Omelia (05-04-2007) |
don Marco Pratesi |
La cena pasquale La prima lettura ci presenta alcune prescrizioni per la celebrazione della cena pasquale ebraica. Il testo ha presenti sia elementi propri di quella notte speciale e unica che fu la notte dell'uscita dall'Egitto, sia elementi della ritualità successiva; come avviene del resto per i racconti dell'ultima cena nel Nuovo Testamento. La notte di Pasqua è momento nel quale si opera un doppio discernimento. Prima di tutto risalta chi è il Dio vero e chi il falso: colpendo i primogeniti egiziani, dice Dio, "farò giustizia di tutti gli dei dell'Egitto. Io sono il Signore!". Il Signore sono io, non ce ne sono altri. In secondo luogo si opera una distinzione netta tra israeliti ed egiziani. Il segno discriminante è il sangue dell'agnello immolato, posto sugli stipiti della porta di casa. Possiamo dunque dire che la notte di Pasqua celebra la nascita del popolo ebraico, come popolo strappato al servizio dei falsi dei e quindi salvato dalla morte. Con ciò, abbiamo delineato anche quanto accade nell'ultima cena di Gesù, e nella sua celebrazione che è la Messa. Nella sua ultima cena Gesù celebra infatti il suo supremo atto di dedizione al Padre e a noi; e celebra anche la sua vittoria sulla morte, in quanto certo che la forza di quel sangue - non più quello dell'agnello, ma il suo, dalla voce ben più forte di quello di Abele (cf. Eb 12,24) - avrebbe toccato tutte le generazioni e oltrepassato i secoli: "fate questo in memoria di me". Questo comando equivale a quello dell'Esodo: "Questo giorno sarà per voi un memoriale; lo celebrerete come festa del Signore: di generazione in generazione, lo celebrerete come un rito perenne". Nella comunità cristiana non può venir meno la memoria viva del proprio atto costitutivo, della propria nascita, che è la Pasqua di Gesù. In essa siamo sempre nuovamente strappati agli idoli del mondo e sempre nuovamente posti nella vita. Vivere la Messa significa attualizzare le promesse battesimali: rinunzio al male e ai falsi dei per seguire e servire il Dio vivente, il Dio di Gesù. Rimanendo dentro questa casa protetta dal sangue dell'Agnello che è la Chiesa, noi siamo preservati dal castigo dell'Egitto, quel mondo che non ha sentore di un Dio talmente grande nell'amore da dare, per lui, il proprio sangue. I commenti di don Marco sono pubblicati dal Centro Editoriale Dehoniano - EDB nel libro Stabile come il cielo. |