Omelia (15-04-2007) |
don Marco Pratesi |
Sul fondamento degli Apostoli Negli Atti degli Apostoli leggiamo dei brani, detti "sommari", nei quali Luca traccia un quadro della comunità cristiana, quale è scaturita dalla Pasqua del Signore. I più importanti sono tre: At 2,42-47; 4,32-35; 5,12-16. Come si vede, la prima lettura di oggi ci propone il terzo sommario. Esso pone al centro dell'attenzione il gruppo degli Apostoli, e in particolare Pietro, che tra essi occupa una posizione singolare. Il brano si apre con la menzione molto concreta delle loro mani (che si perde nella versione CEI: "per opera"), attraverso le quali sono operati segni e prodigi in mezzo al popolo. Gli Apostoli sono chiaramente i continuatori dell'opera di Gesù (cf. Lc 4,40-41; 7,21-23), e la loro azione, come quella del maestro, ha una grande capacità di irradiazione e richiamo (cf. Lc 5,17; 6,17-18). La percezione del mistero potente che agisce nel gruppo degli Apostoli suscita nel popolo al tempo stesso rispetto e ammirazione. È la reazione umana di fronte alle manifestazioni autentiche di Dio. Da un lato entusiasmo: il popolo li esalta, con lo stesso entusiasmo che aveva manifestato di fronte alle opere di Gesù (cf. Lc 5,26; 7,16, dove si ritrova il legame tra esultanza e timore; 13,17). Dall'altro timore, "nessuno osava associarsi a loro": la percezione di trovarsi di fronte a un mistero che non si può manipolare, che non dipende da volontà umana, vieta ogni ipotesi di far parte di quel gruppo per propria iniziativa (ricordiamo l'episodio dell'elezione di Mattia in At 1,15-26). Nel primo sommario si dice esplicitamente che nella comunità pasquale si respira un clima di timore: "ogni anima era presa da timore; e molti prodigi e segni eran fatti dagli Apostoli" (At 2,43). E anche qui troviamo il richiamo all'azione apostolica. La potenza della loro testimonianza non si dà solo nei prodigi, ma anche nel loro amore fraterno. La versione CEI ("erano soliti stare insieme") risulta povera; il testo dice molto di più: "erano unanimi, concordi" (cf. At 1,14; 2,46; 4,24). Si tratta dunque di una testimonianza vissuta nella comunione, che induce gli altri non tanto a voler entrare nel "gruppo dirigente", quanto piuttosto ad aderire al Signore mediante la fede. Questo è il nesso logico tra il v. 13 e il v. 14 (che, ancora una volta, si perde nella versione CEI "intanto andava aumentando..."), nesso che possiamo descrivere così: "nessuno osava associarsi agli apostoli; piuttosto ci si aggiungeva ai credenti in Gesù". In tal modo la resurrezione del Signore, attraverso la vocazione apostolica, edifica la Chiesa, comunità di coloro che, sulla base della testimonianza degli Apostoli, credono nella Parola di Gesù e gli affidano la propria esistenza. Perciò la Chiesa è apostolica, costruita sul fondamento degli Apostoli (cf. Ef 2,20), la cui fede custodisce e trasmette (cf. At 2,42). Con questo il brano degli Atti ha delineato alcuni elementi del mistero della Chiesa che sono richiamo perenne per noi, comunità dei discepoli. Comunione ordinata, ogni membro vi ha una funzione propria, nel contesto della comune vocazione alla fede apostolica nel Signore Risorto, e alla comunione fraterna. |