Omelia (18-03-2007) |
don Marco Pratesi |
In cammino verso una terra La prima lettura ci racconta l'ingresso nella terra promessa e la prima pasqua in essa celebrata. Un testo breve, che rischia di passare ingiustamente inosservato. Il fatto è preceduto dal passaggio del fiume Giordano, descritto con tratti che richiamano il passaggio del Mar Rosso. Un accostamento che si legge anche nel salmo 114: "Il mare vide e si ritrasse, il Giordano si volse indietro. Che hai tu, mare, per fuggire, e tu, Giordano, perché torni indietro? (vv. 3-4). Il salmista tralascia i quarant'anni nel deserto e lega direttamente i due eventi. Il fatto è che l'uscita dall'Egitto è connessa all'entrata nella terra, e viceversa! Qui c'è un insegnamento non secondario: non basta uscire, bisogna anche arrivare. Non basta camminare, bisogna avere una meta. Non basta essere liberi-da, bisogna essere liberi-di (o liberi-per). Non basta fuggire da qualcosa, bisogna andare verso qualcos'altro. Può sembrare ovvio ma non lo è, almeno per due motivi. Primo: oggi si assiste non di rado a una specie di canonizzazione dello stato di provvisorietà esistenziale, pensato come unica situazione possibile e quindi in sostanza definitiva, per cui, come si dice, "la meta è la strada". Tutto quello che possiamo fare è camminare, non arrivare. Secondo: spesso, se non in teoria, nei fatti ci dimentichiamo della meta, e viviamo come se il cammino fosse fine a se stesso. Allora il richiamo alla meta è fondamentale: camminiamo verso un traguardo, abbiamo da entrare nella terra promessa. La storia deuteronomistica, di cui il libro di Giosuè fa parte (essa comprende inoltre Deuteronomio, Giudici, 1 e 2 Samuele, 1 e 2 Re), sottolinea che la terra è grazia, puro dono. Essa è donata dalla libera gratuità di Dio a Israele, che se ne impadronisce quasi senza sforzo: abbiamo a questo proposito presente, proprio nel libro di Giosuè, poco dopo il brano che oggi meditiamo, la storia emblematica della presa di Gerico (c. 6). Per questo intrinseco legame tra dono e donatore, nell'Antico Testamento si nota poi un movimento, per il quale Israele tende a scoprire come terra promessa Dio stesso: è il Signore il vero "luogo del riposo" (cf. p. es. Sal 16,5-6, da accostare a Dt 10,9; 18.2; e Sal 73,24-26). Con questo siamo giunti al Vangelo di oggi. Terra promessa non è forse l'abbraccio del Padre misericordioso, che nella sua totale gratuità accoglie i suoi figli e li avvolge con le vesti della salvezza? Non è questa la vera pasqua a noi offerta e proposta? Questo è il luogo dove abbiamo da arrivare, questa la meta verso la quale camminiamo, in questa quaresima, come in ogni nostro sentiero sulla terra. I commenti di don Marco sono pubblicati dal Centro Editoriale Dehoniano - EDB nel libro Stabile come il cielo. |