Omelia (04-03-2007) |
don Bruno Maggioni |
Le piccole gioie sulla via della Croce Il racconto evangelico della trasfigurazione, (Lc 9,28-36) vuole essere una rivelazione rivolta ai discepoli: il suo oggetto è il significato profondo e nascosto della persona di Gesù e della sua opera. La nube, la voce, e la presenza di Mosè ci pongono in direzione della grande teofania del Sinai, modello di tutte le teofanie bibliche. Con questo si afferma che Gesù è il nuovo Mosè, il profeta definitivo, e che in Lui giungono a compimento l'Alleanza e la legge. Altri tratti, come le vesti candide e il volto splendente, ci dicono che Gesù, incamminato verso la Croce, è in realtà il Signore. È proprio in questo Gesù incamminato verso la Croce che troviamo il compimento dell'Alleanza e della legge. Ma dobbiamo essere più precisi, la trasfigurazione non intende semplicemente rivelare il futuro che attende Gesù, ma anche manifestare il significato profondo che la realtà di Gesù già ora possiede. In altre parole, la trasfigurazione non è soltanto la rivelazione in anticipo della futura risurrezione di Gesù, ma è una rivelazione di ciò che Gesù è già: il Figlio di Dio. Di più: la trasfigurazione non è soltanto una rivelazione dell'identità profonda di Gesù e della via della Croce. È nel contempo una rivelazione dell'identità del discepolo. La via del discepolo è come quella del Maestro, ugualmente incamminata verso la Croce e verso la risurrezione. E anche per il discepolo la risurrezione non è una realtà semplicemente futura, ma è già una realtà presente e anticipata. La comunione con Dio è già operante. E di tanto in tanto questa realtà profonda e pasquale, normalmente nascosta, affiora. Nel viaggio della fede non mancano momento chiari, momenti gioiosi all'interno della fatica dell'esistenza cristiana. Occorre saperli scorgere e saperli leggere. Il loro carattere è però fugace e provvisorio, e il discepolo deve imparare ad accontentarsi. Pietro desiderava eternizzare quell'improvvisa chiara visione, quella gioiosa esperienza: «Maestro, è bello per noi stare qui. Facciamo tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia». È un desiderio che rivela un'incomprensione dell'avvenimento («Egli non sapeva quel che diceva»). I momenti gioiosi e chiari disseminati nella vita di fede non sono il definitivo, ma soltanto una sua pregustazione: non sono la meta, ma soltanto un annuncio profetico di essa. La strada del discepolo è quella della Croce. Dio offre un'anticipazione, ma poi bisogna fargli credito, senza limiti. Come ha fatto Abramo (prima lettura), che si è fidato della promessa di Dio giocando su di essa tutta la propria esistenza. |