Omelia (11-03-2007) |
padre Antonio Rungi |
Dio attende con pazienza la nostra conversione Terza domenica di Quaresima. Il Vangelo di oggi, tratto da San Luca, ci invita a dare una svolta seria alla nostra vita. Ci spinge versa una conversione autentica, altrimenti il rischio della perdizione della propria vita è reale e non solo ipotetico. Alcuni fatti di cronaca nera dei giorni di Gesù, citati nel testo del vangelo di oggi, fanno pensare seriamente a come regolarsi circa la propria vita morale. Nessuno è più o meno colpevole rispetto ad altri, ma è certo che ognuno deve pesare attentamente le sue azioni e dirigerle verso il bene e la propria santificazione. La pazienza di Dio è davvero infinita ed egli attende in ogni momento della storia personale di ciascuno di noi il tempo della conversione e del rinnovamento. Ma questo tempo di conversione non si può attendere in modo indeterminato. A leggere i testo del Vangelo c'è da riflettere sullo stretto rapporto tra eventi disastrosi quali segni ed avvertimenti per cambiare modo di vita e meglio rispendere alle esigenze della propria fede. "In quel tempo si presentarono alcuni a riferire a Gesù circa quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva mescolato con quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù rispose: "Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subito tale sorte? No, vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quei diciotto, sopra i quali rovinò la torre di Siloe e li uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo". Disse anche questa parabola: "Un tale aveva un fico piantato nella vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: Ecco, son tre anni che vengo a cercare frutti su questo fico, ma non ne trovo. Taglialo. Perché deve sfruttare il terreno? Ma quegli rispose: Padrone, lascialo ancora quest'anno, finché io gli zappi attorno e vi metta il concime e vedremo se porterà frutto per l'avvenire; se no, lo taglierai". Il fico che non produce, di cui ci riferisce il brano del Vangelo di oggi, a conclusione di tutto il discorso fatto, è chiaro esempio di come bisogna aver pazienza ed attendere i tempi necessari per la conversione delle persone. Quando l'aridità spirituale avanza nella vita di un cristiano, quando la fede traballa, quando non si ha più speranza nel domani, tutto sembra crollare e tutto viene interpretato alla luce del pessimismo. In realtà, il credente è l'uomo che spera contro ogni disperazione e quando tutto sembra impossibile ed irraggiungibile allora si accende quella luce che fa ripartire la vita di grazia nella propria esistenza, dimentica di Dio. Il testo della prima lettura, tratta dal libro dell'Esodo, ci narra la chiamata di Mosè ad essere il condottiere del popolo di Israele verso la libertà e la terra promessa. Dio parla al patriarca nel roveto ardente e gli indica la missione che dovrà portare a compimento. E' questa l'occasione per Mosè di conoscere il nome vero di Dio: Egli è Colui che è. "In quei giorni, Mosè stava pascolando il gregge di Ietro, suo suocero, sacerdote di Madian, e condusse il bestiame oltre il deserto e arrivò al monte di Dio, l'Oreb. L'angelo del Signore gli apparve in una fiamma di fuoco in mezzo a un roveto. Egli guardò ed ecco: il roveto ardeva nel fuoco, ma quel roveto non si consumava. Mosè pensò: "Voglio avvicinarmi a vedere questo meraviglioso spettacolo: perché il roveto non brucia?". Il Signore vide che si era avvicinato per vedere e Dio lo chiamò dal roveto e disse: "Mosè, Mosè!". Rispose: "Eccomi!". Riprese: "Non avvicinarti! Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo sul quale tu stai è una terra santa!". E disse: "Io sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe". Mosè allora si velò il viso, perché aveva paura di guardare verso Dio. Il Signore disse: "Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido a causa dei suoi sorveglianti; conosco infatti le sue sofferenze. Sono sceso per liberarlo dalla mano dell'Egitto e per farlo uscire da questo paese verso un paese bello e spazioso, verso un paese dove scorre latte e miele". Mosè disse a Dio: "Ecco io arrivo dagli Israeliti e dico loro: il Dio dei vostri padri mi ha mandato a voi. Ma mi diranno: Come si chiama? E io che cosa risponderò loro?". Dio disse a Mosè: "Io sono colui che sono!". Poi disse: "Dirai agli Israeliti: ''Io-Sono'' mi ha mandato a voi". Dio aggiunse a Mosè: "Dirai agli Israeliti: Il Signore, il Dio dei vostri padri, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe mi ha mandato a voi. Questo è il mio nome per sempre; questo è il titolo con cui sarò ricordato di generazione in generazione". Dio è l'essere per eccellenza. Il Vecchio catechismo, improntato sulla filosofia cristiana, metteva in risalto questo aspetto e nella sintesi dottrinale affermava: "Dio è l'essere perfettissimo, creatore del cielo e della terra". Oggi che i concetti filosofici sono messi da parte, nella catechesi e nell'insegnamento cristiano riesce difficile fare un discorso teologico, senza utilizzare anche un discorso filosofico. Dio quale essere perfettissimo è detto a chiare lettere anche nel testo biblico. Un essere che sempre è esistito e sempre esisterà, perché eterno, perché in lui c'è solo Amore e chi ama è eterno e si eternizza. Un richiamo alla storia del popolo di Israele, al suo andare verso la vera libertà e alla pienezza della vita, viene fatto nella seconda lettura di oggi, tratta dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi: "Non voglio che ignoriate, o fratelli, che i nostri padri furono tutti sotto la nube, tutti attraversarono il mare, tutti furono battezzati in rapporto a Mosè nella nube e nel mare, tutti mangiarono lo stesso cibo spirituale, tutti bevvero la stessa bevanda spirituale: bevevano infatti da una roccia spirituale che li accompagnava, e quella roccia era il Cristo. Ma della maggior parte di loro Dio non si compiacque e perciò furono abbattuti nel deserto. Ora ciò avvenne come esempio per noi, perché non desiderassimo cose cattive, come essi le desiderarono. Fratelli, non mormorate, come mormorarono alcuni di essi, e caddero vittime dello sterminatore. Tutte queste cose però accaddero a loro come esempio, e sono state scritte per ammonimento nostro, di noi per i quali è arrivata la fine dei tempi. Quindi, chi crede di stare in piedi, guardi di non cadere". Il messaggio è evidente in questo brano e l'Apostolo vuole sottolineare la necessità di non mormorare contro Dio, né ribellarsi contro la sua volontà. Chi agisce mettendosi contro Dio apertamente i risultati sono ben noti non solo agli israeliti, ma anche ai cristiani. L'obbedienza della fede, la disponibilità piena nei confronti di Dio che rivela la sua volontà anche nel momento della prova e della sofferenza è il modo migliore per camminare in sintonia con colui che è nostra guida e pastore verso i pascoli della salvezza eterna. Il Salmo 102 ce lo ricorda in modo esplicito oggi: "Benedici il Signore, anima mia, quanto è in me benedica il suo santo nome. Benedici il Signore, anima mia, non dimenticare tanti suoi benefici. Egli perdona tutte le tue colpe, guarisce tutte le tue malattie; salva dalla fossa la tua vita, ti corona di grazia e di misericordia. Il Signore agisce con giustizia e con diritto verso tutti gli oppressi. Ha rivelato a Mosè le sue vie, ai figli d'Israele le sue opere. Buono e pietoso è il Signore, lento all'ira e grande nell'amore. Come il cielo è alto sulla terra, così è grande la sua misericordia su quanti lo temono". E nella preghiera la sua misericordia ed il perdono delle nostre fragilità, con l'impegno di cambiare vita e strada, ovvero di convertirci a vita nuova: "Dio misericordioso, fonte di ogni bene, tu ci hai proposto a rimedio del peccato il digiuno, la preghiera e le opere di carità fraterna; guarda a noi che riconosciamo la nostra miseria e, poiché ci opprime il peso delle nostre colpe, ci sollevi la tua misericordia. Amen". |