Omelia (20-04-2007) |
mons. Vincenzo Paglia |
Commento Giovanni 6,1-15 La folla, per rimanere ad ascoltare Gesù, dimentica persino di mangiare. Gesù se ne rende conto e chiede a Filippo di provvedere per il cibo. Andrea, presente al colloquio, si fa avanti e dice che purtroppo ci sono solo cinque pani d'orzo e due pesci, praticamente, nulla. Per loro il discorso è chiuso. L'unica cosa che resta da fare è rimandare a casa la folla prima che sia troppo tardi. I discepoli non hanno ancora compreso Gesù, non sanno che non manda via nessuno. E' questo amore forte che opera il miracolo; perché nulla è impossibile all'amore. Quei pani infatti messi nelle mani di Gesù, il compassionevole, bastano per tutti. A differenza dei Sinottici, qui Gesù agisce da solo; è lui che prende i pani, li moltiplica e li distribuisce. C'è un rapporto diretto tra il pastore e le pecore. È stato sufficiente mettere quei pani nelle mani del Signore perché avvenisse il miracolo. Le sue mani non trattengono per sé, sono abituate ad aprirsi, ad essere generose. Il miracolo continua se noi, come quel ragazzo, lasciamo la grettezza dei discepoli e mettiamo nelle mani del Signore i poveri pani d'orzo che possediamo. La folla lo voleva proclamare re. Ma egli fuggì sul monte, da solo. Gesù non vuole svilire l'urgenza del pane, semmai sottolinea la necessità di nutrirsi con un pane eterno: l'amicizia con lui. |