Omelia (09-02-2003) |
don Elio Dotto |
Segni che illuminano il cammino La delusione è oggi sentimento diffuso. Tutti siamo, in qualche modo, delusi: delusi davanti agli insuccessi che la vita ci riserva, davanti al fallimento che spegne le nostre attese e i nostri sogni; ma delusi anche davanti alla nostra debolezza, davanti a quei limiti che imprigionano i nostri desideri quotidiani. Dunque spesso noi siamo delusi: e ci capita allora di rimanere scettici davanti ad una pagina del Vangelo come quella di domenica (Mc 1,29-39). Ci viene raccontata una giornata di Gesù a Cafarnao: e certo rimaniamo colpiti dai molti miracoli operati in quel giorno. Soprattutto colpisce quell'annotazione sintetica dell'evangelista: «Venuta la sera, dopo il tramonto del sole, gli portarono tutti i malati e gli indemoniati; e Gesù guarì molti che erano afflitti da varie malattie e scacciò molti demòni» (Mc 1,32.34). Ci sembrano addirittura troppi i miracoli compiuti da Gesù. La descrizione del Vangelo ci fa subito pensare a tante improbabili pagine delle antiche leggende cristiane, dove quasi tutto ciò che fanno i santi è miracolo; e in tal modo i santi diventano per noi figure irreali, non umane, non convincenti. Perché - lo sappiamo &endash; ben più difficile e complicata è la vita di tutti i giorni: pochi sembrano essere i miracoli, nella nostra esistenza, pochi e - per di più - nascosti. Lo diceva bene già il libro di Giobbe, quattrocento anni prima di Cristo, come leggiamo nella prima lettura di domenica (Gb 7,1-4.6-7): «Non ha forse un duro lavoro l'uomo sulla terra...? A me sono toccati mesi d'illusione e notti di dolore mi sono state assegnate. I miei giorni sono stati più veloci di una spola, sono finiti senza speranza». Se dunque questa è la vita, che cosa vogliono dire - allora - i molti miracoli del Vangelo di oggi? Quale significato dobbiamo dare ad un racconto che ci appare così lontano ed irreale? Troviamo risposta nella conclusione della pagina che abbiamo ascoltato, quando tutti cercano Gesù - nel tentativo di trattenere per sempre i prodigi del giorno precedente - e Gesù invece decide di andarsene altrove. Quei prodigi infatti non si possono trattenere per sempre: essi sono soltanto segni, testimonianze della benedizione di Dio, segni che illuminano il cammino ma non sostituiscono la storia. Per questo Gesù se ne va altrove: per testimoniare che la benedizione di Dio non accade per magìa, e non può certo essere trattenuta, ma va ricercata nella fatica di ogni giorno, nella salute e nella malattia, nella buona e nella cattiva sorte. Appunto per questo Gesù se ne va altrove: e così raccomanda anche a noi di non trattenere quei piccoli segni di speranza che a volte si producono nella nostra esistenza, ma di viverli con gratitudine, come fossero una rivelazione. Essi certo non sono tutta la realtà della nostra vita, ben più complessa e difficile; ma sono segni, sono parola di Dio in cui credere e alla quale affidarci, sono testimonianza di una benedizione che rimane sempre, anche quando i segni si saranno spenti e la delusione si farà sentire. |