Omelia (26-11-2000) |
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Omelia per il 26 novembre 2000 - Cristo Re Anno B NESSO TRA LE LETTURE In questo giorno non ci può essere altro tema dominante che la regalità di Gesù Cristo. Questa regalità è prefigurata nel testo del profeta Daniele: "Gli diedero potere, onore e regno... il suo regno non sarà distrutto" (prima lettura). Nel vangelo la regalità di Gesù viene affermata in termini categorici. A Pilato disse: "Allora tu sei re?". Gesù rispose: "Sì, tu lo dici, sono re". La seconda lettura, tratta dall'Apocalisse, conferma e canta la regalità di Gesù: "A lui la gloria e il potere nei secoli dei secoli. Amen". Allo stesso tempo, i cristiani sono resi partecipi della regalità di Cristo: "Ha fatto di noi un Regno di sacerdoti per il suo Dio e Padre". MESSAGGIO DOTTRINALE Due concezioni del re. Pilato e Gesù rappresentano due concezioni contrapposte del re e della regalità. Pilato non può concepire altro re né altro regno che un uomo con potere assoluto come l'imperatore Tiberio, o, per lo meno, con un potere limitato a un territorio e ad alcuni sudditi, come il famoso Erode il Grande. Gesù, tuttavia, parla di un regno che non è di questo mondo, cioè, che non ha la sua provenienza nel mondo degli uomini, ma nel solo Dio. Pilato pensa a un regno che si fonda su un potere che si impone tramite la forza dell'esercito, mentre Gesù ha in mente un regno imposto non con la forza militare (in tal caso "la mia gente avrebbe combattuto perché non fossi consegnato ai giudei"), ma tramite la forza della verità e dell'amore. Pilato non può concepire in nessun modo un re che sia condannato a morte dai suoi stessi sudditi senza che opponga resistenza, e Gesù è convinto e sicuro che sul legno della croce egli instaurerà in modo definitivo e perfetto il suo misterioso regno. Per Pilato, dire che qualcuno regna dopo morto è un controsenso e un assurdo, per Gesù, invece, è perfettamente chiaro che è la più vera realtà, perché la morte non può distruggere il regno dello spirito. Due regni diversi, due concezioni differenti. Dopo duemila anni dallo storico incontro tra Gesù e Pilato, non è la concezione di Gesù Cristo l'unica che ha potuto superare il test della storia? Caratteristiche del regno. Il regno di Gesù è un regno preannunciato, in cui si compie ciò che i profeti di secoli anteriori avevano promesso da parte di Dio. La sovranità di Gesù è quella del Figlio dell'uomo, a cui Dio dà ogni potere e ogni regno (prima lettura). In secondo luogo, è un regno che vince tutte le potenze del male, simboleggiate da Daniele nelle quattro bestie; Cristo, in effetti, le vincerà tutte sulla croce, che l'evangelista Giovanni vede come un trono, ponendo tali potenze demoniache come sgabello dei suoi piedi. In terzo luogo, il regno di Gesù Cristo gode di una grande singolarità: non è di questo mondo, ma è presente in questo mondo, anche se non si vede, perché appartiene al regno dello spirito. In quarto luogo, il re si definisce come testimone della verità, e i sudditi come coloro che sono della verità e ascoltano la sua voce. Sì, Cristo è re in quanto dà testimonianza della verità, cioè della Parola del Padre che egli incarna, e che lo Spirito interiorizza e rende efficace nei cuori degli uomini. Gli uomini sono sudditi di Cristo Re se sono della verità, cioè, se vivono, pensano, ed agiscono mossi dalla sintonia con la Parola di Gesù Cristo, e ad essa connaturati. In quinto luogo, Gesù non è re dello spazio, ma del tempo, di tutti i tempi. Egli è l'alfa e l'omega, il centro del tempo e il suo principio normativo, "Quello che è, che era e che viene". Infine, Cristo non soltanto è re, ma rende partecipi i cristiani della sua regalità: ha fatto di noi un regno di sacerdoti per il suo Dio e Padre. In questa maniera, i cristiani partecipano della sovranità di Cristo, con le caratteristiche appena descritte. SUGGERIMENTI PASTORALI Far sì che il Re lo sia veramente. Quando un re è dispotico, tiranno, sfruttatore dei suoi sudditi, allora è giusto e necessario ribellarsi contro di lui. Ma se un re è giusto, buono, dedito al benessere dei suoi sudditi, comprensivo, buon governante, è necessario che i sudditi gli lascino fare il re e lo lascino essere re veramente. L'assolutismo regio di secoli passati ha perturbato e sfigurato la figura nobile di un re autentico. Si deve fare tutto il possibile per recuperarla nella mentalità comune degli uomini, particolarmente dei cristiani, perché non possiamo rinunciare a chiamare Cristo, Signore e Re dell'universo. E sarebbe penoso che i cristiani, almeno alcuni, intendessero questa sovranità di Gesù con le caratteristiche negative di un sovrano assoluto e dispotico. Gesù Cristo vuole regnare "per questo è venuto a questo mondo"; si deve lasciare che Cristo sia re veramente. Sia re come egli vuole esserlo, non secondo concezioni politiche obsolete; che sia re di tutti gli uomini e di ogni uomo; dei suoi pensieri e sentimenti, della sua volontà ed affettività, del suo tempo e della sua esistenza; del suo lavoro e del suo riposo; di tutta la vita dell'uomo, per infondere in essa una presenza divina, una sovranità che eleva, una regalità spirituale. Qual è la tua concezione di Gesù Cristo re? Lasci che Gesù Cristo sia veramente re della tua vita? Che cosa fai, che cosa puoi fare perché Cristo regni nel cuore degli uomini e della storia? Che cosa prometterai a Gesù nella sua festa di Re dell'universo? Un regno di sacerdoti. In Gesù Cristo si uniscono, sul legno della croce, il suo sacerdozio e la sua regalità. Noi cristiani, siamo popolo di re e siamo un regno di sacerdoti, in virtù della morte e resurrezione di Gesù Cristo. Siamo un regno di sacerdoti perché amiamo e seguiamo la dottrina della verità, perché tutti insieme nella liturgia cantiamo le lodi e le glorie del Signore, perché mossi dalla fede lasciamo che egli guidi i nostri passi verso il Padre. Ciascuno nella sua individualità, e tutti come comunità di fede e di adorazione. Siamo inoltre un popolo di re, perché il regno di Gesù Cristo non sottomette né schiavizza, ma rende uomini liberi, perfettamente liberi di fronte a se stessi e alle proprie passioni, di fronte al mondo con i suoi poteri e le sue insidie, di fronte a Dio che attrae con tenerezza e con amore. Sono convinto che la bellezza della vita cristiana sia nascosta per la maggioranza degli uomini, perché sono del tutto sicuro che, il giorno che la intravedessimo, ce ne innamoreremmo, e ci si aprirebbero gli occhi dell'intelligenza e dell'amore. Da tutti e da ciascuno di noi dipende che la Chiesa sia un popolo di re e un regno di sacerdoti. |