Omelia (01-11-2000) |
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Omelia per il 1 novembre 2000 - Tutti i Santi NESSO TRA LE LETTURE Dov'è l'identità cristiana? La liturgia di questa festa ci dà una buona risposta. Autenticamente cristiano è colui che vive lo spirito che anima le beatitudini pronunciate da Gesù nel gran discorso della montagna (vangelo). È cristiano veramente chi porta il sigillo di Dio sulla fronte e indossa la bianca veste lavata nel sangue dell'Agnello (prima lettura). O, meglio ancora, cristiano è colui che è stato fatto figlio di Dio e vive con l'ardente speranza dell'incontro definitivo con il Padre (seconda lettura). MESSAGGIO DOTTRINALE Presente e futuro. Nella seconda lettura e nel vangelo esiste una forte tensione tra il presente e il futuro, tensione propria dell'essere e dell'operare cristiano. C'è tensione tra l'adesso, in cui già siamo figli, e ciò che non si è ancora manifestato, ciò che saremo dopo la nostra morte; tra la realtà presente della grazia, che agisce in modo salvifico nell'uomo, e il mistero che il futuro ci riserva nella presenza ed intimità di Dio. C'è tensione tra la prima e l'ottava beatitudine, riferite al presente (beati i poveri di spirito, perché di essi È il regno dei cieli; beati i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi È il regno dei cieli) e le altre beatitudini, in cui la motivazione è sempre nel futuro: i mansueti possederanno in eredità la terra, quelli che piangono saranno consolati, quelli che hanno fame e sete di giustizia saranno saziati, i misericordiosi otterranno misericordia, i puri di cuore vedranno Dio, gli operatori di pace saranno chiamati figli di Dio. È la tensione di ogni esistenza cristiana e della vita stessa della Chiesa. Il cristiano, per mezzo del battesimo, GIÀ è salvato, GIÀ è figlio di Dio, GIÀ ha un piede in cielo. Ma la condizione storica dell'uomo da una parte, e, dall'altra, il suo libero arbitrio, lasciano la porta aperta a un futuro sconosciuto e incerto. Chi può assicurare infallibilmente all'uomo che userà bene la sua libertà fino al momento finale della sua esistenza? Per questo, il carattere definitivo della salvezza e della comunione con Dio non può cessare di essere trasferito al futuro, anche se, certamente, con la speranza posta nella misericordia del Padre. Il sigillo di Dio sulla fronte. Il sigillo, su un oggetto o su un animale, indica appartenenza. Il sigillo di Dio sulla fronte dell'uomo indica coloro che hanno accettato di appartenere a Dio. Tale sigillo ha la lettera tau, l'ultima lettera dell'alfabeto ebraico, che, come l'omega in greco, rimanda a pienezza e compimento. Per questo, il numero di 144.000 dei sigillati da Dio, indica l'ampiezza universale dei salvati, presi da tutti i popoli a da tutti i punti cardinali. Questi non soltanto appartengono a Dio, ma indossano una veste bianca lavata nel sangue dell'Agnello. Cioè, sono stati salvati in quanto hanno reso effettiva nella loro esistenza l'opera redentrice di Cristo. D'altra parte, la tau ha forma di croce greca, per cui sembra obbligato il riferimento alla croce di Gesù Cristo. Nel sangue di quest'ultimo l'uomo peccatore ha lavato i suoi peccati, e nel legno della croce Cristo ha inchiodato la condanna che pendeva su ciascuno di noi. Codesto sigillo divino lo riceviamo nel momento del battesimo, in cui Dio ci fa figli del suo amore. Questo è il sigillo di coloro che si trovano dentro il Regno dei cieli e vogliono vivere in esso degnamente, incarnando in sé, nel lungo cammino della vita, le beatitudini. Perché la santità battesimale non è un albero già perfettamente formato, ma un seme, che deve crescere e giungere a trasformarsi in albero. Nella misura in cui il Regno di Dio e le beatitudini si sviluppano in noi, in tale misura diventiamo santi ed eredi del cielo. La santità, grazie a Dio, non ha nulla di magico né di automatico. SUGGERIMENTI PASTORALI Le beatitudini al contrario. Beati i ricchi (i ricchi di beni materiali, i ricchi di scienza e di tecnica, i ricchi di fama e di potere), perché di essi è il regno della terra. Beati gli iracondi, i collerici, quelli di carattere impositivo, i prepotenti, perché essi spoglieranno la terra dai deboli e impotenti, dai mansueti di cuore, dai "buoni a nulla" e dagli incapaci. Beati coloro che ridono e quelli a cui la vita e tutto il mondo sorride, perché essi pensano di avere già il paradiso sulla terra e non avranno bisogno di essere consolati. Beati quelli che non hanno fame né sete di giustizia, perché già sono sazi di ingiustizie, di meschinità e di malvagità. Beati quelli senza misericordia, i duri di cuore, perché non hanno bisogno di misericordia, perché essi non accettano la debolezza della dolcezza e della pietà. Beati i contaminati da amori macchiati, da amori illeciti, da amori marcatamente egoisti, perché essi resteranno ciechi per le cose di Dio, per tutto ciò che sia altruista, spirituale e divino. Beati coloro che lavorano per la guerra, i violenti, i costruttori di armi e di missili, perché essi saranno chiamati figli di Marte, eroi della mitraglietta, e stanno collaborando alla costruzione di un futuro nuovo, la cui legge fondamentale sarà la legge della giungla. Beati quelli che sfuggono alla giustizia degli uomini per mezzo di influenze o di tangenti, perché di essi è il regno di questo mondo, e in questo mondo vivono come re. Il porre le beatitudini al contrario ci può aiutare a valutare molto di più tutta l'energia rivoluzionaria, tutta la forza imponente delle vere beatitudini. È la differenza che esiste tra un uomo santo e un criminale. Il Cielo. Ci sono coloro che vogliono fare un cielo della terra, ed altri che vogliono fare una terra del cielo. Entrambe le posizioni distano molto dalla discrezione cristiana davanti al mistero infinito che ci sfugge. Dobbiamo anelare ardentemente al cielo, ma dobbiamo rispettarne con cuore semplice ed intelligenza illuminata il carattere misterioso. Dobbiamo confessare che coloro che hanno voluto costruire nella terra un cielo, si sono sbagliati tanto grossolonamente che gliene è venuto un inferno. Ma dobbiamo ammettere, allo stesso modo, che coloro che sono saliti dalla terra al cielo hanno perduto radicalmente la bussola del mistero. Non vogliamo supplire alla nostra ignoranza del cielo addobbandolo con spezie della terra. Accettiamo ciò che ignoriamo e i limiti di ciò che sappiamo. Perché sappiamo che il cielo si riassume nella comunione eterna dei salvati con Dio uno e trino, e con tutti i fratelli che hanno accettato nelle loro vite la salvezza di Dio. Sappiamo che tale comunione concederà a ciascuno nella sua individualità, e come membri della Chiesa celeste il massimo di felicità di cui si può godere. Sappiamo che godremo di tale felicità divina con il nostro essere integrale, corpo ed anima. Accettiamo questa dotta ignoranza, con fede e con amore. |