Omelia (11-03-2007)
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I LETTURA: Es 3,1-8.13-15
Questo brano biblico ci presenta la figura di Mosè: un predestinato, salvato dalle acque che doveva sopravvivere perché destinato ad una grande missione. Questo è il momento della chiamata: Dio si manifesta con segni straordinari perché il compito che gli deve affidare è altrettanto straordinario.
La sequenza dei verbi in questo brano ci delinea la fisionomia profonda dei due personaggi in questione: Mosè, la cui storia è nota: salvato dalle acque da parte della figlia del Faraone; coinvolto in una lite per difendere un suo fratello ebreo; fuggito per paura nel deserto; difensore delle figlie di Ietro; ora umile pastore del gregge del suocero. Per caso arriva al "monte di Dio, l'Oreb" e diviene spettatore di un fenomeno straordinario: un roveto che arde e non si consuma; "guardò... voglio avvicinarmi a vedere".
Dio, presente nel roveto, vede che Mosè si avvicina e lo chiama per nome, Mosè risponde "Eccomi!" : è già l'uomo disponibile ad essere strumento dell'opera salvifica di Dio. (ricordiamo a questo punto coloro che, pronunciando questa parola "eccomi" si sono resi disponibili ad accogliere prontamente la volontà di Dio: Samuele – Isaia - la Vergine Maria)
Ora i verbi che seguono (vv.7.8) indicano un Dio sollecito nei confronti del suo popolo: ho osservato - ho udito – conosco - sono sceso - per liberarlo - per farlo uscire....
Dio è sceso per salvare il suo popolo: potrebbe agire da solo e subito, invece si sceglie un collaboratore che, eseguendo i suoi ordini porterà a termine questo compito estremamente impegnativo nell'arco di ben 40 anni
Dio, dunque si fa presente, interviene con lo straordinario per polarizzare l'attenzione dell'uomo e questi si avvicina a Dio per vedere, per capire; ed è a questo punto che Dio si rivela come colui che è, come colui che vede. Questo reciproco conoscersi (lo scambio dei nomi) sta all'inizio del cammino dell'Esodo; è all'inizio del nostro cammino quaresimale, un cammino di conversione: Dio ci chiama per nome, ci fa conoscere il suo nome e nel suo nome possiamo intraprendere il percorso da lui voluto il cui punto di arrivo si chiama Pasqua.

VANGELO: Lc 13,1-9
Il brano del Vangelo odierno è costituito da due sezioni, sono due brani "provocatori".
Nel primo (vv.1-5) alcuni sottopongono a Gesù un problema che è di tutti i tempi: si sono verificati due avvenimenti che scuotono la coscienza suscitando interrogativi difficilmente risolubili:
- Una aggressione atroce da parte di un potente (Pilato) nei confronti di alcuni galilei che sono stati trucidati con il pretesto di un sacrificio fatto agli dèi: l'uomo che si serve della propria autorità per opprimere i deboli macchiandosi così di sangue innocente.
- Una fatalità: una torre che improvvisamente crolla e 18 persone ne rimangono schiacciate.
Tali avvenimenti suscitano una domanda: PERCHE'?; Dio si serve di questi imprevisti per eliminare i cattivi? Tale è il criterio con il quale l'uomo sarebbe tentato di agire: i genocidi, le torture, le condanne a morte, l'eutanasia, sono la manifestazione di questo criterio umano e superficiale che ritiene giusto eliminare colui che sembra irreversibilmente malato nella mente o nel corpo; che può nuocere o che non porta alcun vantaggio alla società. Ma Gesù rivela quale sia il criterio di Dio in proposito: Egli desidera soltanto la salvezza e che perciò ognuno orienti costantemente il proprio cammino e le proprie scelte soltanto a Lui: A colui che si preoccupa soltanto di accumulare ricchezze, Dio dice: "Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato di chi sarà?"(Lc 12,20). Il timore di una morte improvvisa deve essere perciò un richiamo per una conversione, per mutare cioè la direzione dei nostri interessi fondamentali, dei nostri desideri.
La seconda parte del Vangelo (vv. 6-9) è una piccola parabola: due personaggi e una vigna. Il padrone del terreno vede un albero di fichi che non produce, vuole perciò arrivare ad una soluzione, il taglio dell'albero. Il vignaiolo invece vuol salvare l'albero: si può provare a curarlo meglio, ancora per un anno, per offrirgli la possibilità di riprendere la produzione dei frutti e così lasciarlo in vita. Quest'ultima, quella del vignaiolo è la logica di Dio. Anche qui Dio ci viene presentato come colui che vuole salvare, colui che concede tempo, colui che aspetta (cfr. il padrone della vigna in Is 5:
"... aspettò che producesse uva..."; il padre del figlio prodigo aspetta a lungo il ritorno, la conversione del figlio). Per di più in questa narrazione viene sottolineato che l'attesa di Dio è un'attesa operosa: Egli mette in atto quelle cure (zappare, concimare) finalizzate ad una possibile ripresa del fico sterile. Una realizzazione anche dal punto di vista umano, una migliore qualità di vita, è ciò che Dio desidera per noi per poter così essere capaci di accogliere il suo dono di salvezza volgendo a Lui il nostro cuore. A questo è finalizzato il tempo della quaresima, il tempo dell'attesa paziente di Dio.

II LETTURA: I Cor 10,1-6.10-12
La II lettura riprende il tema di dover leggere gli avvenimenti drammatici come un ammonimento, una esortazione a vigilare e uno stimolo alla conversione.
Mentre gli episodi riportati dal Vangelo sono fatti contemporanei, Paolo, in questo brano della I Corinti, si rifà alla storia dei padri dell'AT. Il cammino dell'Esodo con le sue vicende è stato scritto "come esempio" (cfr. v. 6 e v. 11). L'Esodo, cioè, nella sua lettura tipologica diviene immagine del cammino esistenziale del cristiano e (nella riflessione in questa III domenica di quaresima) del cammino quaresimale che comprende l'uscita da un vissuto distante da Dio e il ritorno (lungo e faticoso) ad una vita di più intensa fede. Continuando l'applicazione tipologica, Paolo vede nella roccia che dissetò e dette vigore a coloro che attraversarono il deserto, la presenza di Cristo che oggi nel mistero eucaristico ci offre quel cibo e quella bevanda spirituale, la forza incomparabile per sostenere la fatica del nostro cammino di conversione.
Nonostante fossero tutti avvolti dalla stessa nube e tutti sostenuti dall'acqua di quella roccia, molti di loro non poterono conquistare la meta: la loro colpa fu la mormorazione.
Il dubitare di Colui che agisce, che opera per la nostra salvezza, che ci nutre per sostenere il nostro cammino, il non riporre in Lui ogni speranza, è ciò che arresta il nostro cammino: l'albero diventa sterile, senza frutti: Anche qui il castigo subito dai nostri padri costituisce un "esempio" una Parola di Dio che invita ad aderire con fede alla suo amore che salva.

SALMO RESPONSORIALE (Sal 102)
Dopo aver percorso con crescente interesse e commozione le letture di questa domenica che ci svelano in profondità quale sia il sentimento di Dio nei confronti dell'uomo ribelle e infedele, possiamo cantare con il salmista:

Benedici il Signore, anima mia,
quanto è in me benedica il suo santo nome.
Egli perdona tutte le tue colpe,
guarisce tutte le tue malattie;
Ha rivelato a Mosè le sue vie,
ai figli d'Israele le sue opere
Buono e pietoso è il Signore,
lento all'ira e grande nell'amore.
Come il cielo è alto sulla terra,
così è grande la sua misericordia
su quanti lo temono

L'Eucarestia di oggi ci appare come il roveto ardente che arde ma non consuma. Accostiamoci a vedere questo grande mistero, allora udremo la voce di Dio che ci chiama ciascuno ad unirci al sacramento dell'umanità di Cristo che presente nel fuoco dello Spirito non si consuma ma trasforma anche noi che a Lui ci uniamo mangiando e bevendo dalla Roccia spirituale. Rinvigoriti da questo nutrimento possiamo essere così messaggeri dell'amore misericordioso di Dio che perdona e salva.

Commento a cura delle Benedettine di Citerna