Omelia (01-04-2007) |
don Remigio Menegatti |
Mio Dio, mio Dio, perchè mi hai abbandonato? (292) Per comprendere la Parola di Dio alcune sottolineature La prima lettura (Is 50, 4-7) ci parla del Servo sofferente. Una figura misteriosa in cui possiamo ritrovare alcuni sia aspetti della storia di Israele, sia qualche personaggio specifico di questa vicenda. I cristiani riconoscono in questo Servo soprattutto Gesù in quanto risponde alla proposta di Dio per ascoltare la Parola di salvezza e portarla agli sfiduciati del suo popolo. Per questa sua missione incontra l'opposizione di tanta gente, ma non rinuncia alla sua missione, confidando nella presenza e assistenza di Dio, in cui pone la sua piena fiducia. Il vangelo (Lc 22, 14-23,56) è il lungo racconto della Passione e morte di Gesù, chiamato comunemente "Passio". Come altri martiri, Gesù trova nella preghiera la forza per non tirarsi indietro, consapevole della sofferenza a cui va incontro ma soprattutto dell'amore di Dio Padre che lo sostiene. Il suo stile diventa forza e invito anche per i suoi discepoli, coscienti che pure loro sperimenteranno il rifiuto e l'opposizione di tanta gente. Alcuni riescono ad accogliere la sua novità, come il Centurione che sotto la croce lo riconosce come Figlio di Dio. Salmo 21 Mi scherniscono quelli che mi vedono, storcono le labbra, scuotono il capo: «Si è affidato al Signore, lui lo scampi; lo liberi, se è suo amico» . Un branco di cani mi circonda, mi assedia una banda di malvagi; hanno forato le mie mani e i miei piedi, posso contare tutte le mie ossa. Si dividono le mie vesti, sul mio vestito gettano la sorte. Ma tu, Signore, non stare lontano, mia forza, accorri in mio aiuto. Annunzierò il tuo nome ai miei fratelli, ti loderò in mezzo all'assemblea. Lodate il Signore, voi che lo temete, gli dia gloria la stirpe di Giacobbe, lo tema tutta la stirpe di Israele. Il salmo che usiamo nella liturgia è solo una parte del salmo 21. Il versetto, che in questa domenica alterniamo alle varie strofe, richiama le parole di Gesù in croce, che poi sono le prime parole del salmo. Parole che prese da sole possono disorientare e dare l'impressione di un grido senza speranza e pieno di ribellione. Il salmo potrebbe apparire come l'eco della disperazione di chi, proprio nella sofferenza e nel rifiuto di tutti, si sente abbandonato anche da Dio. Se fosse così sarebbe una dichiarazione che contesta l'infedeltà dell'Altissimo. In realtà il salmo ripercorre la strada della sofferenza che non viene risparmiata neppure a chi accetta di essere fedele a Dio e confidare in lui. Una sofferenza che non causata direttamente dal Signore, quanto invece da chi si oppone a lui. Una sofferenza che non risparmia i messaggeri dell'Eterno. Tale situazione mette in discussione la fiducia del testimone, fino a quando non sperimenta la liberazione donata da Dio, e si apre quindi al canto della gioia – "ti loderò in mezzo all'assemblea" –. Un canto a cui sono invitati anche coloro che ascoltano con fede la vicenda del testimone di Dio. La sofferenza può diventare così esperienza della potenza di Dio, e non causa di rifiuto di lui. Un commento per ragazzi Ci sono partite che si vincono solo all'ultimo momento, e la festa appare ancora più grande. L'ultimo tratto di strada, quando il sentiero si fa ancora più impervio e le forze sembrano abbandonarci, rende ancora più significativo il momento in cui si raggiunge la vetta. Una telefonata inattesa può recare ancora più gioia delle solite, perché ci annuncia qualcosa che desideravamo, ma sembrava ormai solo un'illusione. Spesso sono delle persone apparentemente estranee a comprendere le cose che si rivelano soluzione di una ricerca che sembrava destinata all'insuccesso. Il servo di Dio appare uno sconfitto, destinato solo a soffrire, incontrando il rifiuto proprio di coloro a cui è stato mandato. Un servo – che si tratti di un popolo, di un personaggio significativo o dello stesso Gesù non cambia molto – appare come uno sconfitto. Se poi si ascoltano solo alcune delle sue parole, possiamo venir confermati nella nostra idea: lui stesso, e per primo, denuncia il suo fallimento e soprattutto l'abbandono da parte di chi lo aveva mandato. "Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato?" sono parole che ci lasciano qualche perplessità sul vero volto di Dio che è andato delineandosi anche in questa quaresima. Un volto che appariva benevolo, di padre buono che accoglie il figlio, un Dio fedele che chiama Abramo e Mosè, che rivela il volto del Figlio anticipando il senso della sua risurrezione. Un Dio che accompagna il cammino del suo popolo, mostrando tanta pazienza, come pure abbraccia il figlio che aveva sperperato oltre al denaro anche la dignità. Invece, proprio alla fine di tutta questa lunga ricerca, iniziata con la vittoria sulla tentazione, quando tutto sembra naufragare a pochi metri dalla riva...allora si rivela in pienezza la forza di questo amore. La preghiera di Gesù in croce inizia con le espressioni dell'abbandono: non tanto abbandono da parte di Dio, quanto un abbandonarsi nelle sue braccia, nella mani forti del Padre che non è mai venuto meno alla sua promessa. Il centurione, un pagano, un estraneo alla storia di Israele e alle sue esperienze di fede, è il capofila di una schiera infinita di persone, appartenenti a tanti popoli della terra, che vengono conquistati dalla fedeltà di quel "servo sofferente" e arrivano a dichiarare forte e chiara la loro fede in Gesù: il Figlio di Dio. Gesù diventa per loro il segno più grande della fedeltà del Padre, fedeltà manifestata non solo verso il suo Unigenito, ma anche per tutti coloro che dalla vita, morte e risurrezione di Gesù sono stati conquistati e resi veri figli di Dio. Entriamo quindi nella settimana santa, la "grande settimana", non come spettatori di vicende già conosciute, bensì come protagonisti della nostra storia. Non siamo tanto curiosi di sapere come va a finire la vicenda di altri, del resto non nuova. Siamo invece coinvolti direttamente, perché è la nostra avventura che, se vissuta fino alla fine, ci porta a condividere la fede del centurione, ma soprattutto la fiducia infinita del Figlio che sa bene che il Padre non lo abbandona neppure quando la situazione sembra ormai compromessa. La storia della salvezza non è esente dal dolore e dalla paura della sconfitta, ma ci assicura che Dio cammina a fianco dei suoi, perché in lui è fondata la loro vera gioia, la salvezza che li porta a dire "è davvero il Figlio di Dio", e a imitare la sua sconfinata fiducia in lui. Un fiducia ampiamente ripagata. Un suggerimento per la preghiera "O Dio onnipotente ed eterno" noi ti rendiamo grazie perché nel tuo grande amore ci "hai dato come modello il Cristo tuo Figlio, nostro Salvatore, fatto uomo e umiliato fino alla morte di croce". Egli è la tua Parola vivente; con la sua vita manifesta la grandezza del tuo amore. Ti chiediamo: "fa' che abbiamo sempre presente il grande insegnamento della sua passione, per partecipare alla gloria della risurrezione." Così saremo anche noi vincitori insieme con te, e la nostra gioia sarà vera. |