Omelia (06-04-2007)
don Maurizio Prandi
Commento Giovanni 18,1- 19,42

Mi piace condividere con voi queste riflessioni che nascono dall'ascolto di una meditazione di padre Enzo Bianchi, priore della comunità di Bose. Credo possano nutrire la nostra vita durante il grande silenzio di questi giorni in preparazione alla Pasqua.

Siamo di fronte ad una storia di violenza... misuriamo la nostra fede oggi con questa storia di violenza:
- La violenza che nella prima lettura subisce il servo di YHWH. Una violenza fisica e morale.
- La violenza subita, che nella seconda lettura diventa per Gesù occasione di compassione e di condivisione con chi nella storia è vittima della violenza.
- Il vangelo, che facendoci stare in ascolto della violenza subita da Gesù ce ne racconta diversi aspetti, tra i quali mi piace sottolinearne uno: la violenza che nasce dall'esclusione.

Da tutte le letture che abbiamo ascoltato mi pare che emerga anche l'atteggiamento del cristiano di fronte alla violenza. Intanto torna l'immagine del servo, che oggi ci viene detto chiaramente: avrà successo! Possiamo ancora una volta dire che la grandezza non dipende dall'importanza o dal dominio, ma da quel servire che è donare la propria vita nell'obbedienza a Dio... e credo di non forzare il testo se dico che è l'obbedienza della non-violenza: maltrattato si lasciò umiliare e non aprì la sua bocca; era come un agnello condotto al macello, come pecora muta di fronte ai suoi tosatori, e non aprì la sua bocca. E' la stessa obbedienza vissuta da Gesù e che Gesù chiede ai suoi discepoli con le parole che Lui stesso rivolge a Pietro: Rimetti la spada nel fodero! Le parole di Gesù indicano, credo molto precisamente, la strada per vivere da cristiani nella storia. Infatti, come credenti, lasciamo che Cristo regni su di noi soltanto se usciamo dalla logica della violenza accettando di subirla e imparando a fare qualcosa della violenza subita, a elaborarla come occasione di amore (E. Bianchi).
Il servo ha successo, diventa re, proprio perché rifiuta la violenza, rifiuta di creare vittime, di produrre sofferenti e accetta di stare tra le vittime della violenza. E' proprio qui che nasce la riflessione sull'esclusione cui accennavo prima: è molto bella la scena del confronto con Pilato. Gesù è nel pretorio con Pilato, che fa la spola tra dentro e fuori, dove stanno i giudei, per tenere i contatti tra le due parti. Perché i giudei stanno fuori? Stanno fuori per non contaminarsi, rischierebbero infatti l'impurità se venissero in contatto con dei non-ebrei non potendo così celebrare la Pasqua. Gesù sta dentro, quindi è considerato impuro. Ecco che la violenza nasce e passa attraverso la creazione di categorie di esclusione come l'impurità.
Credo davvero che qui ci sia un messaggio importante per le nostre comunità, per la chiesa intera, la quale è chiamata a non entrare in questa logica dell'esclusione ma a mantenere i criteri che hanno animato la predicazione e la vita di Gesù che sono criteri di accoglienza. Se bisogna battersi per qualcosa, credo che bisogna battersi perché non esistano luoghi e sistemi definitori della verità per cui c'è qualcuno che sta dentro e qualcuno che sta fuori e chi resta fuori è bollato come impuro, come indegno, come inadatto, e, diminuito nella sua umanità può così essere emarginato, escluso. Generare esclusione significa fare lo stesso errore che hanno fatto i giudei con Gesù.

Contempliamo il volto di Dio, che sulla croce si rivela unicamente come amore, che sulla croce condivide, come accennavo prima, la sorte di tutti coloro che soffrono, negli ospedali, nelle nostre case segnate dal dolore, negli emarginati ed esclusi di ogni terra e religione. Contempliamo il volto del Dio che fa sua l'esperienza della solitudine, del tradimento, della frantumazione di tutte le cose più belle, sognate, amate, desiderate, costruite con fatica... contempliamo il volto de Dio non del miracolo facile, non del lieto fine, ma della condivisione, della compassione della pietà, che anche oggi ci dice: < Se tu soffri, soffro con te, Se tu muori io entro nella tua morte come forza di resurrezione. Non cercarmi perciò fuori della tua croce, perché dentro la tua croce mi troverai, crocifisso con te> (L. Pozzoli).