Omelia (18-03-2007)
padre Gian Franco Scarpitta
La libertà decisionale

Si era detto la volta scorsa che Dio non impone a nessuno un cambiamento di vita troppo repentino e controproducente, ma lascia che noi ci prendiamo tutto il tempo che abbiamo a disposizione per assimilare la necessità di rompere con il peccato, la bellezza della vita spirituale e i vantaggi che comporta il preferire Dio a tutte le altre alternative futili e banali: Dio ti chiama a conversione ma vuole che tu sia convinto ed entusiasta della tua conversione, pertanto non vuole affrettare i tuoi passi ma piuttosto metterti nelle condizioni di comprendere quanto sia bello ritornare a lui e vivere secondo i suoi pensieri, offrendoti tutti gli elementi perché tu possa davvero prendere coscienza che la vita nel peccato è perniciosa e deleteria mentre il cammino nella via del Signore è quello più conveniente e garantito. Correlato a questo concetto, ce n'è un altro che riguarderà la lettura del brano di vangelo odierno: Dio ci lascia liberi.

Se nelle domeniche precedenti siamo stati edotti sulla pazienza di Dio nell'attendere la nostra decisione di tornare a Lui, oggi veniamo istruiti sulla paternità divina che, oltre ad attendere con pazienza e fiducia, rispetta la nostra libertà decisionale proprio come questo genitore bonario e compiacente che non lesina a soddisfare la richiesta di questo figlio perverso dandogli la parte di eredità che gli spetta: secondo le legislazioni vigenti all'epoca, una simile richiesta, giacché comportava che il padre di famiglia fosse privato dei beni che ancora appartenevano a lui (essendo ancora in vita) si affinava ad una appropriazione indebita molto grave, per la quale si prevedeva la condanna a morte per espropriazione e lesa paternità; il padre a avrebbe potuto, a buon diritto denunciare la tracotanza del figlio e ottenere giustizia, invece... Gli concede quanto chiede e lo lascia libero di andare per i propri orizzonti senza neppure preoccuparsi di come il giovane spenderà la sua parte di eredità. Il figlio perverso scialacqua tutti i beni in donne, piaceri voluttuari e dissolutezze comportandosi da irresponsabile giacché non si cura neppure di crearsi un avvenire e di investire quel denaro in un'attività redditizia che possa garantirgli la sopravvivenza decorosa per sempre, fino a quando si ritrova senza un soldo e costretto ai lavori più umili per tirare a campare.
A quel punto avviene che cosa? Attenzione: non la presa di coscienza del male commesso e della sua indegnità, ma la constatazione del suo stato di estrema indigenza e miseria che lo porta a rimpiangere la casa del padre, dove perfino i servi e i salariati hanno di che nutrirsi, mentre lui non sa se domani sarà ancora in vita. Insomma: non fa ritorno a casa (almeno sulle prime) perché convinto della sua mancanza nei confronti del padre, ma perché mosso dal solo desiderio di sfamarsi; ma questo non esclude che il padre lo possa riabbracciare: vedendolo arrivare da lontano, senza neppure dargli il tempo di aprire bocca per giustificarsi gli corre incontro, lo bacia e comanda per lui una festa. Quella sarà la vera circostanza in cui il figlio riconoscerà di avere peccato e si pentirà nell'intimo oltre che a parole: nella gestione della sua libertà di scelta ha compreso che nulla poteva da solo, che aveva bisogno del sostegno e della continua vicinanza del padre, che doveva solo attendere che arrivassero momenti più propizi per decidere autonomamente e che intanto non doveva lasciare il proprio focolare domestico. Ma soprattutto comprende che il padre, ben lungi dall'accoglierlo con riprovazione e cattiveria, lo ha sempre amato e ha sempre mirato alla sua vera realizzazione e alla vita piena del suo giovane figlio e se gli aveva concesso la libertà di andarsene di casa era per il semplice fatto che nel suo amore nutriva rispetto incondizionato delle sue scelte.
La triste esperienza è stata così di supporto alla conversione poiché questo ragazzo l'ha realizzata in senso pieno.
Come dicevamo all'inizio nella parabola del Padre misericordioso noi riscontriamo come Dio rispetti la nostra libertà incondizionata nella decisione di scegliere la via del bene o la via del male e questo nella sola finalità che noi si comprenda che la prima è sempre preferibile alla seconda.
Dio non obbliga nessuno ad obbedire alla Sua volontà. Sicché si può scegliere fra l'affidarsi a Lui o il rifuggirLo. Nel secondo caso avverrà che Dio non si dimenticherà mai di noi né mancherà di manifestarci il suo amore e la sua premura nei tentativi contini di richiamarci a sè. Da parte nostra invece si precipita nell'illusione di trovare vita e realizzazione nelle false certezze e alla fine ci si scopre perdenti e fallimentari nella nostra stessa peccaminosità. Ma proprio in questo noi troviamo un ulteriore monito giustificato e motivato alla scelta di Dio poiché proprio la falsità delle nostre certezze ci mette a raffronto con la necessità che aspiriamo a lui e non è esagerato affermare che una delle prospettive con cui noi possiamo avere elementi validi per la conversione è appunto l'esperienza del nostro male, della nostra ingenuità e della presunta nostra capacità di autoaffermazione che Dio concede volentieri in alcuni ambiti di peccato. Non che Dio voglia abbanondonarci al male, ma semplicemente lui permette che noi sperimentiamo la nostra libertà decisionale peccaminosa per vincere il peccato. Fra volere e permettere c'è differenza.

La parabola del Padre Misericordioso che attesta all'ulteriore pazienza e alla sollecitudine di Dio nei riguardi dei suoi figli è la più adeguata al nostro rallegramento in vista della Pasqua che si avvicina secondo l'obiettivo della Domenica presente che la Chiesa denomina Domenica del Laetare. Rallegriamoci di avere un padre misericordioso che sa prescindere dal nostro peccato.