don Marco sono pubblicati dal Centro Editoriale Dehoniano - EDB nel libro Stabile come il cielo.