Omelia (01-04-2007) |
Omelie.org (bambini) |
Dopo il brano di Vangelo, lunghissimo e doloroso, che abbiamo appena ascoltato, l'unica cosa da fare è rimanere in silenzio e custodire nel cuore queste parole preziose. Siccome il racconto della Passione di Gesù, proposto dall'evangelista Luca, è veramente ricco e profondo, ci può aiutare fermare nella memoria qualche frase, che ci accompagni durante questa Settimana Santa. Il racconto di Luca comincia con un'espressione di serenità, mentre Gesù e gli apostoli sono a tavola. Gesù dice infatti: "Ho desiderato ardentemente di mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione". Gesù sa che quella è la sua ultima cena. Sa che è il suo addio agli apostoli, sa che l'ora del dolore si avvicina. Eppure usa parole di gioia e di affetto per rivolgersi ai discepoli. Dice di aver desiderato moltissimo celebrare la Pasqua insieme a coloro che ama. Come ultimo saluto e insieme come immenso dono, lascia l'Eucaristia. Prende il pane e poi il vino, pronuncia parole di benedizione e spiega ai Dodici: "Questo è il mio corpo, che è dato per voi....questo calice è la Nuova Alleanza nel mio sangue, che viene versato per voi... Fate questo in memoria di me". Il Signore Gesù inventa questo modo bellissimo per restare sempre con quelli che lo amano: nell'Eucaristia resta presente attraverso il pane e il vino. Gli apostoli non resteranno soli: il Maestro promette di essere presente ogni volta che celebreranno l'Eucaristia. Finita la cena, Gesù va con i Dodici al Monte degli Ulivi, una collina dove era stato altre volte: era un luogo che gli piaceva. Chiede agli apostoli di pregare insieme con lui, si allontana di qualche passo e si mette in ginocchio. Gesù, in quella notte, ha paura. Ha paura della sofferenza, della croce, della morte. Gesù è in tutto come noi, e quindi prova anche la paura. Gesù trema, suda, ma prega con fiducia e ripete: "Padre, se vuoi allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà". Prega il Padre perché lo liberi da quella prova così dolorosa. Ma ripete anche il suo desiderio di essere completamente disponibile a viverla, per amore. Per mostrare quanto sia grande l'amore di Dio per ognuno di noi. I discepoli che hanno accompagnato Gesù non capiscono bene che cosa sta accadendo, pensano che sia una sera come le altre, e mentre il Maestro prega, si addormentano. Il loro è un brutto risveglio: nel giardino degli Ulivi sta arrivando una grande folla, con spade e bastoni, insieme ai soldati del Tempio di Gerusalemme. Li guida Giuda Iscariota, uno degli Apostoli, che si avvicina a Gesù e lo saluta con un bacio. È il segnale per la folla: quello che Giuda ha baciato è Gesù, è lui quello da prendere, arrestare, portare via. Gesù non oppone resistenza, chiede agli apostoli di non usare alcuna violenza e rivolto a Giuda dice: "Giuda, con un bacio tradisci il Figlio dell'uomo?" Chissà quanta tristezza nel cuore di Gesù, di fronte a quel tradimento. Che tristezza vedere uno dei suoi, Giuda, uno che ha mangiato con lui, che ha camminato con lui, che lo ha seguito nei tre anni di predicazione, che ora lo tradisce! E lo tradisce con un bacio! Quello che di solito è un gesto di affetto, di amicizia, diventa il segno di riconoscimento per consegnare il Maestro alla folla. Gesù viene portato nella casa del Sommo Sacerdote, per essere interrogato, e i soldati che lo hanno arrestato si divertono a insultarlo, a colpirlo con schiaffi e bastonate. Pietro ha seguito il suo Signore fino al cortile della casa del Sommo Sacerdote: vuole capire cosa succede, ma ha anche molta paura di essere arrestato pure lui. Si mette vicino al fuoco per scaldarsi ed ecco che una serva lo riconosce: "Anche questi era con lui". Pietro, spaventato, subito risponde: "Donna, non lo conosco!" Per tre volte qualcuno domanda a Pietro se anche lui non sia un seguace di Gesù e per tre volte Pietro, pieno di paura, dice con forza di non conoscere Gesù. Il gallo canta, segno che la notte sta per finire, e Pietro si ricorda le parole che gli aveva detto il Maestro durante la Cena: "Prima che il gallo canti, oggi mi rinnegherai tre volte". Povero Pietro! Aveva ripetuto tante volte che mai avrebbe abbandonato il Signore, che avrebbe dato la sua vita per Gesù... ed ora ha persino negato di conoscerlo! La paura è stata più forte di tutto e gli ha fatto rinnegare il Signore. Povero Pietro! Pieno di vergogna per quello che ha fatto, Pietro lascia il cortile e si nasconde per piangere con dolore. Che sta succedendo, intanto, a Gesù? Prima di tutto è stato interrogato dal consiglio degli Anziani del popolo, insieme con i Sommi Sacerdoti, gli scribi e i farisei. Insomma, tutte le persone importanti della città, gli hanno chiesto una cosa sola: "Tu dunque sei Figlio di Dio?". Con semplicità Gesù risponde: "Lo dite voi stessi: io lo sono". Per le orecchie di tutta quella gente Gesù ha detto una cosa inaccettabile! Ha detto di essere Figlio di Dio! Ha detto di essere Dio stesso! Come possono tollerare una cosa del genere? Questo Rabbi di Nazareth è pazzo e anche pericoloso, visto che tanta gente gli dà ascolto: bisogna farlo tacere per sempre! Ma né gli Anziani del popolo, né i Sommi Sacerdoti, possono condannare a morte un uomo: questo potere è nelle mani dei Romani e solo il Governatore romano può condannare a morte. Così portano Gesù dal Governatore, Ponzio Pilato. Pilato è un uomo onesto: dopo aver interrogato Gesù capisce che non c'è motivo per condannarlo a morte e vorrebbe liberarlo. Infatti domanda alla folla: "Ma che male ha fatto?... L'ho esaminato... ed ecco, egli non ha fatto nulla che meriti la morte". Ma la folla si mette a gridare: "Crocifiggilo! Crocifiggilo!" Pilato, udendo le grida, si lascia vincere dalla paura. Ha paura che se non fa quello che la folla chiede, finirà nei guai. Pilato sa di stare facendo una cosa sbagliata, sa di stare condannando a morte un innocente, ma la paura è più forte e il Governatore si arrende alle grida della gente. Così, anche se ha riconosciuto Gesù innocente, Pilato decide di mettere a morte Gesù: lo fa flagellare, cioè lo fa frustare con i flagelli, e poi lo consegna alla folla perché sia condotto al Calvario, il monte Golgota, il luogo delle condanne a morte. Gesù è debole e provato dagli interrogatori, dagli schiaffi, dalla flagellazione... non ce la fa a portare la croce fino al luogo del supplizio. Perciò i soldati prendono un contadino che sta tornando a casa sua, Simone di Cirene, un uomo che non sa che cosa stia accadendo, e gli mettono addosso la croce, da portare dietro a Gesù. chissà cosa avrà pensato, Simone di Cirene, a trovarsi all'improvviso quella croce sulle spalle! Chissà se si sarà arrabbiato per quello che i soldati lo obbligano a fare, o se invece si sarà commosso nel vedere in che stato è il povero condannato... Non lo sappiamo. Non sappiamo se Simone ha portato la croce con rabbia o volentieri, ma in ogni caso la prende sulle sue spalle e la trascina vino al Calvario. Arrivati al Golgota, i soldati inchiodano Gesù alla croce e la gente, che guarda, ride, lo insulta, lo prende in giro: "Ha salvato gli altri, salvi se stesso!" Gesù, dalla croce, ascolta e pronuncia solo parole di preghiera e di perdono: "Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno". Quanto amore, in Gesù! quanto amore per perdonare le persone che gli stanno dando un tormento così grande! Eppure Gesù dimostra un amore così immenso, così senza misura, da perdonarli. Insieme a Gesù, sono stati crocifissi anche due malfattori, uno a destra e uno a sinistra. Uno di loro si unisce agli insulti verso Gesù: "Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e anche noi!" Sta per morire, quest'uomo, sta soffrendo la stessa sofferenza di Gesù, ma il suo dolore diventa rabbia, diventa derisione, presa in giro verso Gesù. L'altro crocifisso, allora, interviene, e rimprovera il compagno per quelle parole amare: ma come?, gli chiede, non hai vergogna di insultarlo così? Noi siamo condannati a questa morte atroce per le colpe che abbiamo commesso, ma lui non ha fatto nulla di male! E rivolto a Gesù lo prega con fiducia: "Gesù ricordati di me, quando entrerai nel tuo Regno!" E Gesù, con amore, gli risponde: "In verità ti dico, oggi sarai con me in paradiso". Quando leggo questo passo del Vangelo, mi commuovo sempre, mi vengono le lacrime, è più forte di me! Penso a Gesù e a quest'uomo senza nome, condannati alla stessa croce. Non riescono quasi più a respirare, stanno per morire, e con l'ultimo fiato si scambiano parole bellissime. Il malfattore chiede al Signore di farlo entrare nel Regno di Dio e Gesù gli fa una promessa solenne, gli garantisce che entrerà quel giorno stesso in paradiso! Quanta pace deve essere scesa nel cuore di quel condannato sconosciuto! Gesù in persona che gli assicura il paradiso! Che gli dice che saranno insieme per sempre! Come sarà bello, quando giungerà l'ora della nostra morte, sentirci rivolgere da Gesù le stesse parole: "In verità ti dico, oggi sarai con me in paradiso". Le ore passano lentissime per chi sta agonizzando sulle tre croci. Passa il mezzogiorno e improvvisamente si fa buio, fino alle tre del pomeriggio. Gesù, con le ultime forze che gli restano, si affida al Padre con parole dette forte, gridate a gran voce: "Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito!" E muore. Per tutta la vita si è consegnato al Padre e lo fa ancora una volta. Si è fidato ogni momento dell'amore del Padre e a questo amore infinito si consegna nell'ultimo respiro. Ecco, Gesù è morto. Sembra che tutto sia finito, ormai. Viene schiodato dalla croce. Giuseppe di Arimatea, un uomo buono e giusto, un uomo ricco, mette a disposizione la sua tomba per deporre il corpo del Maestro. Tutti quelli che hanno accompagnato Gesù nella vita e fino alla croce, lo depongono nella tomba di Giuseppe di Arimatea e poi se ne vanno. Scende il silenzio su Gerusalemme, che si prepara a vivere il giorno di Sabato, sacro ai Giudei. Scende il silenzio al sepolcro. Anche noi, restiamo in silenzio. Commento a cura di Daniela De Simeis |