Omelia (08-03-2007)
don Romeo Maggioni


È antichissima tradizione della Chiesa di Roma compiere durante il tempo quaresimale un pellegrinaggio dentro la città verso la Pasqua, "fermandosi" (di qui il termine "stazione", ossia luogo di fermata) ogni giorno attorno ad un luogo che custodisce la memoria di un martire. Oggi la "stazione" è a S. Maria in Trastevere: i cristiani di Roma si radunavano attorno ai corpi dei martiri Callisto, Cornelio, Giulio e Calepodio, sepolti sotto l'altare. Sin dal secolo VI si legge in questo giorno il Vangelo del povero Lazzaro, quasi a voler legare strettamente il culto rivolto al Cristo presente sull'altare con quello al Cristo presente nei poveri. La pagina evangelica di Luca descrive una delle situazioni più comuni nella vita di oggi. L'uomo ricco che banchetta lautamente non è relegato al passato, e anche Lazzaro non è una figura scomparsa. Due persone, due situazioni. Lazzaro con gli occhi attento al ricco in attesa di qualche briciola, e il ricco, invece, che fa tutto come se Lazzaro non esistesse, neppure lo vede. Era accecato dalla ricchezza, una cecità che continua ancora oggi nelle nostre città e nel nostro mondo: un popolo di poveri sta alla porta dei ricchi, alla porta della vita, in attesa delle briciole che cadono dalla tavola di chi banchetta lautamente. Davvero quel ricco ha perso anche il volto, oltre che il nome. Dio, invece, sceglie Lazzaro e lo chiama per nome, come si fa con gli amici, perché, scartato dagli uomini, possa partecipare al suo banchetto. Per il Signore, e quindi per i suoi discepoli, la distanza tra il ricco e Lazzaro è uno scandalo inaccettabile e non può trovare alcuna giustificazione. Anche il ricco, se ascolta la Parola di Dio, aprirà i suoi occhi e si accorgerà dei tanti Lazzaro di questo mondo e proverà commozione per loro.