Omelia (17-03-2007)
mons. Vincenzo Paglia


Gesù continua ad ammaestrare i discepoli su un altro aspetto della preghiera. Oltre la perseveranza e la fiducia "quando ci si rivolge a Dio" è necessaria l'umiltà. È facile invece che ci poniamo davanti al Signore come quel fariseo che presumeva di essere giusto e confidava solo in se stesso. La fiducia in se stessi soppianta quella in Dio e fa diventare cattivi e duri verso gli altri. Il fariseo saliva al tempio non per chiedere aiuto o per invocare misericordia, bensì per elogiarsi e mostrare quindi a Dio i suoi diritti. Il pubblicano, pur essendo benestante e riverito oltre che temuto nella vita, si sentiva, al contrario, bisognoso e saliva al tempio a mani vuote, non per offrire ma per chiedere. Era un mendicante di perdono, e il suo comportamento invita ciascuno a confessarsi debole e peccatore. Per Gesù solo il secondo è esempio del credente, perché non confida in se stesso, nelle proprie opere, nei suoi beni o nella propria reputazione, bensì solo in Dio. È ancora il paradosso evangelico: chi si innalza sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato. Sta scritto, infatti, nel salmo: "Chi è povero, cerca il Signore".