Omelia (04-03-2007) |
Agenzia SIR |
Attesa in Avvento, vigilanza in Quaresima. Più che un binomio vorrebbe essere lo stile della continuità e della sapienza contenuta nell'intero anno liturgico, in modo particolare nel tempo della Quaresima che stiamo vivendo. Quel deserto e quella presenza del diavolo che ha caratterizzato la 1°domenica quaresimale, hanno indicato come anche oggi si vive nel deserto dell'indifferenza e pressappochismo, sentendo tutta la fatica di andare in profondità facendo scelte autentiche. Senza vigilanza, perciò, si rischia di addormentarsi e lasciarsi prendere dal sonno come è accaduto per Pietro, Giacomo e Giovanni protagonisti della trasfigurazione di Gesù. Il cristiano è quell'uomo e quella donna che si lascia scegliere da Dio per trasfigurare il mondo e non per trasformarlo. Ma è possibile cambiare volto al mondo, pur con le molteplici forze che remano contro la fede cristiana e la religione in genere? Il mondo "di fuori" trova un nuovo volto se il mondo "di dentro" viene rispecchiato nel Cristo e il Vangelo. In quel "prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni" da parte di Gesù vi è sintetizzato il suo stile: stare con Gesù e da lui imparare a pregare e amare. Uno stare simbolo di un radicamento sempre più urgente in una società che corre sulla lastra della superficie e dell'effimero. Le scelte pastorali di una parrocchia, dunque, siano un aiutare a lasciar cadere ciò che appesantisce il cammino umano e spirituale di ogni uomo per indicare che nell'essere presi da Gesù, vi è il cuore del fondamento della fede e di ogni vocazione. Per molte comunità cristiane questo periodo è caratterizzato dalla visita del parroco (e del suo coadiutore dove è presente); perché, allora, non ripensare questa preziosa opportunità sia per i sacerdoti che per i parrocchiani per ripensare assieme la propria vita di parrocchia, senza limitarsi al solo (per quanto importante) incontro a volte vissuto in pochi minuti? Famiglie che rientrano la sera in casa, spesso in palazzi e quartieri dormitorio, si sentono prese nell'intera giornata tutt'altro che da Gesù e la preghiera. Si sentono prese e avvinghiate dalla precarietà del lavoro, dalle spese da contenere, dai figli che crescono, dalla malattia e dalla sofferenza. La comunità cristiana, pertanto, è tale se ogni suo componente viene chiamato a scegliere, a decidere, a dare il proprio contributo, competenza. In quel prendere i tre discepoli, i primi tre pescatori incontrati da Gesù, vi è indicata una caratteristica dell'agire pastorale da parte di Gesù stesso: nella preghiera comune e nell'essere insieme si vive quella reciproca trasformazione del cuore che porta a trasfigurare le scelte personali e di comunità alla luce della fede. Ecco perché incontrare e parlare con la gente sono un primo passo di quella trasfigurazione dei volti reciproci. Ma la bellezza dell'incontro di Dio in Cristo è tale se viene portata, annunciata, condivisa. Ecco perché la tenda dell'elite Dio Padre non la farà mai piantare! Partecipare della vita in Dio significa divenire attenti ascoltatori di ciò che egli continua a dire nell'agire della storia. La "voce diceva: questi è il Figlio mio ascoltatelo" perché i discepoli iniziassero a declinare il verbo ascoltare nelle sue varie forme e modalità. La Chiesa italiana nel porre i giovani all'attenzione in questo triennio ha messo proprio l'ascolto alla base di questo primo anno. Ascoltare è un dono e un servizio: implica umiltà e stupore. Se si ascolta nel profondo, con il cuore in mano, si sente il bisogno di fare silenzio e la risposta non può essere immediata, quasi a macchinetta. In "quell'essi tacquero" ci si senta stimolati a dare una risposta matura, adulta e di senso ad ogni domanda sensata che viene posta. Commento a cura di don Giacomo Ruggeri |